Generazione 883

Qualche lettore non gradisce il fatto che un giornale possa occuparsi di fatti privati, tuttavia noi andiamo avanti per la nostra strada. E non per arroganza, ma perché siamo convinti che parlare di un’esperienza o un evento personale possa servire a stemperare con la vicinanza umana la freddezza di questo mezzo di comunicazione, a regalare un’emozione, a strappare un sorriso e, possibilmente, a stimolare una riflessione.

Per questo io oggi voglio fare outing. Lo faccio a nome mio e di tutti coloro che si trovano nella mia stessa situazione ma non hanno il coraggio di uscire allo scoperto: io, anzi noi siamo la “Generazione 883”.

Siamo una quota dei nati a cavallo tra i mitici anni ’70 e gli “sberluccicanti” anni ’80.

Siamo quelli che nel 1992 hanno fortemente contribuito a portare al successo il singolo Hanno ucciso l’uomo ragno con cui gli 883 hanno fatto il loro ingresso nel mondo della musica (fatevi pure avanti voi che detestate Max Pezzali: siamo pronti ad assumerci le nostre responsabilità … anche perché, in vista della resa dei conti, ci siamo già procurati un avvocato).

Siamo quelli che, dopo quasi 20 anni, quella canzone saprebbero ancora cantarvela tutta a memoria, persino senza base.

Siamo quelli che sanno chi è Mauro Repetto … ma non sono granché preoccupati di sapere che fine abbia fatto.

Siamo quelli che ricordano che Paola e Chiara hanno cominciato la loro carriera musicale come coriste degli 883 … e che vorrebbero che avessero continuato a farlo.

Siamo quelli che, usciti dalla pubertà, hanno “dismesso” gli 883 ancora prima di Eros Ramazzotti.

Siamo quelli che, ascoltando Gli avvoltoi, hanno capito che i testi di Pezzali sono sicuramente sempliciotti ma spesso e volentieri “c’azzeccano”.

Siamo quelli che, nelle serate di karaoke casalingo, storcono il muso quando l’amico che non ha paura di confessare le sue debolezze dice “Cantiamo La regola dell’amico”  … e che poi la cantano tutta anche loro, impegnandosi addirittura a non sbagliare gli attacchi.

Siamo quelli che se, mentre sono soli in casa, la radio trasmette Nessun rimpianto la cantano a squarciagola con lo stesso pathos che usano per cantare, sempre quando nessuno li sente e li vede, le canzoni di Tiziano Ferro.

Siamo quelli che pensano che sì, “l’omino dagli occhi sgranati” ha una voce sgraziata, scrive canzonette, ha un modo discutibile di rispettare la metrica (e dovrebbe essere punito per abuso di accenti spostati e vocali allungate), ma in una cosa ha saputo superare i più grandi musicisti blues di tutti i tempi: nel descrivere perfettamente, con la sua Weekend, il senso di sconfitta che assale molti di noi la domenica sera, quando vediamo giungere al termine l’ennesimo fine settimana trascorso passivamente. Chi mai saprebbe o avrebbe saputo, infatti, usare parole più malinconiche di queste: “E sta per finire un altro weekend / se ne va coi gol in tele il weekend / così poi aspetteremo il weekend / convinti che sarà il più bello dei weekend”.

Siamo quelli che quando gli 883 cantavano Gli anni erano dei ragazzini spensierati, per i quali un trentenne era ormai un adulto. Eppure, sentendo quella canzone – complice forse la mesta melodia o il citare Happy Days, con cui anche loro erano cresciuti e di cui già sentivano la nostalgia– già allora provavano un vago senso di angoscia. E siamo quelli che oggi, giovani adulti tra i 30 e i 40 anni, hanno capito che quella è la loro canzone per aver vissuto da protagonisti questa scena: “una coppia che conosco ci avrà la mia età / come va / salutano / così io / vedo le fedi alle dita di due /che porco giuda potrei essere io qualche anno fa”.

Siamo quelli che, grazie a Gli anni, hanno capito che Max Pezzali racconta, con 10-15 anni di anticipo, quello che un giorno diventeranno anche loro e che, per non farsi trovare impreparati, hanno cominciato a studiarsi bene il testo di Il mio secondo tempo.

Siamo quelli che, malati di esterofilia, nel diario di scuola appuntavano le frasi di Jim Morrison (anche le più insulse come Se una mattina ti alzi e non vedi il sole, o sei morto o il sole sei tu) perché “faceva figo”, ma che se potessero tornare indietro, si appunterebbero piuttosto le sagge parole cantate dal nostrano Max ne “La dura legge del goal”:

Sull’amicizia e sulla lealtà
ci abbiam puntato pure l’anima
per noi chi l’ha fatto
chi per noi lo farà
Quanti in questi anni ci han deluso
quanti col sorriso dopo l’uso ci hanno buttato

[…]

“Noi abbiam capito tutto è un po’ come nel calcio”
E’ la dura legge del gol
gli altri segneranno però
che spettacolo quando giochiamo noi
non molliamo mai
Loro stanno chiusi ma
cosa importa chi vincerà
perché in fondo lo squadrone siamo noi
lo squadrone siamo noi


Marcella Onnis – redattrice

marcella.onnis@ilmiogiornale.org

2 thoughts on “Generazione 883

  1. Io adoravo gli 883 degli albori…. ora Pezzali è un po’”decadente”, ma tu hai saputo esaltare in toto il suo operato e far ricordare a noi tra i 30 e i 40 come eravamo spensierati quando cantavamo quelle canzoni… Brava Marcy!

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