IL PREZZO DELLA VITA PRIVATA O ISTITUZIONALE A CONFRONTO

Quesiti allo specchio il cui riflesso implica il richiamo dell’etica per  scelte impegnative: se tutelare o meno una vita pubblica con il sacrificio di altre

di Ernesto Bodini (giornalista e opinionista)

Quanto vale la vita di una persona? E, in particolare, vale di più la vita di un comune essere umano, quella di un volontario operante in zone a rischio, o quella di un politico in quanto minacciato dalla malavita e messo sotto scorta? Quesiti che sicuramente ci siamo posti un po’ tutti (forse) almeno una volta, ma non è dato sapere una od eventualmente più risposte per capire dove sta il limite del maggior o minor valore. In molti Paesi del mondo oltre ad alcuni vip (che personalmente se lo possono permettere), sono messi sotto protezione qualche scrittore, diversi giornalisti ed alcuni politici in quanto minacciati (da destra o da sinistra) per lo più, io credo, da esaltati e quindi non attendibili malavitosi… In questi ultimi giorni, ad esempio, in Italia al vice ministro della Salute, al presidente della Regione Lombardia e al ministro dell’Istruzione è stata garantita la scorta a titolo di protezione personale, un provvedimento che come altri nel passato implica un costo economico ma soprattutto un ulteriore rischio della vita di chi è deputato a difendere i designati. Personalmente (dopo aver riflettuto molte volte) non sono molto d’accordo sull’investire denaro e in particolare altre vite umane a tutela di chi ha scelto di ricoprire un ruolo pubblico: nessuno è obbligato a rivestire tale ruolo e quindi quando una scelta è spontanea non deve venire meno il “coraggio” di svolgere il ruolo cui è designato; come pure per lo scrittore che sceglie di pubblicare una certa opera (chissà con quale spirito di particolare interesse sociale, se non invece per ragioni di mero edonismo, ovviamente in sintonia con l’editore dai risvolti commerciali) non vedo perché lo si debba tutelare a spese della collettività sapendo a priori che ciò avrebbe suscitato qualche avversione. Semmai dovrebbero essere incrementati l’impegno e gli investimenti per prevenire e combattere la criminalità, minore o maggiore che sia, a cominciare con l’adeguare mezzi e stipendi per i tutori dell’Ordine, includendo una drastica razionalizzazione della libera vendita delle armi, oltre a rivedere i vari Codici di Legge che purtroppo non garantiscono la certezza della pena. (Eventuali fondi si potrebbero reperire dai proventi della corruzione, evasione fiscale e sprechi a causa della burocrazia per un totale di almeno 400 miliardi di euro, se non di più). A questo riguardo più volte ho scritto che la Riforma del Codice di Procedura Penale è stata definita da un luminare giurista una “riforma tradita” e, stando così le cose, ossia dal 1989 ad oggi, il nostro sistema giudiziario, con le continue “baruffe” tra magistrati, il malaffare dei disonesti e dei malavitosi avranno sempre più spazio tanto che della cronaca nera e giudiziaria ne sono piene le pagine (per non parlare poi dei detenuti innocenti). Per contro ben poco si fa per tutelare la popolazione inerme: cittadino comune, commerciante o imprenditore che ogni giorno sono (anzi, siamo) potenzialmente a rischio di aggressioni, rapine, ricatti, minacce, stalking, etc. Quindi, di noi ultimi cittadini “non in luce”, quanto vale la nostra libertà di condurre un’esistenza serena e quindi anche la nostra stessa vita? La vita è sacra e quindi un bene prezioso e inviolabile per tutti, indipendentemente dal ruolo professionale e sociale che si è destinati a svolgere e, per queste ragioni, resta da approfondire il concetto etico della stessa il quale, a mio modesto avviso, non dovrebbe lasciare spazio a differenze se non per rarissimi casi che devono individuarsi di volta in volta con lo scrupolo dell’etica e non della ragione istituzionale e/o potere politico.

Un pensiero di particolare stima lo esprimo per quelle rare figure istituzionali che hanno rifiutato gli uomini di scorta per non mettere a repentaglio la vita degli stessi, una scelta-decisione dettata non tanto dal coraggio ma da quel senso etico che è il rispetto per la vita del prossimo! Analogo pensiero di stima lo esprimo per quei missionari che per scelta dedicano la loro esistenza con l’impegno di soccorrere le popolazioni più diseredate e indifese, considerando che nel passato alcuni di loro hanno perso la vita nello svolgimento della loro azione umanitaria e cristiana; dei quali, peraltro, si parla raramente forse perché non sono  figure istituzionali… Non ultimo il mio pensiero va a quei giornalisti che, pur non tutelati (qualunque sia la ragione) rischiano la vita sul campo per farci conoscere i fatti che avvengono nel mondo e ogni altra utile informazione. Io non sono che un umile e libero giornalista scientifico e biografo impegnato nell’ambito del sociale da oltre sei lustri, e pur non essendo “a rischio vita”, idealmente e moralmente è come se lo fossi per via della responsabilità etica che ho nel divulgare informazioni talvolta particolarmente delicate… Un impegno totalmente volontario e indipendente (“Ubi libertas, ibi patria”), e mai vorrei che un mio simile, per un qualunque motivo rischiasse la propria vita per me. Certo, ciò non accadrà mai, e sono cosciente di aver azzardato con queste mie convinzioni, ma sono sempre stato un garantista per tutto, e per tutti, sino a prova contraria poiché ritengo che la fede e il coraggio del proprio essere sono le nostre armi a tutela della propria vita; una vita che nessun Stato politico potrà mai difendere, tant’è che la storia ci rammenta che uomini di valore hanno perso la vita… nonostante la scorta loro assegnata e, in taluni casi, anche i loro componenti che forse non avrebbero mai voluto coinvolgere anche se loro imposti. Mi si perdoni questo “ardire” ma dopo tanto riflettere, penso anche che nulla può far danno a un uomo buono, né in vita né dopo la morte.

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