La Psicologia ieri e oggi
di Ernesto Bodini
(giornalista scientifico)
La nostra esistenza è oggi sempre più frenetica e convulsa per la moltitudine di problemi che ci affliggono, ormai quotidianamente, “sollecitati” da impegni di lavoro, relazioni sociali dalle molteplici sfumature interpretative e comportamentali, pubblicità da stillicidio, doveri e diritti in continuo contrasto (ed altro ancora) e sembra quasi inevitabile per molte persone ricorrere alla quella figura (quasi carismatica) che è lo psicologo. Ma in sostanza chi è questo professionista che opera sia a livello privato che pubblico, e dalle più diverse specializzazioni? Per rispondere a questa domanda è bene rammentare che il termine moderno di Psicologia risale al XVI secolo con l’umanista e teologo tedesco Philippus Melanchthon (italianizzato Filippo Melantone, 1497-1560) che la definiva l’insieme di conoscenze filosofiche, letterarie e religiose dell’animo umano.
Ma ad onor del vero questa disciplina ha dei progenitori che furono Platone (428 a.C. – 347 a.C.) e Aristotele (384 a.C. – 322 a.C.), filosofi e pensatori greci che avevano il desiderio di comprendere chi siamo… e magari da dove veniamo. Interrogativi in gran parte mai risolti (tutto è riconducibile ai misteri della vita, sic!) nonostante fossero prese in esame molte delle questioni di cui gli psicologi continuano ad occuparsi ancora oggi. Uno degli approfondimenti riguarda proprio la comprensione delle capacità cognitive che, secondo Platone, ad esempio, certi aspetti della conoscenza sono innati o connaturati; mentre Aristotele riteneva che la mente del bambino fosse una sorta di “lavagna vuota” sulla quale venivano scritte le esperienze, e che tutta la conoscenza la si acquisisce mediante l’esperienza. Da qui il concetto di empirismo filosofico. Con il trascorre dei secoli e delle infinite vicissitudini che hanno coinvolto (e coinvolgono) gli esseri umani, tale disciplina si è evoluta sino ad “acquisire” la connotazione (quindi la specialità) di psicologia scientifica. Nel 1690 il filosofo e medico inglese John Locke (1632-1704) pubblicò un saggio sull’intelletto umano, teso a ricostruire il funzionamento della mente e dando una base solida ai ragionamenti.
Ma la psicologia come vera e propria materia scientifica trova la sua luce in Europa nella seconda metà dell’Ottocento, in quanto alcuni scienziati (soprattutto fisici e medici) iniziarono ad occuparsi dello studio della psiche analizzando le sensazioni, le emozioni e le attività intellettive. Con il passare degli anni lo sviluppo della Psicologia ha assunto particolari specificità come quella cognitivistica ad opera dello statunitense di origine tedesca Ulric Neisser (1928-2012); comportamentale nel nome dello statunitense psicologo e scrittore Burrhus Skinner (1904-1990); eclettica della contemporanea psicologa statunitense Francine Shapiro (1937); espressivo corporea dello psichiatra e psicoterapeuta tedesco Fritz Peris (1893-1970), che ha coniato tra l’altro il termine di psicoterapia della Gestalt; psicodinamica a cura dell’austriaco Sigmund Freud (1856-1939) e del francese Jacques Lacan (1901-1981), rispettivamente “capostipite” e “rivoluzionario della Psicanalisi. La cosiddetta terapia familiare strategica è riferita all’esponente psichiatra e psicologo statunitense Milton H. Erickson (1901-1980); mentre caposcuola della cosiddetta Milan Approach è la psichiatra italiana Mara Selvini Palazzoli (1916-1999); e di quella dal punto di vista umanistico-esistenziale ne è il padre lo psichiatra e psicologo svizzero Ludwig Binswanger (1881-1966).
Sin qui un breve excursus etimologico e degli storici capostipiti della psicologia e della psicoterapia. Ma quale il ruolo pratico dello psicologo? In breve è un professionista (appunto della psiche) interpellato per rispondere a molti consulti, cercando di definire i confini della relazione d’aiuto. «Ciò che appartiene alla competenza professionale dello psicologo – precisano gli psicologi del Distretto di Moncalieri (To) in una breve newsletter di alcuni anni fa – è la lettura simbolica e relazionale di ciò che il paziente (adulto o minore) porta all’interno del setting ed il suo trattamento, senza una troppo vincolante ed esclusiva appartenenza teorica. Se poi è l’utente a richiedere, invece, l’esercizio di uno specifico indirizzo teorico/terapeutico, sarà cura dell’operatore orientarlo in merito».
Più specifico e delicato (in senso tecnico-pratico) l’aspetto della diagnosi, atto clinico decisamente impegnativo che richiede una elevata professionalità volta ad interpretare sintomi, valutarne le patologie e impostare i più appropriati accorgimenti terapeutici. A questo riguardo l’Ordine degli Psicologi del Lazio ha fortemente voluto un manuale di psicologia clinica, di supporto alla formazione dello psicologo. Con la pubblicazione dell’opera “La diagnosi in psicologia clinica – Personalità e psicopatologia” (Ed. Raffaello Cortina, 2009; pagg. 399, € 26,00) gli specialisti Nino Dazzi, Vittorio Lingiardi e Francesco Gazzillo (in collaborazione con altri autorevoli colleghi), hanno voluto mettere a disposizione degli addetti ai lavori “in crescita” un vero e proprio strumento di consultazione. «L’idea del volume – spiegano i principali autori – nasce dall’esigenza di chiarire, attraverso un preciso linguaggio di riferimento, un ambito importante di quella che potremmo chiamare la “mitologia” specifica della nostra identità professionale, che si è andata negli anni indebolendo nel confronto con discipline come la psichiatria e le neuroscienze». Un lavoro corposo e di elevato livello scientifico che, non a caso, è emerso a vent’anni dalla legge istitutiva della professione dello psicologo (Legge 56/89, cosiddetta legge “Ossicini”), una garanzia operativa per tutti gli iscritti all’Albo professionale; nonché un contributo scientifico e culturale che fa di questa disciplina una sorta di “riscoperta” e allo stesso tempo ulteriore approfondimento della valutazione della psiche umana, con l’intento di comprenderla e di impostarne, in base alla propria esperienza, il miglior supporto terapeutico. Peccato, però, questa è una mia personale osservazione, che gli Enti pubblici si avvalgono pochissimo di questi professionisti che, come è noto, la gran parte di essi esercita la libera professione.