Il gioco nel Medioevo: giostre e baratterie a Firenze e nelle città toscane

Il gioco in ogni sua forma ha sempre affascinato l’uomo, sin dall’antichità quando i primi rudimentali passatempi si facevano spazio tra le diverse attività quotidiane. Col passare dei secoli, le forme di svago si sono evolute e arricchite di tante soluzioni, trovando in epoche diverse contesti più o meno adatti alla loro diffusione: nel Medioevo, in particolare, Firenze e le altre città toscane sono state il terreno fertile per tante iniziative che hanno dato vita a tipologie ludiche ancora in voga e che tuttora vengono ricordate sul territorio. 

Il gioco nelle città medievali

A differenza di quanto si pensi, il Medioevo è stato tutt’altro che un periodo buio e povero di divertimenti, anzi proprio in quest’epoca i momenti di svago hanno rappresentato un’importante occasione di condivisione e socializzazione, non sempre vista di buon occhio dalle alte sfere ecclesiastiche ma tutto sommato non ostacolata dal tutto.

Nella società medievale toscana, ma anche nel resto d’Italia, erano infatti frequenti eventi mondani che chiamavano a raccolta intere città con lo scopo di regalare momenti di divertimento e serenità ai cittadini: pensiamo, per esempio, alle tradizionali giostre e ai tornei basati su sfide tra cavalieri a colpi di armi finte.

Accanto a questa tipologia di ludi aperti al pubblico trovavano però spazio anche altre tipologie di giochi, come quelli praticati con carte, dadi e pedine, del tutto simili a quelli che ancora oggi conosciamo, non vietati ma soggetti alle prime forme di regolamentazione.

La regolamentazione dei giochi a Firenze e in Toscana

Il gioco, come detto, era ampiamente diffuso nelle città toscane sia tra i ceti nobiliari che tra il popolo e per questo, nonostante le organizzazioni religiose lo considerassero contrario al volere divino, risultava difficile adottare leggi che ne vietassero completamente la pratica. Per trovare un compromesso che riuscisse ad accontentare un po’ tutti, si pensò dunque di regolamentare le diverse forme di gioco creando appositi spazi in cui ritrovarsi per divertirsi insieme evitando che ciò avvenisse in casa o nelle taverne: questi luoghi presero il nome di baratterie.

L’idea di aprire le baratterie risale al 1300 circa quando, data la grande passione per il gioco che coinvolgeva persone provenienti da ogni ceto sociale, si pensò da un lato di accontentare le autorità religiose proibendo queste pratiche nei luoghi pubblici e privati ma al tempo stesso di offrire un’alternativa agli amanti di questo tipo di passatempi, senza contare la possibilità per i Comuni di rimpinguare le proprie casse attraverso parte dei ricavi delle baratterie stesse.

In pratica si giunse alla creazione di spazi aperti al pubblico in cui, in maniera molto simile a quanto oggi accade nei vari casino d’Italia e del mondo, sia fisici che online, ciascuno poteva accedere ed effettuare puntate sui propri svaghi preferiti. Nelle baratterie era possibile trovare persone di ogni genere, dai giovani agli anziani, dai ricchi ai poveri, in uno spazio che finì per essere l’emblema di un modo di divertirsi condiviso da tutti.

Dadi, carte e non solo: quali erano i giochi praticati nelle baratterie

Le baratterie fiorentine e toscane offrivano un’ampia scelta di passatempi ludici, di cui molti ereditati dai secoli passati. Non è un caso, infatti, che tra i preferiti dagli amanti del gioco vi fossero i dadi, un grande classico che già in epoca romana appassionava il popolo pronto a scommettere denaro sull’uscita del numero più alto. In epoca medievale, peraltro, i dadi erano protagonisti anche di altri giochi come l’Azar, basato sul lancio di 3 dadi e su un preciso schema di punteggi sulla base del quale si determinava il vincitore, oppure la riffa.

Non meno apprezzati erano i giochi basati sull’uso di tavole e pedine, con le prime in genere caratterizzate da schemi suddivisi in più caselle, sulle quali ogni giocatore era chiamato a muovere le proprie pedine in base allo specifico regolamento. A questa categoria appartenevano, per esempio, il Doblet e il Fallas.

Fu invece sul finire del XIV secolo che arrivarono in Italia i primi mazzi di carte, che ben presto finirono per rimpiazzare i dadi in cima alle preferenze dei giocatori. Un po’ per l’effetto novità, un po’ per l’ampia varietà di possibilità offerte, le carte divennero uno degli svaghi più amati diffondendosi rapidamente nella società del tempo, per poi affermarsi con ancora maggiore forza nel Rinascimento, tra il XIV e il XV secolo, quando sia in Italia che nel resto d’Europa presero piede giochi ancora oggi protagonisti delle sale come il vingt-et-un, precursore del moderno blackjack.

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