In Lombardia e Piemonte due targhe per ricordare Davide Cordero

Dediche alla memoria di Davide Cordero, medico anestesista-rianimatore deceduto a causa del Covid-19 durante l’adempimento del suo dovere

di Ernesto Bodini (giornalista scientifico)

Un ultimo saluto, quale tributo di encomiabile valore, da parte della Direzione Generale dei Sanitari del Policlinico di Monza, quello dato al dottor Davide Cordero (nella foto), medico anestesista-rianimatore deceduto nel maggio scorso a 63 anni in questo ospedale, avendo contratto l’infezione del Covid-19 durante l’adempimento del suo dovere. I sentimenti e le  manifestazioni di stima nei confronti del clinico torinese, sono state espresse da tutto il personale sanitario brianzolo dopo anni di intensa collaborazione, condividendo impegni e sacrifici con il comune fine di curare e salvare vite umane. In particolare medici specialisti e infermieri della Rianimazione e Terapia Intensiva, messi a dura prova dalla pandemia di SARS-Cov-2 in un continuo alternarsi al capezzale dei pazienti e quando possibile a colloquio con i loro famigliari: tra terapie spesso invasive e crisi di spossatezza ma mai di scoramento sorretti dalla dedizione al paziente, pur non priva di sacrifici e rischi anche per la propria incolumità, e questo, al di sopra di se stessi… Una targa, data 13 maggio 2020, è stata esposta all’ingresso del reparto con la scritta dallo spirito profondamente cristiano: “Terapia Intensiva dedicata a Davide Cordero, un medico, un fratello, un uomo d’altri tempi che ha fatto della sua vita un dono per gli altri e che oggi ha reso a Dio il suo cuore”. Parole semplici ma accorate come si conviene in queste circostanze, dettate da quella spontaneità che ingloba i sentimenti di collaborazione e fratellanza tra colleghi nell’immane impegno che va oltre questa “sofferta” ma indispensabile specialità, messa a dura prova dalle particolari caratteristiche di questa pandemia. Non meno accorato il saluto espresso dalla Direzione Generale del nosocomio lombardo, del quale cito alcuni passi: «… ci ha lasciati un uomo giusto, un uomo buono, una persona dal carattere dolce e dai modi gentili, un uomo garbato, sempre disponibile ad aiutare gli altri, un uomo capace di tendere la mano; un eccellente medico che ha fatto della sua professione non solo un lavoro m anche una missione… Non abbiamo vinto questa partita ma quest’uomo ci ha lasciato un ricordo di sé che porteremo nel nostro cuore per sempre, e lo custodiremo tra gli affetti veri, quelli che sanno di buono, quelli che vanno custoditi nello scrigno delle nostre profonde emozioni, quelle emozioni che rendono la vita ricca di valori e consentono all’uomo perfino di provare la “gioia del dolore”. Ma noi quest’uomo vogliamo averlo accanto per il tempo che verrà ricordandolo nei suoi valori più profondi e nei suoi gesti di generosità e altruismo».

In circostanze come queste le espressioni di vicinanza  non mancano anche di una garbata forma di “personalismo”, arricchito da una vena poetico-nostalgica come si evince da questo testo dedicato al dottor Cordero, a firma del suo Direttore e dei suoi Colleghi.

«Caro Davide, l’anestesista è colui che protegge dalla malattia attraverso il sogno, rende vera la speranza della guarigione, rende lieve la sofferenza. Ti sei affacciato dove la terra e il cielo si toccano e sei andato a render lieve l’Universo. Non siamo riusciti a tenerti con noi. Ci abbiamo provato fino in fondo, senza certezze ma con infinito affetto e tante aspettative. Si dice che l’Universo sia in parte ordine matematico, in parte ordine casuale e in parte caos. Caos è quello che noi siamo stati in grado di percepire, di comprendere, caos è stata questa malattia che non abbiamo capito. Caos sono gli eventi che ti travolgono e non ne afferri il senso. Anche le foglie cadono seguendo le stesse leggi della gravità di Newton. Ma dove cadrà la mela è prevedibile, le foglie no.  Se si alza un vento forte sarà il caos. Non siamo stati in grado di governarlo quel vento. Forte e impetuoso ha travolto la nostra ignoranza. Sappi perdonare, Davide. Perdonare il fallimento. Ricordo quando ci siamo conosciuti, tanti e tanti anni sono passati. Era primavera, forse già estate. Faceva caldo e tutto era in fiore. Era ancora il tempo dei progetti. Per te una nuova vita, nuovi colleghi. Colleghi che ti hanno tutti voluto bene: medici, infermieri, ausiliari. E il bene non è mai scontato. Ce lo dobbiamo meritare il bene. Sei stato un bravo anestesista, colto e preparato. Serio, non incline al compromesso. Uomo dal viso e dall’animo gentile. Abbiamo avuto il privilegio di averti compagno di strada, viandante per le strade difficili della Medicina e della Rianimazione. Sappi aiutarci a percorrere ancora quelle strade con l’onestà della cultura e con la persuasione di continuare ad aiutare chi soffre. Il tuo direttore, i tuoi colleghi che ti hanno voluto bene».

Di fronte a queste attestazioni che non hanno nulla di retorica, sono di indubbia interpretazione in quanto testimonianza di un vissuto intenso e costante nel tempo, proprio come quelle dei colleghi dell’ospedale di Rivoli (nel Torinese, afferente all’Asl To3 diretta da Flavio Boraso), dove il dottor Cordero aveva dedicato gran parte dei suoi primi anni di attività, compresa quella dell’Elisoccorso sin dal suo esordio, che anch’essi gli hanno voluto dedicare una lapide ad imperituro ricordo del suo operato. La presentazione, avvenuta all’interno dell’ospedale il 12 settembre scorso, è stata caratterizzata da una intensa partecipazione di colleghi medici, infermieri, famgliari del medico e semplici cittadini, in cui il massimo coinvolgimento emotivo e quel sentito “dovere” di far rivivere la figura umana e professionale, hanno fatto da contorno al testo della lapide che recita: “In memoria di Davide Cordero, medico anstesista-rianimatore, amico e collega e maestro, caduto nell’adempimento del dovere durante la pandemia di Covid-19, esempio per tutti noi”. La lapide, che è stata posta all’ingresso del reparto di Rianimazione (oggi diretto dal dott. Michele Grio), e un breve filmato rievocativo ha sottolineato i passi più toccanti, come anche quelli della famiglia con i figli (Chiara, Francesca, Paolo e Lorenzo), e delle tante persone che hanno lavorato con lui. Particolarmente sentite le parole della figlia Chiara: «Oggi, più che mai, questo riconoscimento a papà dimostra che alla lunga premia l’essere al posto dell’apparire: il saper fare al posto dei grandi proclami, alla fine vuoti o dati ai quattro venti. Questa targa, per noi, è simbolo di ciò che papà ha lasciato lavorando sodo, con passione, con rispetto per gli altri e con una dedizione assoluta ai suoi pazienti, cosa che ha sempre reso noi e la sua famiglia orgogliosi di lui; e oggi più che mai! E grazie a nome di papà, che sicuramente da lassù sta sorridendo a vederci qui riuniti, a riconoscere quei pregi che in vita ha dimostrato di avere, nel silenzio, nel lavoro a testa bassa, con le maniche rimboccate. Al di là di tutto, al di là di tutti».

Nella seconda foto la Rianimazione del Policlinico di Monza, in quella successiva alcuni sanitari della Rianimazione e dirigenti dell’ospedale di Rivoli, insieme ai famigliari del medico scomparso.

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