LA STORIA: MAMMA AISHA E LA SUA ACCOGLIENZA…

Di Stefano Ammannati
Mama Aisha è una donna che vive a pochi passi dalla casa nella quale abitiamo noi volontari, con la differenza che casa nostra è in mattoni, cemento, cartongesso e piastrelle, mentre la sua è costruita con fango legno e lamiera.

Mama Aisha ha quattro figlie da mantenere, il quinto, l’unico maschio, lo ha perso tre settimane fa a causa di una malattia che i medici non sono riusciti a diagnosticare.

Mama Aisha ha un compagno, una brava persona, simpatica e gentile, ma da qualche tempo è semi paralizzato e non può lavorare, passa le giornate seduto davanti casa a guardare le altre persone che passano, si muovono, camminano e lavorano normalmente.

Mama Aisha non ha, a differenza nostra, l’acqua corrente in casa e ogni giorno per più e più volte, si reca al pozzo più vicino con due enormi secchi da riempire, uno in testa ed uno in mano, e sua figlia più piccola, Aisha, avvolta in un fagotto sulle sue spalle.

Mama Aisha per sfamare i suoi figli e suo marito prepara la Cassava la mattina all’alba per poi andarla a vendere al mercato, racimolando pochi spiccioli per potersi permettere quel poco che ha per far sopravvivere la sua famiglia.

Mama Aisha ci vuole bene, è molto cordiale e ci saluta sempre con un gran sorriso, incastonato in un volto sereno e nonostante tutto disteso, che porta tutta la dignità e la grazia di una donna africana.

Mama Aisha ci parla in Swahili anche se non la capiamo, cerca di comunicare con noi e pazientemente, non parlando in inglese, ci fa gesti, e ci ripete le cose molte volte per farsi comprendere.

Mama Aisha mi ha visto per la prima volta al pozzo del villaggio, perché quel giorno non avevamo acqua in casa, c’era tanta gente e non sapevo come pormi di fronte a quel trambusto e vista la mia inesperienza, nel contesto in cui mi trovavo, non avrei saputo da che parte cominciare per prendere l’acqua.

Mama Aisha ha preso i miei secchi, li ha messi in fila e, quando è venuto il mio turno, li ha prima sciacquati e poi fatti riempire d’acqua e poi, sorridendo, con sua figlia sulle spalle che dormiva come nulla fosse, me li ha restituiti, ma solo perchè avevo insistito per portarli a casa da solo, visto che voleva portarmene almeno uno oltre a quelli che già aveva per sé.

Mama Aisha ci ha invitati a sedere fuori dalla sua casa, sulla sua stuoia, ci fa giocare con i suoi figli, ci ha offerto un ananas, il suo cibo per quella sera, quando noi non avevamo nulla in cambio da offrirle, ma eravamo affamati dopo una giornata di lavoro.

Mama Aisha è una donna africana, molto povera, che non ha nulla di materiale da offrire ma ha in sé uno spirito e un’anima di una ricchezza incommensurabile, che mi hanno fatto sentire accolto, accettato, incluso, anche se diverso e estraneo a questa comunità.

Nel mio lavoro, in quello che provo a fare per questa gente, per questo popolo, da oggi sento di volermi spendere ancora di più, di dare il massimo, perché nella mia mente rimane il pensiero di essere stato accolto senza che nessuno mi abbia chiesto nulla in cambio, di essere stato accettato senza aver fatto nulla per esserlo, di essermi sentito da un momento all’altro a casa senza essermene neppure accorto, di avere trovato uno dei tanti tesori sepolti dalla miseria di questa terra

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *