La Russia di Alessandro I e quella di Putin, la Russia di ieri e quella di oggi

Alessandro I, zar

di Angela Casilli

L’invasione dell’Ucraina ordinata da Putin, inattesa e di cui purtroppo ignoriamo l’esito finale, ha richiamato alla memoria di chi scrive, le parole di Pavel Ivanovic Pestel, giovane combattente nella guerra napoleonica del 1812 e autore anche di una costituzione conosciuta con il nome di Russkaja Pravda.

L’epoca è quella dello zar Alessandro I, la Russia di cui parla Pestel è invece la grande madre Russia, il russkjimir, il mondo russo, quello invocato nel 2014 da Putin per giustificare l’annessione della Crimea e, oggi, l’invasione dell’Ucraina.

Il pensiero di Pestel si può riassumere: la Russia è immensa ma, accanto al popolo russo, convivono numerose altre nazionalità, altre etnie. Se le frontiere sono tranquille, assicurano la pace e la prosperità della grande madre Russia, ma può accadere che le piccole nazioni sottomesse a un grande popolo, come il popolo russo, mirino spesso ad essere indipendenti. E può a sua volta accadere che una grande nazione come la Russia desideri frontiere sicure e cerchi di impedire che le piccole nazioni, che vivono ai suoi margini, finiscano nell’orbita di altri grandi Stati.  

Pestel, fatta salva la Polonia, nega ai paesi baltici, alla Crimea, alla Georgia, alle regioni del Caucaso e della Siberia il diritto di nazionalità. Sono popoli troppo piccoli, appartenenti da tempo alla Russia e senza una storia di vera indipendenza, come oggi accade con il Donbass e la Transnistria, quest’ultima appartenente alla Moldavia, ma autoproclamatasi indipendente e con riconoscimento internazionale solo parziale. Sono nazioni che, a causa della loro scarsa estensione territoriale e conseguente debolezza geopolitica, non potranno mai essere indipendenti.

A distanza di due secoli le parole di Pestel sono terribilmente attuali, ma non tali da legittimare i disegni espansionistici di Putin; testimoniano invece la storicità di tensioni, di problemi che, ora palesi ora sottesi, segnano il cammino di un popolo, il suo destino.

Sottolineano, anzi, la necessità che le decisioni, le scelte di un governo, come il dire e l’agire di chi guida un grande Paese, e la Russia lo è, nascano da una profonda consapevolezza storica, si interroghino sul perché del riprodursi nel tempo, di avvenimenti tanto dolorosi e tragici come sono le guerre.

Tutto ciò, non è per giustificare quanto avvenuto nella sua crudezza, ma per ricostruire un passato utile per l’oggi e il domani.

Chi ignora il passato ignora anche il presente e si lascia dominare solo dall’istinto di sopraffazione. Invece un’azione politica che duri nel tempo e abbia un peso nella vita di un popolo, nasce dalla lucida consapevolezza di non dover ripetere gli errori del passato, ma di dover costruire un futuro di pace e prosperità.    

E’ quanto viene chiesto all’uomo politico che abbia vigore e prestigio di statista, che abbia energia e volontà, capacità di sintesi, lungimiranza che è vedere lontano e da lontano, tutte qualità che Putin non ha, equiparabile com’è ai dittatori di ieri e di oggi.  

Tutte l’opinioni presenti nel sito, corrispondono solo a chi la manifesta. Non sono necessariamente l’opinione  della Direzione.

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