L’angolo di Full: “Una linea celeste”

stelle

stelleUna linea celeste

Riconobbi subito la voce e quando mi voltai, lui aveva il volto tagliato in due da un largo sorriso che gli tendeva i baffi frastagliandoli.
«Ci sono sviluppi, ci sono sviluppi», l’anziano professore di musica era solito rafforzare il concetto delle parole ripetendole due volte. Mi indicò un tavolino sul quale aveva lasciato la borsa. Come fummo seduti l’aprì e posò sul piano di vetro un mucchio di fogli mal piegati e pieni di cerchi, frecce, ellissi, mescolati a una gran quantità di numeri fra parentesi tonde, quadre e graffe che mi affascinarono… io che avevo dimenticato tutte quelle bucce intorno ai numeri.
Estraniandosi completamente, il professore prese a riordinare con cura ogni foglio e foglietto.

“Le espressioni vanno dapprima pelate: come una cipolla. Via le pellicine tonde, poi le quadre e infine le graffe” raccomandava la professoressa Gargiulo che alternava insegnamento e lavoro casalingo. Ero stato un buon allievo per la Gargiulo, ma col tempo avevo scordato persino il teorema di Pitagora; del resto, è arduo immaginare qualcuno che va in giro a costruire dei quadrati sull’ipotenusa e dopo una certa età e qualche inevitabile problema di prostata, si finisce per confondere i cateti col catetere.

Il vecchio musicista interruppe le mie cazzate:
«Ecco qua, ci siamo caro amico, abbiamo scovato quanto cercavamo da mesi: abbiamo finalmente trovato il Sesto Elemento, non avevo dubbi, non avevo dubbi.»
Il professore non m’era mai parso così raggiante, forse dipendeva anche dalla fresca pennellata dell’abito di vigogna color panna e dall’accurata rasatura:
«Non potevamo accettare che la suprema perfezione fosse una prerogativa esclusiva del nulla. Ricorda cosa dicevamo a proposito dello spazio?»
«Ē il foglio bianco sul quale la materia traccia le proprie ellissi». Col professore tornavo a sentirmi pronto e diligente come ai tempi della Gargiulo.
«Esatto. Dalle traiettorie minime, intorno al nucleo degli atomi, a quelle dei pianeti, delle stelle. E avanzavamo l’ipotesi di un’altra dimensione che condividerebbe la rigorosa perfezione del nulla.»
Mentre parlava trafficava ancora con i suoi foglietti cercandone uno in particolare:
«Eccolo, eccolo: non basta studiare la luce, lo spazio, la materia, l’antimateria, occorre saper penetrare anche la pura astrattezza. Una dimensione matematica assolutamente perfetta della quale fanno parte le ellissi, le parabole… l’Idea che muove gli universi… ecco qua: l’abbiamo definito il Sesto Elemento.»
Stirò ben bene, col palmo della mano, un foglio sul quale sgranai gli occhi e schiusi la bocca: vi si rappresentava una sorta di grande girasole dove ogni petalo racchiudeva un mirabile gioco fatto di complicate figure della trigonometria sferica. Tutte le linee concordavano armoniosamente con il centro del fiore dal quale dipartivano e ritornavano in spirali e altri seducenti giochi grafici.
Il professore era raggiante: «Saremo qualcosa di astratto e di fondamentale nel gioco universale! Mi capisce? Quando la nostra materia e lo spazio che le fa da involucro ci abbandoneranno, liberando la mente in pura astrattezza, entreremo nel Sesto Elemento. Saremo come una linea celeste! Come una ellisse, una parabola…»
Alzò gli occhi su di me per accertarsi che capissi.
Io capivo che il professore era sincero e giusto come tutti coloro che cercano la verità. E l’improvvisa gioia che m’aveva pervaso e che ritrovavo riflessa nel suo sguardo, sembrava dipingerla, la verità.
Cercai una risposta all’altezza dell’argomento, difficile per uno come me, che confonde astrattezza e astrazione, ma mi apparve per un attimo la professoressa Gargiulo che, in grembiule da cucina, sbucciava tranquillamente le espressioni più astruse lasciando scivolare nel secchio una pioggia di parentesi. E azzardai: «Le ellissi sono i binari dei corpi celesti e noi due saremo là, da qualche parte, impalpabili ed essenziali come i fischi del capostazione.»
Con mio stupore, il professore mi strinse forte la mano: «Caro amico, apprezzo lo spirito della sua allegoria: lei m’ha capito alla perfezione… alla perfezione!». Lui ripeteva sempre due volte.

fulvio musso    Fu l’ultima occasione in cui lo vidi prima che venisse a mancare, tre mesi fa.

E stanotte sono ancorato in questa baia sperduta, il cui buio profondo ha reso più nero il cielo, più vividi gli astri e m’ha fatto ritrovare l’amico professore nella parabola di una stella cadente che, prima di spegnersi… ha tremato due volte.

Fulvio Musso

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