IL VASTO MONDO DEI NUMERI TRA DELIRIO E UTILITÀ

Ogni giorno siamo sommersi da cifre interminabili unitamente a sigle ed acronimi. La loro lettura, interpretazione e applicazione velocizzano la ricezione e l’utilizzo dei prodotti, ma al tempo stesso ne condizionano la nostra esistenza. Capostipiti calendari e orari che scandiscono il tempo della nostra esistenza.

di Ernesto Bodini (giornalista e opinionista)

Nonostante il progresso, o forse proprio per il progresso, l’umanità è destinata a continue evoluzioni (in bene e in male), tali da condizionare non poco la nostra esistenza. Tra queste sarebbe utile mettere in discussione numeri e sigle (più o meno criptiche) la cui interpretazione-applicazione, a volte, è un ginepraio in cui ci si smarrisce assai facilmente, per non parlare poi delle conseguenze per un numero (composto da una o più cifre) o una lettera mal scritti o mal interpretati. La serie di numeri che ci coinvolge ogni giorno è davvero impressionante, a cominciare dai codici a barre, un codice di identificazione costituito da un insieme di elementi grafici a contrasto elevato destinati alla lettura per mezzo di un sensore a scansione e decodificati per restituire l’informazione in essi contenuta. Tale sviluppo è da attribuirsi a Norman Joseph Woodland e Bernard Silver, studenti di Ingegneria all’Università Drexel di Filadelfia (Pennsylvania), e l’idea nacque dopo aver ascoltato le esigenze di automatizzare le operazioni di cassa da parte del presidente di un’azienda del settore alimentare. Tralasciando i vari aspetti tecnici, tali codici sono oggi applicati su una infinità di prodotti (soprattutto di carattere commerciale) la cui lettura ottica a sensori, consente la loro immediata identificazione comprendenti l’identità e le varie caratteristiche di un prodotto: origine, consistenza, data, peso, valore, etc. Indubbiamente ciò ha contribuito alla velocizzazione dei sistemi facendo risparmiare tempo al distributore di servizi e al consumatore. E questo vale anche per molte pratiche amministrative sia in ambito pubblico che privato, ma ciò nonostante a volte si verificano errori di lettura e/o di trasmissione dati tali da interrompere o annullare il processo di acquisizione. Ma a parte i codici a barre, in moltissime altre occasioni abbiamo a che fare con i numeri, per esempio, relativi a codice fiscale (personale, aziendale o di altre fonti), alla sequenza dei dati anagrafici, ai vari pass e pin delle carte di credito, cassette di sicurezza, conti correnti bancari e/o postali, ai contratti assicurativi e di altra natura, come pure tutto ciò che riguarda l’accesso al proprio PC, ai numeri di serie delle chiavi di casa e della propria automobile (numeri del telaio, della targa, e quelli evidenziati nel cruscotto), e non per ultimi ai numeri telefonici privati e di pubblica utilità, telecomando per la televisione o altro strumento informatico; come pure imperversano i numeri dei giochi a premi (cabala, enalotto, schedine, etc.), il conteggio del denaro (le cui banconote comprendono serie di numeri e sigle), e tanto altro ancora. Tutte queste “numeriche funzioni” sono per certi versi la nostra ossessione, sia per quanto riguarda la numerazione e trascrizione per il nostro archivio sia per l’impegno di tutelarne la riservatezza. Ma dal punto vista psicologico quali possono essere i possibili effetti? Giacché la mente umana è oberata di tanti pensieri e preoccupazioni, l’aver a che fare con una interminabile serie di numeri e sigle e, pur non atteggiandomi a psicologo che non sono, come opinionista di eventi sociali mi limito ad ipotizzare che in certi soggetti si può manifestare confusione e conseguente errata gestione dei numeri che sono da ricordare per il loro uso e applicazione. Mi riferisco in particolare alle persone anziane e a tutti coloro che hanno difficoltà a memorizzare e a mantenere in un certo ordine le proprie cose.

Di questo passo si va incontro ad un continuo incremento di quello che si può definire una sorta di un infinito “alfabeto numerico”, tale da rendere l’uomo psicologicamente “robotizzato”, con effetti di spersonalizzazione e, un esempio classico, è dato dalla telefonia preregistrata attraverso la quale una voce metallica (del tutto impersonale) comunica senza sosta, mentre la voce umana chiamante resta in ascolto per digitare un cifra dietro l’altra… senza il conforto di disquisire, comprendere, ottenere una prestazione e men che meno il rispetto della propria dignità. È evidente che il progresso è in simbiosi con il regresso. Ed è così che la nostra povera mente umana diventa “schiava” a causa di quei numeri, che in qualche modo rievocano le materie di artitmetica e matematica acquisite a scuola, ma che nulla potrà ridarci quella serenità di cui avremmo bisogno, tanto che sono anche oggetto dei nostri sogni (ulteriori ossessione e disturbo) per buona pace degli psicoanalisti e psicoterapeuti, Sigmund Freud in primis. Per fortuna l’Uomo non è un numero come spesso si tende a ritenerlo, ma la sua prsesenza sulla Terra determina inevitabilmente un numero in continua evoluzione, sia per il suo moltiplicarsi sia quale autore della produzione di numeri, a cui si aggiungano infiniti episodi di superstizione come i classici “venerdì 17”, “la paura fa 90”, “il 13 maledetto” (chi teme questo numero è affetto dalla cosiddetta triscaidecafobia), e molti altri ancora che acquisiscono consistenza a seconda dell’interpretazione dei vari Paesi. Insomma, schiavi dei numeri? Forse, ma sta a noi nel non farci imprigionare…, anche perchè, come diceva Albert Einstein (1879-1955): «Non tutto ciò che può essere contato conta e non tutto ciò che conta può essere contato».

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