L’obbligo di rettifica: una mannaia che incombe sui siti internet

Il disegno di legge sulle intercettazioni è stato rimandato a settembre e ci scuserà questo studente che non convince se gli auguriamo la bocciatura. In realtà, non ci facciamo troppe illusioni: anche senza Fini e gli altri “rinnegati”, il Governo dovrebbe ancora avere in Parlamento i numeri per far approvare ciò che vuole.

In attesa di conoscere il testo definitivo a cui dovremo soggiacere, val la pena soffermarsi su una delle tante discutibili norme del ddl, ossia l’art. 1, comma 29. Tale articolo, il cui testo è stato confermato dalla Commissione Giustizia della Camera, incaricata di riesaminare la proposta di legge, dispone, in particolare, che “per i siti informatici, ivi compresi i giornali quotidiani e periodici diffusi per via telematica, le dichiarazioni o le rettifiche sono pubblicate, entro quarantotto ore dalla richiesta, con le stesse caratteristiche grafiche, la stessa metodologia di accesso al sito e la stessa visibilità della notizia cui si riferiscono” (N.B.: il passaggio sottolineato non era presente nel testo approvato in prima battuta dalla Camera ed è quindi un “regalino” dei senatori).

Ora, rettificare una notizia errata è un dovere per chi voglia fare informazione seria e lo sarebbe anche se nessuna legge lo prevedesse, ma integrare le norme in materia imponendo ai siti internet un termine relativamente breve per adempiere a questo dovere (e prevedendo sanzioni molto salate per chi non rispetta queste disposizioni) equivale a decretare la morte di numerosi portali.

Il mio giornale è una testata giornalistica a tutti gli effetti ma – come i siti amatoriali – non dispone di una redazione corposa e di un’organizzazione solidamente strutturata, bensì esiste grazie all’impegno di un gruppo ristretto di persone che devono spartire il proprio tempo tra lavoro, impegni personali e collaborazione con il giornale.

Lungi da noi volerci sottrarre all’obbligo di un’informazione corretta (che richiede, innanzitutto, un’attenta verifica delle fonti) e di fare ammenda nel caso si commetta un errore, ma se questa norma diventasse legge avvertiremmo continuamente sul collo il fiato degli avvoltoi e ci ritroveremmo a fare le ore piccole ogni notte … o a dover chiudere il giornale per paura di non riuscire a pubblicare eventuali rettifiche entro le fatidiche 48 ore.

A riprova della professionalità del nostro direttore Francesca Lippi e di tutta la redazione, gli stessi timori sono condivisi anche da siti la cui serietà e utilità è fuori discussione, quale ad esempio il portale di informazione giuridica Studio Cataldi che ha lanciato l’allarme sul comma 29 attraverso le parole di Paolo M. Storani, avvocato civilista e penalista, specializzato in responsabilità civile (http://www.studiocataldi.it/news_giuridiche_asp/news_giuridica_8778.asp)

In attesa di sapere se e di che morte dovremmo morire, noi continueremo comunque a curare questo giornale con immutata onestà intellettuale e a verificare sempre – prima e dopo – che quanto pubblichiamo corrisponda effettivamente a verità.

Marcella Onnis

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *