IL TRATTAMENTO DELL’ERNIA INGUINALE IN TUTTE LE SUE FORME

di Ernesto Bodini (giornalista scientifico)

 

Solitamente le pubblicazioni di carattere scientifico meritano uno spazio “specifico” proprio perché rivolte agli addetti ai lavori. Ma non è poi così scontato perché vi sono lavori tecnico-scientifici che possono essere compresi anche dal lettore comune, sia perché hanno riferimenti storici sia per l’utilità delle nozioni in essi riportate. Tra questi, a mio avviso, il recente lavoro “Ernia inguinale, crurale e ombelicale – Cura mininvasiva hi-tech in day surgery” di Tommaso Lubrano (Ed. Minerva Medica, pagg. 88), responsabile della Day Surgery all’ospedale Molinette della Città della Salute e della Scienza di Torino, particolarmente dedito al trattamento delle ernie in tutte le loro complessità. L’opera, sia pur contenuta nel numero delle pagine, è ricca di spunti a cominciare dalle presentazioni di noti clinici proff. Giampiero Campanelli, Paolo Negro e Francesco Corcione, richiamando alla memoria del pavese dottor Edoardo Bassini (1844-1924) che ha introdotto una “particolare” e innovativa metodica nel trattamento chirurgico dell’ernia inguinale, tanto da essere definita “Plastica secondo Bassini”; intervento prevedeva una “originale” ricostruzione a strati sovrapposti della parte inguinale in seguito alla asportazione del sacco erniario. Sino a quel momento tale riduzione chirurgica dell’ernia era di difficile soluzione in quanto quasi regolarmente il paziente andava incontro a recidive, difficoltà che il Bassini cercò di superare con la ricomposizione della parte inguinale i cui esisti trovarono riscontro nella casistica di 42 interventi perfettamente riusciti, e comunicati al congresso della Società Italiana di Chirurgia tenutosi a Genova nel 1887, tanto che il suo metodo divenne un classico fondando il principio di porre la porzione anatomica ammalata nelle condizioni proprie dello stato sano. Questo principio fu da lui posto non solo in relazione a quell’infermità così comune allora (come oggi, ndr), ma come insegnamento generale tant’é che il principio della “ricostruzione” a strati delle ferite o delle parti sul tipo della struttura fisiologica”, costituisce tuttora il cardine della tecnica operatoria che ha poi permesso di risolvere altri numerosi problemi di chirurgia.

 

Ecco che la monografia molto descrittiva e completata da numerose illustrazioni, foto e disegni, dell’autore torinese (nella foto), non solo ricalca le orme del dott. Bassini, ma ne completa in modo esauriente sia la descrizione delle varie tecniche che le impostazioni manageriali e preparatorie dei pazienti candidati a questi tipi di intervento. Molti i vari capitoli, sia pur nella loro sintesi (ma esaustiva) a cominciare dalla selezione delle patologie chirurgiche, della struttura e organizzazione di operatività e del personale; per poi soffermarsi sulla chirurgia ambulatoriale complessa e sulla degenza breve nell’anziano. Ma non meno importanti gli aspetti dedicati al management preoperatorio, intra e postoperatorio per una buona gestione del paziente. Ma cosa si intende per ernia inguinale? «Le ernie inguinali – spiega il dott. Lubrano – sono causate da una debolezza della fascia trasversale dell’addome… Attraverso l’anello inguinale interno il sacco erniario nell’uomo penetra nel canale inguinale all’interno del funicolo spermatico, avvolto insieme agli elementi del funicolo della fascia spermatica dalla fascia spermatica espansione alla fascia trasversale… Nella donna il sacco dell’anello inguinale segue il legamento rotondo lungo il tragitto inguinale». Un più esteso capitolo è dedicato alla descrizione dell’ernia inguinale crurale recidiva, ove quando l’ernia si ripresenta dopo un precedente intervento chirurgico di plastica erniaria con una frequenza dallo 0,2% al 17%; inoltre l’autore non manca di evidenziare una buona sintesi della chirurgia erniaria laparoscopica, tecnica che consente di riparare il difetto di parete agendo direttamente sul sacco erniario e il suo contenuto dall’interno, attraverso una via sicura, senza tessuto cicatriziale. Per quanto riguarda la robotica, sempre più attuata nelle sale operatorie dei maggiori ospedali, c’é oggi la tendenza ad essere utilizzata anche per il trattamento delle patologie addominali di “minor impegno ed invasività”. «Sul piano pratico – spiega l’autore – l’uso regolare del “Da Vinci” (questo il nome del robot chirurgico, nda) consentirebbe di visualizzare e comprendere correttamente l’intera regione inguinale-crurale meglio identificata anatomicamente con l’orificio mio-pettineo Fruchaud (la più frequente sede di ernie della parete addominale anteriore, per la debolezza di quest’ultima dovuta all’assenza di muscoli e aponeurosi, nda) , e la completa ergonomia, unitamente alla totale sicurezza dei gesti chirurgici, si tradurrebbe secondo i suoi fautori in una maggiore precisione nell’esecuzione dell’intervento». Un capitolo conclusivo riguarda la novità in chirurgia riparativa, che pone in evidenza i limiti dell’intrusione di sostanze sintetiche (e relativi materiali protesici) come filosofia del cosiddetto minimalismo protesico che, secondo il dott. Lubrano, potrebbe trovare sicuri riscontri come sostenibile innovazione. Se la tecnica di Bassini ha posto le basi per questo tipo di intervento, con il trascorrere dei decenni l’acquisizione e l’esperienza, supportata anche dalla tecnologia (hy-tech), ha reso possibili migliori risposte risolutive: dalla minor invasività al controllo del dolore, come pure la totale remissione della patologia completata da un adeguato recupero funzionale.

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