I tanti modi per assassinare l’informazione

In questi ultimi tempi, il nostro giornale, come tutti i media e gran parte della gente comune, ha più volte affrontato il tema del diritto all’informazione. Si è detto – qui e altrove – che in Italia l’informazione non è libera, che la censura esiste e che anche se non è così rigida come nelle peggiori dittature, è comunque pericolosa in quanto sottile o, meglio, “strisciante”, come la definisce il nostro direttore Francesca Lippi. Tutto vero. Ma siamo sicuri che, nel nostro Paese, il problema dell’informazione sia la censura?

Saviano ha potuto pubblicare Gomorra e smascherare una squallida realtà (peraltro non del tutto ignota all’opinione pubblica), ma cosa è cambiato da allora, a parte il fatto che ora rischia la vita? La camorra continua ad esistere, anche se i numerosi arresti l’hanno parecchio indebolita; l’omertà regna ancora sovrana in molte zone d’Italia e addirittura c’è chi pensa che Saviano avrebbe dovuto farsi i fatti propri perché prima “si stava meglio” (i video con simili dichiarazioni li abbiamo visti in tanti); varie teste pensanti – soprattutto negli ambienti di destra – ritengono che questo giovane minacciato di morte per aver raccontato verità scomode non abbia alcun merito nella lotta contro la criminalità organizzata.

Tutti sanno che Berlusconi è stato ed è tuttora inquisito per svariati reati, tutti sanno che si fa le leggi per sé (ormai lo dice lui stesso, giustificandosi col fatto che deve pur garantirsi la possibilità di governare) e così via. Eppure, la maggioranza della popolazione lo vota ancora, vuoi perché ritiene giusto ciò che fa, vuoi perché al momento non esiste un’alternativa di governo credibile.

Guardiamo poi al Parlamento: gran parte dei suoi membri sono stati indagati e qualcuno pure condannato per vari reati gravi (corruzione, terrorismo …). Nonostante ciò, sono stati eletti. Li abbiamo votati.

Tutti sanno delle orride scoperte fatte dai Nas nei magazzini della Galbani, ma in quanti hanno smesso definitivamente di comprare quei prodotti?

Chi o, meglio, cosa sia Angelo Izzo è risaputo, eppure una donna – una che, in quanto giornalista, di sicuro è ben informata– è stata capace di innamorarsene.

La verità, almeno in parte, viene quasi sempre a galla. Certo,  a volte c’è chi paga con la vita perché essa trionfi, ma l’informazione trova sempre il modo di circolare.

Il problema è, piuttosto, che spesso le notizie – anche quelle pagate col sangue – non bastano a ingenerare i cambiamenti perché chi ne usufruisce le assorbe più o meno  passivamente.

Non solo, anche i giornalisti e tutti coloro che veicolano le informazioni tante volte sbagliano. Saremmo, infatti, arrivati a questo punto (ossia alla cosiddetta “legge bavaglio”) se la magistratura non avesse abusato delle intercettazioni e se avesse cercato di controllare le fughe di notizie, se non ci fossero redazioni che gestiscono in modo scriteriato le informazioni riservate, se non venissero pubblicati stralci di intercettazioni che riguardano fatti privati assolutamente slegati dalle indagini, se la stampa non avesse l’abitudine di sbattere anzitempo il mostro in prima pagina …?

Gli atteggiamenti fin qui descritti, tenuti da chi crea le notizie ma anche da chi le riceve (ricordiamoci, tra l’altro, che i media parlano soprattutto di ciò che la gente vuole sentire) uccidono  l’informazione esattamente come la censura.

Naturalmente, questa non è una riflessione a difesa di una legge che va ben oltre la legittima reazione a degli abusi, minando l’utilità di importanti strumenti di indagine e compromettendo la possibilità di fare onesta ed indipendente informazione: è, piuttosto, un invito ad accompagnare la battaglia per il diritto-dovere d’informazione con una sana autocritica.

Marcella Onnis

2 thoughts on “I tanti modi per assassinare l’informazione

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *