IL RISPETTO DEI DIRITTI UMANI: UN TRAGUARDO ANCORA LONTANO
Il benessere totale comune è sempre stato un’utopia, e purtroppo non c’è politica in grado di garantire quanto di meglio si potrebbe concretizzare.
di Ernesto Bodini (giornalista e opinionista)
Non passa giorno che in ogni parte del mondo non siano lese dignità e vita umana. Questa costante non è certo una novità, ma ogni volta è bene rammentare la nota Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, istituita dall’Onu nel 1948 come simbolo della volontà dei popoli e dei governi per impedire che le atrocità non si ripetessero (lo spunto è riferito all’ultimo conflitto mondiale). Ma non solo. La visione ingloba, accanto ai diritti civili e politici, la persona umana nella sua completezza permettendo così a ciascuno il pieno sviluppo della propria personalità. È quindi auspicabile tanto allora quanto oggi, la creazione di un mondo in cui tutti siano liberi dalla paura e dalla miseria, affinché ognuno possa pensare, vivere ed esprimersi liberamente. Affermare che tutti gli uomini sono liberi ed eguali è fin troppo scontato, ma ciò continua a non sussistere “contravvenendo” a quanto si proclama affermando che l’uomo nasce libero ed eguale per dignità e diritti; mentre nella realtà quotidiana in molti Paesi persistono atti di tortura, trattamenti crudeli e disumani, privazione della libertà (schiavitù e varie forme di oppressione). Tali eventi non hanno fine e ogni volta riempiamo le pagine della cronaca per descrivere questo o quell’evento lesivo alla persona. Ma l’elenco dei diritti umani è interminabile e variegato, tant’è che anche nei Paesi “più cruenti” come quelli orientali, come pure nella nostra Europa considerata più moderna e… civile, non sono privi di esempi di nefandezze ed ogni lesione d’ogni sorta, come ad esempio l’ormai annuale conflitto bellico tra Russia e Ucraina. Ad ogni persona spettano determinati diritti semplicemente per il fatto che siamo esseri umani. Sono “diritti” per il fatto che sono azioni che ci è permesso essere, fare o avere. Questi diritti esistono per proteggerci da persone che potrebbero volerci danneggiare o ferire. Esistono anche per aiutarci a progredire assieme alle altre persone e vivere in pace. Credo che valga la pena ricordarli, sia pur sinteticamente, affinché nessuno possa dire di non esserne a conoscenza. Sono 30 quelli compresi nella Dichiarazione dell’Onu il cui scopo, come è noto, è quello di portare la pace in tutte le nazioni del mondo, per i quali una apposita Commissione coordinata da Anna Eleanor Roosevelt 1884-1962 (moglie del presidente USA Franklin D. Roosevelt (1882-1945), scrisse un documento speciale che dichiara-va i diritti che chiunque in ogni parte del mondo dovrebbe avere. Ecco in breve e in versione divulgativa quali sono.
Siamo tutti liberi ed eguali – Non discriminare – Il diritto alla vita – Nessuna schiavitù, passata o presente – Nessuna tortura – Abbiamo tutti lo stesso diritto di usare la legge – Siamo tutti protetti dalla legge – Trattamento equo con tribunali equi – Nessuna detenzione ingiusta – Il diritto al giudizio – Innocente finché dimostrato colpevole – Il diritto alla privacy – Libertà di movimemnto – Il diritto di asilo – Il diritto alla nazionalità – Matrimonio e famiglia – Ciò che ci appartiene – Libertà di pensiero – Libertà di dire ciò che vogliamo – Incontrare le persone che desideriamo – Il diritto alla democrazia – Il diritto alla sicurezza sociale – I diritti dei lavoratori – Il diritto di giocare – Un letto e del cibo – Il diritto all’istruzione – Cultura e diritti d’autore – Un mondo libero e giusto – Le nostre responsabilità – Nessuno può toglierci questi diritti e libertà.
Ma il rispetto anche dei “più elementari” diritti (diritto al lavoro, alla casa, alla tutela della salute, all’istruzione, etc.) sono in gran parte irrisolti sia perché il rispetto degli stessi è in parte subordinato da una congèrie politica, e sia perché (a mio avviso) il troppo benessere e la troppa libertà hanno contribuito a creare dicotomie tra le popolazioni. In tempi relativamente più recenti, è bene ricordare uno degli esempi di grande azione civile umanitaria, ossia nel 1865 il celebre 13º emendamento sanciva l’abolizione della schiavitù in tutta l’Unione americana per volere del presidente Abramo Lincoln (1809-1865), e anche della resa definitiva degli stati abolizionisti, nonché quello della morte dello stesso Lincoln. Il successo dell’Unione, guidata da un presidente divenuto uno dei “miti americani”, rappresenta una tappa importantissima nella storia degli Stati Uniti, che acquisiscono così una dimensione e un’identità davvero unitaria e “nazionale”. Ma purtroppo anche negli Stati Uniti le violazioni dei diritti umani sono quasi quotidiane, e ciò significa che il “sacrificio” del XVI presidente americano per molti risultano vano… Allargando il nostro orizzonte credo che siano pochissimi i Paesi al mondo in cui esiste il massimo rispetto dei diritti umani, e forse non c’è da stupirsi se consideriamo che l’esistenza dell’umanità non è mai stata priva di irrazionalità e incongruenze. È perché siamo tutti “figli del peccato originale”? Forse, per chi ci crede, ma sta di fatto che è utopia pensare che l’umanità (per una ragione o per l’altra) si ravveda in toto. In ogni caso è dovere di ognuno attivarsi con esempi di rispetto e bontà, e porre freno ad ogni azione disumana da parte di chi è preposto a condurre le sorti del proprio Paese. Per limitare questa escalation è necessaria una maggiore coercizione nei confronti di chiunque lede la dignità e la vita altrui, e non lasciare troppo spazio a quel garantismo sbandierato come conquista sociale… Ma restando in casa Europa, c’è ancora molto da fare e a mio parere i politici dei vari Paesi si inseguono a vicenda lamentando essi stessi questi problemi che, per quanto propositivi, parlano troppo, sono sempre in giro e ben poco concretizzano. «Purtroppo – come sosteneva il filosofo e giurista francese Charles-Louis de Secondat, Barone di Montesquieu (1689-1755) – non c’è tirannia peggiore di quella esercitata all’ombra della legge e sotto il calore della giustizia».
A questo riguardo sono sempre stato convinto che il pragmatismo non è una caratteristica del politico, sia pur considerando alcune eccezioni; si veda ad esempio il problema della immigrazione: un continuo confrontarsi e affannarsi, e non ci si rende conto che l’Italia non è il contenitore dell’Africa, come non lo è nemmeno l’Europa, e quello che sta avvenendo è l’effetto delle scatole cinesi: il grosso piede africano non può entrare nel minuscolo stivale italiano, come nemmeno nella media calzatura europea! Ma per affrontare questi problemi quanto bisogna essere istruiti, acculturati o specializzati, se non anche politicizzati? Ogni Paese io credo che vanti una propria pletora di esperti, ma passano gli anni e determinati problemi non si risolvono mai, e intanto molti esseri umani soffrono e muoiono per mano di chi non si riesce (e in taluni casi non si vuole) frenare; forse perché è questo il destino dell’Umanità nonostante i non pochi esempi di solidarietà sociale sparsi un po’ ovunque. Si è voluta un’Europa unita ma in realtà, anche se c’è stato qualche passo avanti come la realizzazione de’ “La Carta Sociale Europea” (1981) e le “Schede Europee per la Comunità Europea e i Diritti dell’Uomo” (1989); suggerimenti e indicazioni rivisti e aggiornati nel corso degli anni, in cui si sono succeduti eminenti esperti tecnici e politici, ma anche queste pubblicazioni sono imparentate con la nostra Carta costituzionale: dotte teorie, ma sconfortanti dal punto di vista della applicazione. E la mia chiosa è la seguente: «Ogni Costituzione democratica è un mezzo per impedire che singoli governanti cedano alle tentazioni, oltremodo pericolose, che nascono quando troppo potere si concentra in troppe mani».