La R.A.F. di Mappano “emanazione” umanitaria dell’Istituto San Giuseppe Cottolengo di Torino

ritratto di San Giuseppe Cottolengo

Una residenza socio-assistenziale piemontese di secolare ispirazione


di Ernesto Bodini
(giornalista scientifico – tutore di M.C. ospite nella Residenza di Mappano)

È una struttura denominata RAF (Residenza Assistenziale Flessibile, a media intensità di cura) di tipo B, quella della Piccola Casa della Divina Provvidenza “Cottolengo” di Mappano alle porte di Torino. Più precisamente è un presidio socio-assistenziale (accreditato dalla Regione Piemonte), in collaborazione con la Cooperativa Quadrifoglio, che ospita persone con disabilità psico-fisiche gravi su richiesta (proprio per la gravità intrinseca dell’handicap) dei familiari e/o dei Servizi Territoriali, al fine di fornire la più opportuna e totale risposta residenziale. Totalmente rinnovata nel 2001 questa struttura, diretta da Fratel Ernesto Gada, che comprende un parco ed ampi spazi interni con tutti i comfort, attualmente accoglie 76 ospiti, amorevolmente accuditi e curati da personale religioso e uno staff laico composto da medici, infermiere, fisioterapisti, educatori, operatrici socio assistenziali, amministrativi e volontari. L’efficienza, l’ordine e la cordiale accoglienza sono le caratteristiche di primo impatto varcando la soglia ed entrando in ogni ambiente; oltre al calore umano che ogni operatore trasmette con la sua professionalità dedicata e decisamente sentita, ispirandosi tutti alla “mission” del fondatore del notissimo Istituto torinese San Giuseppe Cottolengo (Bra-Cn 1786- Chieri-Cn 1842).

Il clima che si respira in questa sede è decisamente relazionale, in cui tutti si ritrovano nel contesto di una “serena” quotidianità esistenziale, tanto che ogni accorgimento verso l’ospite è collettivo ma al tempo stesso anche “personalizzato”, proprio per rispondere al meglio alle esigenze mediche ed assistenziali individuali dovute al tipo e grado di invalidità. Nulla è lasciato al caso o alla minima distrazione: ogni visitatore o familiare può accedere alla struttura in qualunque momento, accolto dagli operatori sempre con il sorriso ed un gesto di cordialità. Significativo il pomeriggio di sabato 26 ottobre, un incontro conviviale con i familiari dei residenti dedicato ad un momento di riflessione sulla formazione del personale che ha avuto per tema “Il percorso della cura: responsabilità, collaborazione, partecipazione”. Sono state illustrate le attività di tipo medico e assistenziale, ma anche i frequenti intrattenimenti ludici e di particolare coinvolgimento. «Curare – ha esordito Fratel Ernesto – è avere conoscenza, sapere ciò di cui ha bisogno ciascun assistito; ma soprattutto prendersi cura, e più estensivamente partecipazione materiale e spirituale: non c’è cura senza l’elaborazione del concetto di dono; e chi cura, deve prima riconoscersi fragile… umile». Presenti a questo incontro non solo i familiari ma anche i loro stessi congiunti (quasi tutti in carrozzina), da quali si percepiva serenità, “avvalorata” da un sorriso coinvolgente che nulla chiedeva in cambio se non un altrettanto sorriso e  magari anche una carezza. Una realtà, questa, che vuole essere di esempio organizzativo e gestionale, ma soprattutto di conforto per quei genitori di figli gravemente disabili che, ormai avanti con gli anni, possono trovare in essa una risposta concreta al “dopo di noi”. All’uscita ogni visitatore ha ricevuto un piccolo “omaggio” che recava questo aforisma: “La bellezza è negli occhi di chi guarda con nuovi occhi le piccole cose di ogni giorno”.

 

Foto tratta da www.donbosco-torino.it

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