L’angolo di Full: “La spannocchiata”

la spannocchiata

Quest’oggi vi intratteniamo con un’altra storia tratta dalla raccolta autobiografica del maestro Full. Un’altra storia che incanta e cattura grazie al suo tocco delicato e alla sua sapiente tecnica.

Prima di lasciarvi alla lettura del brano, vi ricordiamo che anche voi potete inviarci i vostri racconti: è sufficiente seguire le poche indicazioni del regolamento di Raccontonweb.

 

la spannocchiataLa spannocchiata

Ci si radunava dalle vicine cascine, una ventina di persone, nell’ora strana in cui l’ultima rondine vola con il primo pipistrello ed i grilli cominciano a ricamare il silenzio della sera.
Ci si metteva seduti nell’aia, sopra mucchi esagerati di pannocchie, alla luce di qualche debole lampada e della luna. E si spannocchiava.

  Oggi, da noi, tutto il lavoro agricolo viene svolto dalle macchine. Cinquant’anni fa, a parte la trebbiatura del grano, si faceva tutto a mano o con l’ausilio animale, ed io sono tuttora grato a quei miei parenti che, qualche volta, m’hanno fatto partecipare alla spannocchiata del granturco. Lo si faceva celiando, cantando vecchi cori e ascoltando storie.

     Non era dato a tutti di raccontare: bisognava saperlo fare, e bene.

Ricordo un narratore con grandi occhiaia scure e lo sguardo che ne subiva la sinistra influenza. Non rideva mai e nemmeno sorrideva, come se fosse stato testimone diretto delle storie paurose che raccontava, con grande maestria, nel fruscio diffuso della spannocchiata mentre le foglie secche del granturco s’ammassavano svelando quel povero oro contadino che andava riempiendo l’aia di lucenti gemme dorate.

L’uomo raccontava:

Il treno sferragliava nella notte: toton toton, tatan tatan… le carrozze erano al buio perché, con le locomotive a vapore, si dovevano risparmiare le batterie. C’era solo qualche debole lume, oltre alla luna. Proprio come qui, adesso. L’aria frusciava dai finestrini… come questo fruscio di pannocchie… insieme al rumore di rotaia… toton toton… tatan tatan…

     Il narratore costruiva l’atmosfera e quando, non una voce, non un respiro s’alzavano sullo strofinio delle pannocchie, iniziava il racconto.
Erano quasi sempre storie paurose di strani sortilegi, di fantasmi e di altri eventi trascendentali che si assicuravano rigorosamente veri.
Ricordo che quando s’arrivava alla terrificante rivelazione finale, quel narratore batteva improvvisamente due coperchi facendoci sobbalzare sul crepitante tappeto di foglie secche e, per qualche istante, anche lo strofinio delle pannocchie s’attutiva nel silenzio delle emozioni.

     Poi, dalla penombra, una voce intonava un vecchio canto che, man mano, raccoglieva coro.
Erano stornelli maliziosi che allargavano le facce nel riso, oppure erano ingenue canzoni sentimentali che allontanavano molti sguardi nei ricordi. A volte, s’aggiungeva il respiro ritmato di una fisarmonica.

   Non contava che la notte fosse buia o nuvolosa, quei momenti facevan si che un cielo stellato s’aprisse comunque su di noi.
Quando l’ultima nota si spegneva, la voce grave del narratore riprendeva come se non si fosse mai interrotta:

In una notte fosca per le brume che s’alzavano dense dalla campagna rorida e muta, accadde un fatto terribile…

   Allora ero un ragazzetto e, al termine della spannocchiata, me ne tornavo alla cascina del parentado attraversando da solo un buon tratto di campagna buia e deserta. Nella testa avevo quelle storie paurose e, nelle tasche, due cose affidatemi da una vecchia contadina. Avevo una scatola di fiammiferi per vedere i sassi dove mettere i piedi nel guado del torrente a fondo valle e, nell’altra tasca, stringevo un’immagine benedetta che m’avrebbe protetto dai malvagi.
Arrivavo col cuore nello stomaco e con la mano rattrappita su quella minuscola ancora di salvezza. Ma felice.

fulvio musso In una notte fosca per le brume che s’alzavano dense dalla campagna rorida e muta, accadde un fatto terribile……i fiammiferi e l’immagine benedetta mi caddero nel torrente…
Ed è questa la vera storia spaventosa delle mie spannocchiate, ma che non oso raccontare non avendo le parole di quel bravo narratore.

Fulvio Musso

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