LA PUBBLICITÀ: UN VEICOLO NECESSARIO MA NON PRIVO DI INSIDIE…

Poca dimestichezza e  molta superficialità rendono l’acquirente  un consumatore talvolta senza limiti, che tuttavia supera per riempire in ogni caso la borsa della spesa

di Ernesto Bodini (giornalista e opinionista)

Pubblicità, pubblicità e ancora pubblicità. Quante volte ognuno di noi ha imprecato contro queste interruzioni di programmi televisivi, soprattutto nel bel mezzo di un documentario o di un film dalla trama coinvolgente (e non volgare o violenta)? È uno stillicidio che si trascina ormai da molti decenni, e non soltanto dalle Tv private ma anche dalle Reti pubbliche, tutte assetate di incamerare i proventi degli sponsor, specie se la sponsorizzazione riguarda un programma di un certo impegno e di un certo numero di puntate come i reality e i talk show. Il telespettatore-consumatore, in genere (come chi scrive) non è a conoscenza delle modalità con le quali si realizza uno spot, a cominciare dall’individuare i “protagonisti-attori”, quanto vengono pagati e a quali condizioni contrattuali, oltre ai rocamboleschi sovramontaggi ad effetto… Ma poco importa. A mio avviso quello che più interessa, invece, è la scelta della “trama” da recitare in forma realistica o pseudo tale;  e questo per il fatto che vi sono alcune pubblicità che se non sono definibili irrazionali e/o assurde e con messaggi subluminali, poco ci manca! Tuttavia, non ritengo sia il caso di puntare il dito contro il messaggio pubblicitario di questo o quel prodotto, anche perché si tratterebbe di tirare in ballo la “reputazione” dello sponsor: ditta, esercizio professionale, istituzione pubblica, etc.; ma ritengo più utile richiamare l’attenzione sulla maggior utilità di un messaggio se trasmesso con una certa ratio, una certa logica e quindi un certo realismo. Inoltre, pur non volendo essere pudici, va rilevato che la presentazione di alcuni prodotti di largo consumo vengono offerti al consumatore-telespettatore con la partecipazione di protagoniste dalla pseudo composta esibizione che, a ben osservare, lascia un sia pur minimo spazio a qualche immaginazione… Ed ancora. Proporre prodotti alimentari di largo consumo che, se acquistati e ingeriti con poca accortezza possono essere nocivi alla salute, ritengo essere una sorta di “imposizione” che, è pur vero che è dettata dalla legge del consumo, ma è altrettanto vero che non tutti i consumatori hanno dimestichezza con la interpretazione dei dati riportati sulle etichette, sulla effettiva qualità, sulla scadenza, etc. Per non parlare, poi, di tutti quei prodotti (alimentari e non) che vengono presentati e offerti a condizioni particolarmente vantaggiose, a cominciare (guarda caso) dal prezzo come il classico: “Paghi 2 al prezzo di 3”, davvero allettante e per giunta spesso anche realistico, ma di converso è una strategia che equivale all’altrettanto classico delle mosche attirate dal miele. Fin qui per quanto riguarda la pubblicità attraverso il mezzo televisivo e/o radiofonico, ma per la stessa dicasi altrettanto per i giornali e le svariatissime riviste (spesso patinate), in gran parte dedicate alla moda e alla cosmesi, il cui pubblico fruitore è generalmente femminile. Volendo proseguire, dato che i prodotti da reclamizzare sono infiniti, tra questi vi sono anche i farmaci da banco (ossia quelli acquistabili senza ricetta medica), che in parte sono utili e in parte di discutibile utilità…  e comunque relativamente necessari.

Poi alcuni prodotti reclamizzati riguardano anche il Monopolio di Stato che, come è noto, attraverso le rivendite autorizzate, reclamizza e vende le svariatissime qualità di tabacco; una vera e propria contraddizione con la legge n. 3 del 16 gennaio 2003   (art. 51) contro il fumo, sia pur concedendo determinate eccezioni per l’uso. Or dunque, il mio esporre non vuole essere necessariamente una sorta di tratta estrema contro la pubblicità e quindi contro il commercio, in fin dei conti è anche un mezzo per creare posti di lavoro, compreso l’indotto, e quindi per far conoscere l’esistenza dei prodotti e per le ovvie esigenze cosiddette di interscambio commerciale e di consumo. Ma la mia ulteriore riflessione riguarda l’irruenza e quindi la poca delicatezza nel comunicare (compreso il rivolgersi al consumatore con il “Tu” confidenziale da parte dello speaker, imponendo l’acquisto sotto forma di invito), soprattutto nei confronti delle persone poco acculturate, gli analfabeti, e i creduloni; e a riguardo, questi ultimi sono sempre più in balia di quella pubblicità incontrollata con conseguenze particolarmente spiacevoli: basti pensare che circa 10 milioni di italiani ancora oggi credono a maghi, cartomanti, fattucchiere e agli elaboratori e commentatori di oroscopi, come se  osservando gli astri in abbinamento al giorno e all’ora della propria nascita, si possa determinare il proprio destino quotidiano o settimanale (se non anche annuale) delle persone… compresa la possibilità di trovare l’anima gemella!

L’argomento pubblicità andrebbe ancora oltre, ma credo che quanto sinora detto sia sufficiente per comprendere che oggi, più di ieri, molti messaggi se non sono ingannevoli sono sì promettenti e spesso anche vantaggiosi… ma non privi di riserve, che sta a noi individuare e rifuggire dagli stessi. Per concludere, ricordo che un tempo si reclamizzava l’amaro Cynar presentato con lo slogan-rimedio “contro il logorio della vita moderna”: siamo intorno agli anni ’60 e a quei tempi la vita non era un logorio, ma anni della ripresa e del boom economico; mentre per quella d’oggi ci vorrebbe un elisir (vero) contro le proposte e i consumi scriteriati…, in parte concausa di alcune patologie.

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