Gioco d’azzardo: non un vizio, ma una malattia

 

 

 

177.729.043 euro . Questa la cifra record assegnata nell’estrazione del superenalotto di Sabato 30 ottobre . Una cifra enorme , ma che diventa minuscola se confrontata alle somme di denaro investite ogni anno nel gioco d’azzardo in Italia . Numeri alla mano gli Italiani scommettono circa 500 euro all’anno nel gioco , equamente divisi tra lotterie , scommesse sportive e slot machine . D’altra parte il gioco è un argomento molto serio , e ci è parso doveroso aprire questa inchiesta , ascoltando il parere di un chi conosce realmente la materia : Il dottor Lorenzo Flori , esperto in Gestalt Counseling e Direttore dell’Istituto Formazione Professionale SIPsi ( Società Italiana di Psciologia e Pscichiatria ).

Dottor Flori , Per iniziare ci illustri le peculiarità del gioco d’azzardo.

 “Già dal 1980 l’Associazione degli Psichiatri Americani ha riconosciuto il gioco d’azzardo come una manifestazione di malattia mentale. Si tratta di una sindrome subdola, progressiva, che si manifesta senza che la persona ne prenda coscienza. E’ pressoché impossibile pretendere di individuare un giocatore d’azzardo patologico definendolo semplicemente dal suo aspetto fisico, dalla sua classe sociale, dall’ età oppure dal lavoro poiché colpisce indiscriminatamente uomini, donne, giovani, vecchi, ricchi e poveri. Lo scenario risulta ulteriormente variegato dal momento che  qualsiasi tipo di gioco d’azzardo può portare a questa dipendenza quindi non solo il poker o le macchinette o la roulette ma anche le corse dei cavalli e le scommesse di vario genere. Se dovessimo operare una prima generalizzazione probabilmente potremmo identificare “i giochi” che sembrano predisporre maggiormente a tale rischio e sono quelli che offrono maggiore vicinanza spazio-temporale tra scommessa e premio, quali le slot-machines e i giochi da casinò, ma anche i videopoker e il Bingo. Nella popolazione generale le  fasce più a rischio tra le donne sono rappresentate da casalinghe e da lavoratrici autonome tra i quaranta e i cinquant’anni mentre tra gli uomini da disoccupati o lavoratori autonomi che hanno un frequente contatto col denaro o con la vendita ed un’età intorno ai quarant’anni. Gli ultimi studi stanno dimostrando che questa patologia sembra essere strettamente correlata all’andamento della crisi economica in corso nel nostro Paese, tanto che vi è un aumento dei casi di dipendenza con il progressivo impoverimento della popolazione.  Altro aspetto pregnante di questa psicopatologia è rappresentato dalle sofferenze inenarrabili che procura sia a chi ne viene colpito sia al nucleo famigliare; rappresenta un terremoto che colpisce aree vitali dell’esistenza umana come  quella economica, personale, famigliare, relazionale, sociale e lavorativa. Questo si verifica perchè gli individui classificati come giocatori compulsivi si trovano cronicamente e progressivamente incapaci di resistere all’impulso di giocare. Le cause scatenanti posso essere molteplici ma generalmente le persone che tendono a sviluppare una dipendenza da sostanze o da determinati comportamenti lo fanno perché pensano di poter stare meglio attraverso il loro utilizzo. Infatti normalmente si assumono analgesici per alleviare i dolori così le persone bevono oppure prendono droghe di strada per soddisfare uno stato d’animo indesiderato. La verità è che quando si entra nel circuito della dipendenza, ad esempio per uscire da una routine, per non essere più tristi o per risolvere un problema emotivo, il sollievo è solo temporaneo. In seguito la persona si sente peggio di prima. Di conseguenza le persone che hanno condotte di abuso tendono a utilizzare la situazione che si viene a creare per “risolvere” sensazioni sgradite, dolori e stati emotivi perché pensano che questa condotta sia la cura. Tradizionalmente si ritiene che alla base della dipendenza da sostanze o da comportamenti vi sia un’alterazione dei meccanismi celebrali implicati nella gratificazione e nella motivazione che coinvolgono circuiti meso-cortico-limbici. Tali meccanismi sono regolati dall’interazione di diversi sistemi neurotrasmittitoriali tra i quali principalmente coinvolti sono il sistema dopaminergico che controlla la spinta motivazionale allo ricerca dello stimolo gratificante, e il sistema oppioide che media i processi di gratificazione derivati dal consumo della sostanza.”

 Quali cause spingono un numero sempre crescente di individui a tentare la strade del gioco?

“Sebbene non si possa rintracciare un unico fattore predisponente allo sviluppo di questa sindrome, sicuramente vi sono diversi elementi che interagendo fra di loro spiegano, almeno in parte, come l’individuo possa  ricercare un appagamento compulsivo attraverso una dipendenza. In questo caso il paradigma che si utilizza tiene in considerazione le interrelazioni tra diversi elementi rintracciabili nel modello Bio-Psico-Sociale. Per questo l’interazione di Aspetti Biologici, come, ad esempio, uno squilibrio nel funzionamento del sistema di neurotrasmettitori cerebrali atti a produrre serotonina, di Aspetti Psicologici connessi alla presenza di tratti di personalità di tipo dipendente e/o ossessivo; interagiscono con Aspetti Ambientali-Educativi. Tali aspetti sono rappresentati dall’educazione ricevuta, da situazioni problematiche presenti, da una tendenza a stimolare le possibilità di felicità unicamente legate al possesso del denaro o la presenza di difficoltà economiche. Quindi la dipendenza patologica risulta essere la somma di questa serie di fattori predisponenti bio-psico-sociali che, in presenza di uno stimolo scatenante, danno origine alla patologia compulsiva conclamata. Solo la concomitanza di questi fattori, e non solo, può spiegare l’insorgenza della malattia. Studi sistematici hanno anche dimostrato che uno solo dei fattori predisponenti non è un indice sufficiente allo sviluppo di questa sindrome. Allo stesso tempo nel momento in cui la malattia compare si manifesta con le caratteristiche tipiche di tutte le forme di dipendenza. Per questo sono presenti sintomi di assuefazione (il giocatore deve giocare sempre di più), di perdita di controllo (il giocatore non può evitare di giocare e di fermarsi quando inizia), di sindrome di astinenza (il giocatore sta male fisicamente e/o psichicamente se non gioca) craving (bisogno compulsivo di giocare). Tutti questi elementi permettono di differenziare il giocatore patologico da quello “normoide”. In definitiva il senso del gioco viene messo in parentesi e vengono a mancare le premesse indispensabili perché quell’attività sia un gioco come la libertà del soggetto, ormai schiavo della compulsione, delle regole di spazio e di tempo e della possibilità di uscire dal gioco quando lo desidera.”

Marco Maggiore

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