La poesia: una forma d’arte tanto complessa quanto unica

L’arte poetica si differenzia in maniera netta dalla prosa, in quanto è composta non solo da versi, ma anche da un linguaggio che è completamente diverso da quello parlato. Molti celebri autori del passato hanno stupito con uno stile e un modo di scrivere che dal punto di vista grammaticale potrebbe essere ritenuto errato o quantomeno bizzarro.

Dal momento che la poesia si discosta in parte dalle regole della scrittura tradizionale, molti sono convinti che sia sufficiente andare a capo ogni tanto per comporre poesie. Nulla di più sbagliato!

Ma fino a che punto è possibile spaziare nel linguaggio? Esiste un confine da non valicare?

Fortunatamente, nella poesia troviamo regole ben precise che ci aiutano a capire come muoverci. La prima cosa da tenere in considerazione è che la grammatica italiana è comunque sacra.

Si possono utilizzare elisioni, anafore, sinestesie e molte altre figure retoriche o schemi tipici della poesia, ma le regole di base della nostra lingua restano valide. Esistono però delle regole di metrica che vanno studiate e che richiedono esercizio costante. Da qui la necessità di uscire dallo schema mentale che vorrebbe la poesia come una sorta di “pennello a mano libera” che crea parole e versi solo con l’istinto e senza alcuna elaborazione mentale.

Molte persone snobbano la poesia e la relegano a una sorta di anticamera della scrittura. Altri la definiscono infantile a prescindere dall’autore. Questo perché, a loro modo di vedere, la poesia è troppo istintiva e breve per poter produrre una trama o per raccontare qualcosa che rimanga nel cuore di chi legge.

Anche in questo non c’è nulla di vero.

Prima di tutto, la necessità di condensare in poco spazio emozioni e riflessioni obbliga il poeta a un profondo lavoro non solo di sintesi ma anche di stile. Non bisogna dimenticare che la poesia è anche musica. L’efficacia di ogni singolo verso è determinato in parte dai suoni delle parole che lo compongono e dall’impatto e potenza che emanano. Come un compositore, il poeta assembla parole, rime e singole sillabe nel tentativo di produrre una melodia unica e capace di regalare emozioni e riflessioni, senza perdere l’efficacia del messaggio che si vuole trasmettere. Vi sembra una cosa infantile o da poco?

Chiaramente, sono pochi i poeti capaci di ottenere un simile risultato e molto dipende anche dal carattere di chi scrive. Un poeta è prima di tutto una persona sensibile e capace di catturare “frammenti di realtà”, guardando anche oltre il materiale. Da qui si deduce che non ci si inventa poeti e non si diventa tali svegliandosi al mattino pensando “voglio fare il poeta”.

Occorrono quindi una sensibilità innata e una proprietà di linguaggio molto alta per iniziare a comporre qualche verso. Se mancano questi due elementi, è preferibile dedicarsi ad altre passioni.

Esiste poi un terzo requisito, forse il più importante: non si deve scrivere per diventare famosi o per pubblicare tonnellate di libri. Come detto, l’umiltà non deve mancare, ma anche la passione per la poesia è indispensabile. Come un pittore deve amare i colori per dipingere bei quadri, allo stesso modo un poeta deve amare i versi e tutto ciò che ruota intorno alla poesia per regalare emozioni.

Se non si ama sperimentare e studiare duramente tutte le combinazioni stilistiche possibili, se non si prova piacere nel demolire e riscrivere continuamente una poesia per migliorarla, non si potrà mai essere poeti. Se a ogni critica o rifiuto si puntano i piedi e ci si offende perché il nostro genio letterario è stato offeso, allora non abbiamo bisogno di pubblicare libri, ma di essere sempre approvati e acclamati (e questo denota un problema personale).

Il poeta scrive per necessità, perché la poesia più di ogni altra forma di scrittura esalta l’espressione e l’introspezione. C’è poi un desiderio impellente di esprimersi e diffondere un messaggio in maniera potente e vibrante e non solamente scrivendo “oggi ho pensato questo…”.

La possibilità di avere successo, dunque, dovrebbe passare in secondo piano rispetto all’amore per la scrittura e le pubblicazioni facili andrebbero evitate.

Pubblicare un libro è il sogno di tante persone in Italia. E’ risaputo che il numero degli scrittori e poeti (effettivi o potenziali) è superiore a quello dei lettori e questo dato dovrebbe far riflettere, perché la dice lunga sulla cultura del nostro Paese, dove la smania di arrivare al successo polverizza qualsiasi tipo di amore per la cultura. In aggiunta a ciò, ci si mette anche la tendenza di molti editori a pubblicare anche testi scadenti, purché l’autore si sobbarchi i costi di stampa, editing, distribuzione, etc…

Un aspetto che l’ego individuale non permette di vedere, è l’inutilità della pubblicazione quando non sussiste il talento artistico. Un autore che commette gravi errori grammaticali o a livello di struttura del testo, non può trovare nessun vantaggio nella pubblicazione. Nel caso specifico, vedere scaffali con copie del nostro libro scadente, contribuisce solamente a far collezionare figuracce all’autore e all’editore che lo ha voluto pubblicare ugualmente, magari dietro pagamento.

La pubblicazione non deve mai essere lo scopo del poeta e non va mai considerata come un passaggio indispensabile, perché si può essere poeti nell’animo anche senza pubblicare nulla.

Concludo questo articolo con una frase di Michael Connelly:

“Meglio scrivere per se stessi, e non avere pubblico, che scrivere per il pubblico e non avere se stessi.”

Luca Baccari – webmaster del sito L”isola della poesia


 

Guarda il video: http://www.youtube.com/watch?v=M1oYDvPNNbE

2 thoughts on “La poesia: una forma d’arte tanto complessa quanto unica

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