La medicina e la cultura in Piemonte

Clinici, storici, statisti, letterati, inventori  e filantropi al  servizio dell’umanità subalpina tra il XVIII e il XX secolo

Pagine di storia un po’ dimenticate… nonostante il 150° dell’Unità d’Italia

 

di Ernesto Bodini
(giornalista scientifico)

La storia della Medicina e della Chirurgia, soprattutto in Piemonte, attraverso dati, episodi e curiosi aneddoti, è ricca di personaggi che non furono solo rappresentanti della scienza ippocratica e galenica, ma anche letterati eruditi, viaggiatori, avventurieri, statisti e persino filantropi. Insomma, veri protagonisti che hanno dato lustro e visibilità alla regione subalpina e all’Italia intera. Tra questi, per citarne alcuni, il torinese Giovanni Ambrogio Bertrandi (1723-1765) che ebbe il merito di essersi prodigato per la nascita a Torino della prima Scuola ufficiale d’Europa per l’insegnamento alle ostetriche e alle levatrici. Il pinerolese Michele Buniva (1761-1834) è considerato tra i più grandi medici piemontesi del periodo francese. Specializzato in Medicina ostetrica, Igiene pubblica e forense, rivestì le più alte cariche nella Sanità pubblica in particolare quelle di presidente del magistrato di Sanità, presidente del Comitato per il vaccino e direttore dell’Opera di maternità; rilevò l’importanza della Medicina legale e della Statistica, evidenziando l’influenza esercitata sullo stato di malattia dell’uomo. Dello stesso periodo Carlo Botta, nato a San Giorgio Canavese (To) nel 1766, considerato lo storico dell’Italia napoleonica. Laureatosi nel 1786, iniziò proprio la sua carriera politica come medico militare al servizio delle armate napoleoniche; fu due volte deputato, nel 1802 e nel 1809. Riscosse fama e simpatia da parte di più generazioni alle quali spiegava l’avversione per ogni forma di tirannide attraverso le opere “Guerra d’Indipendenza degli Stati Uniti d’America”, “Storia d’Italia dal 1786 al 1814” e “Storia d’Italia continuata da quella del Guicciardini”. Il torinese Edoardo Ignazio Calvo (1773-1804) fu medico per insistenza del padre, e quindi costretto a vincere quotidianamente l’innata repulsione per il dolore fisico dei suoi simili. Fu il primo poeta dialettale piemontese, debuttando sulla scena poetica con maturo realismo. Il suo radicalismo e il suo sincero sentimento popolare, lo spinsero presto a una presa di posizione linguistica: per aiutare la gente comune a liberarsi dalla superstizione e dall’ignoranza, occorre parlare la sua lingua. Costretto più volte ad allontanarsi da Torino, il medico poeta sviluppò un’avversione sempre più netta verso gli invasori francesi e la politica napoleonica e, in questa chiave, vanno lette le “Favole morali”. Quasi trent’enne, cominciò ad apprezzare la professione medica, ma a soli 31 anni morì di tifo, che aveva contratto per estrema coerenza (o ironia della sorte) nell’esercizio medico. Il concittadino Luigi Rolando (1773-1831), che fu professore di Anatomia patologica comparata, si dedicò in particolare alla morfologia e fisiologia del cervello riuscendo a dimostrare che la sostanza grigia è diversa da quella del corpo striato, scoprendo nel contempo che il cervelletto è l’organo che governa i movimenti muscolari. Anche Angelo Mosso (Torino 1846-1910) fu valente medico (oltre che archeologo), ricercatore nel campo della Fisiologia (studio delle funzioni del corpo umano); inventò il plestimografo, un apparecchio per la valutazione e il controllo della funzionalità venosa e arteriosa; nel 1895 fondò una stazione sulle Alpi per lo studio della fisiologia alle altitudini elevate.

Tra i “dimenticati” delle nostre storie letterarie anche  Carlo Varese (nato a Tortona nel 1792), medico e scrittore dilettante, ebbe il merito di affiancare il Manzoni nella produzione del primo romanzo storico, con l’opera “Sibilla Odaleta”. Esercitò la professione medica a Voghera, dove ebbe inizio la sua attività letteraria: le traduzioni dei romanzi di Walter Scott, interrompono la tranquilla e rassicurante routine del medico di provincia. Si dedicò inoltre alla storiografia e in soli quattro anni, dal 1835 al 1838, pubblicò otto volumi di una “Storia della Repubblica di Genova”, ottenendo una serie di riconoscimenti civili ed accademici che gli facilitarono una vivace carriera politica. Prima di morire (1866) ricevette da Cavour l’incarico di scrivere l’appendice sul Risorgimento per il “Calendario generale del Regno”. A lui contemporanei Alessandro  Riberi (1794-1861), il più grande sostenitore della cultura generale del chirurgo al quale spetta il merito di aver rinnovato la struttura della Sanità Militare. All’ospedale Molinette di Torino è a lui intitolato il Laboratorio di Analisi Cliniche; e Giovanni Lanza (Casale Monferreato 1810) che fu uno dei massimi rappresentanti della Destra storica che governò l’Italia dall’Unità al 1876. Si laureò in medicina nel 1833, riuscendo a perfezionarsi nonostante una grave infezione cadaverica contratta a Pavia. Combatté il colera a Cuneo, e curò gratis i malati poveri pagando loro le medicine. Si appassionò di storia, economia, chimica e agraria, scoprendo nel contempo la vocazione per la politica: fu deputato, ministro e presidente della camera del Parlamento Subalpino, ministro dell’Interno (1864-1865), presidente della Camera (1867-1868), presidente del Consiglio (1869-1873). Sul punto di diventare primo ministro, era costretto a scrivere alla moglie, da Roma, perché gli mandasse 50 lire con cui pagare il conto dell’albergo. Più di 5 lire al giorno,«per il bene inseparabile del Re e della patria», egli non spendeva; e la moglie, che il Lanza per non toccare il denaro pubblico, non aveva mai portato a Roma, giunse nella capitale solo per assistere all’agonia del marito, morto nel 1882 a 72 anni. A Torino è a lui dedicato un corso stradale. Nato a Carbonara Scrivia nel 1823, Domenico Carbone fu medico e poeta. Esercitò l’attività medica per un decennio, ma agli inizi del 1860, la mutata situazione politica lo costrinse ad interrompere il suo esercizio. I meriti patriottici gli favorirono una lunga carriera di provveditore agli studi: ebbe modo di commentare i classici per le scuole, in edizioni che saranno più volte ristampate fino ai primi decenni del secolo scorso. La sua migliore produzione letteraria riguarda una serie di satire scritte negli anni di fuoco del suo impegno politico. Morì A Firenze nel 1883.

Edoardo Perroncito, nativo di Viale d’Asti nel 1847, a soli 27 anni ottenne la Cattedra di Anatomia Veterinaria, e dedicandosi in modo particolare alla Parassitologia e alla Batteriologia, studiò a fondo una forma di anemia che colpiva i minatori italiani impegnati nel traforo del San Bernardo, scoprendo che essa è dovuta ad un parassita (l’Ancylostoma duodenale), e individuando il ciclo vitale e la diffusione ne trovò la cura nell’olio di felce maschio. Morì a Pavia nel 1936 a 89 anni. Il torinese Giovanni Battista Ughetti (1852) si laureò in medicina a Catania, e fu anche  valente poeta. Come medico lasciò 50 pubblicazioni nelle quali emergono doti di ricercatore, biologo e clinico, ma anche medico pratico, memore che il malato è un uomo, sempre, e mai un caso o un numero. Dal punto di vista clinico si occupò di tiroidectomia, sulle cause della febbre e sulle infiammazioni del fegato; dal punto di vista letterario oltre che poeta fu anche disegnatore e pittore; brillante autore di deliziosi epigrammi e aneddoti, rievocazioni storiche e letterarie completate da gustose vignette da lui stesso disegnate. Scrisse opera di ampio respiro, ovvero colloqui di un medico, sapiente e curioso, con i suoi colleghi, con i suoi clienti e con se stesso; opinioni e appunti sul problema delle “dottoresse”, sui consulti, sul ciarlatanismo medico, sullo studio e sulla professione della medicina. Il torinese Scipione Riva Rocci (1863) fu medico e inventore. Contribuì a ricerche sulla fisiopatologia e alla realizzazione del metodo di pneumotorace artificiale di Forlanini; inoltre a lui si deve l’invenzione dello sfigmomanometro, la cui diffusione è in parte dovuta a Harvey W. Cushing (1869-1939), chirurgo americano pioniere della neurochirurgia e dello studio dell’ipofisi. Dal 1900 al 1928 Riva Rocci fu direttore dell’ospedale di Varese e, fino al 1921, docente all’università di Pavia. Morì a Rapallo nel 1937, a 74 anni. Questo periodo annovera anche altri illustri chirurghi quali Giovanni Battista Borelli (1843-1934) che ha retto la Chirurgia all’ospedale Mauriziano Umberto I° di Torino, mentre Giacomo Filippo Novaro (1843-1934) e Antonio Carle (1854-1927) furono i massimi esponenti della chirurgia europea. Nel 1887 Giuseppe Berruti (1841-1911) divenne famoso per aver fondato a Torino l’ospedale Maria Vittoria e nel 1931, per iniziativa di Mario Donati (1879-1946), venne fondata la Società Piemontese di Chirurgia. Valenti clinici e al tempo stesso importanti statisti e letterati di indubbia rilevanza, che hanno dato lustro al Piemonte e alla nazione tanto da meritare, a mio giudizio, questi brevi ritratti.

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