Largo alla cultura della donazione nelle scuole di Sassari e Porto Torres

medici al liceo azuni di sassari

di Marcella Onnis

medici al liceo azuni di sassariPoco più di una settimana fa l’associazione sarda di trapiantati Prometeo AITF Onlus ha organizzato una serie di eventi in provincia di Sassari per promuovere la donazione degli organi e informare sui trapianti. In particolare, la mattina di venerdì 21 aprile ha fatto visita agli studenti del Liceo “D. A. Azuni” di Sassari, mentre la mattina successiva ha fatto tappa all’Istituto di istruzione superiore “M. Paglietti” di Porto Torres. Oltre ai trapiantati della Prometeo, hanno dialogato con i ragazzi la dott.ssa Laura Mameli, gastroenterologa del Centro trapianti di fegato e pancreas dell’ospedale “G. Brotzu” di Cagliari, e tre medici dell’ospedale “SS. Annunziata” di Sassari: la dott.ssa Paola Murgia, Coordinatrice locale delle donazioni; la dott.ssa Maria Cossu, Responsabile della Nefrologia (e, a suo tempo, del Centro trapianti di rene, ora inattivo); il dott. Francesco Uras, cardiologo con alle spalle un’esperienza al Centro trapianti di cuore di Cagliari. Alla manifestazione all’Azuni hanno, inoltre, preso parte Alessandro Peralta, infermiere della Rianimazione, e il dott. Fabrizio Demaria, psicologo dell’emergenza, entrambi in servizio presso il “SS. Annunziata”.

La donazione è il punto di partenza del percorso che porta al trapianto, ma è anche l’aspetto su cui vertono i maggiori dubbi e pregiudizi, in particolare sul concetto di morte encefalica, presupposto perché possa avvenire la donazione da cadavere. A chiarire tale concetto è stata la dott.ssa Murgia, che da dieci anni si occupa di donazioni e che da ottobre scorso ha assunto il ruolo di Coordinatrice locale: «Il processo della donazione parte dalle Rianimazioni perché lì sono ricoverati pazienti con gravi lesioni cerebrali che possono diventare irreversibili e portare alla morte encefalica», condizione in cui il paziente non è cosciente, non respira autonomamente e presenta un encefalogramma piatto. Quando questo evento si verifica, il rianimatore deve subito informare la Direzione sanitaria dell’ospedale, che riunisce la commissione multidisciplinare incaricata dell’accertamento di morte. Questa procedura di osservazione, ha spiegato Peralta, prevede una serie di accertamenti diagnostici, rigidamente stabiliti da norme, e deve durare 6 ore, necessarie per confermare la morte encefalica, comunque già dichiarata all’inizio. Tra gli esami previsti dalla procedura c’è l’encefalogramma, che deve essere eseguito, per la durata di 30 minuti, sia all’inizio che alla fine dell’osservazione. Contemporaneamente a quest’attività – ha proseguito la dott.ssa Murgia – il Coordinatore locale si mette in contatto con il Centro regionale trapianti, il quale verifica sul Sistema informativo dei trapianti (SIT) se il paziente morto risulta registrato come donatore: un dato rintracciabile sul SIT se l’interessato aveva espresso in vita la sua dichiarazione favorevole presso l’Asl, presso l’Ufficio anagrafe (nei comuni che, come Sassari, hanno già attivato questo servizio) o tramite l’iscrizione all’AIDO.

Fabrizio DemariaNel caso in cui risulti donatore, al termine delle 6 ore di osservazione, viene eseguita la sua volontà; se, invece, non risulta registrato, la Rianimazione convoca i familiari del paziente deceduto (moglie/marito o, in sua assenza, figli; genitori in caso di minori) per proporre la donazione degli organi. «Sono momenti difficili per i familiari e non è facile introdurre questi argomenti» ha raccontato la dott.ssa Murgia, aggiungendo che «i familiari non vengono mai lasciati soli: ci siamo noi medici e gli psicologi». Tra questi ultimi c’è anche il dott. Demaria, che ha spiegato in dettaglio la delicatezza di questo compito: «Oltre la parte meccanica, c’è tutta una parte emotiva che deve essere sostenuta: in quei momenti è fondamentale che la famiglia non sia lasciata sola». E con poche parole ha spazzato via la terribile metafora degli avvoltoi, un tempo piuttosto in voga: «Lo psicologo non deve convincere: deve sostenere. Se provassi a convincere, compierei un illecito. È un momento in cui si sta attenti ai corpi delle persone vive (familiari e operatori), non solo al corpo morto. È tutto normale, tutto concesso, in questi momenti: piangere, disperarsi… Anche questo è un percorso di cura che si estende a tutta la famiglia.» Ed è soprattutto per evitare questo dramma nel dramma che medici, trapiantati della Prometeo e pure il dirigente scolastico del Paglietti, il prof. Francesco Sircana, hanno invitato più volte gli studenti a parlare di questi argomenti in famiglia e, possibilmente, a prendere una decisione in vita. Come ha ricordato il presidente della Prometeo Giuseppe Argiolas, nonostante la Legge 1° aprile 1999, n. 91 preveda il silenzio-assenso, tale norma non viene applicata per cui se l’interessato non ha deciso, spetta ai familiari farlo: parlarne, dunque, è importante sia per far sapere ai propri cari qual è la nostra volontà sia per sconfiggere ignoranza e pregiudizi, come ha ribadito il dott. Demaria. Proprio la maggior informazione e sensibilizzazione, infatti, hanno permesso una riduzione del tasso di opposizioni alla donazione, anche in Sardegna, ha ricordato la dott.ssa Murgia. E per questo la dott.ssa Mameli si è augurata che i ragazzi portino «questo messaggio dappertutto».

maria cossuLa Coordinatrice locale delle donazioni ha poi ricordato che esistono più modi per esprimere la propria volontà: oltre a quelli già menzionati, si può compilare il tesserino distribuito anni fa dal Ministero della Salute o una tessera fornita da un’associazione di settore o, ancora, una dichiarazione in carta semplice in cui siano indicati nome, cognome, data di nascita, consenso alla donazione, data e firma. «Ci si deve iscrivere come potenziali donatori, sperando di non diventarlo mai» ha affermato la dott.ssa Cossu, specificando che ormai «è cambiata la figura del donatore: fino a qualche anno fa era giovane; da quando c’è il casco è diventato più vecchio. E il più vecchio è stato un paziente di 93 anni». In particolare, ha spiegato, nelle rianimazioni ora muoiono meno giovani a seguito di incidenti stradali e più anziani per emorragia cerebrale.

 

Foto Prometeo AITF Onlus

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