Francesco Gallina racconta gli “Adepti della Chiesa del Metallo” (e i non adepti)

di Marcella Onnis

Il nuovo saggio del noto critico musicale analizza l’evoluzione del popolo del metal attraverso il suo rapporto con la società, di cui – in ogni tempo e in ogni luogo – subisce le tendenze conformandovisi o resistendovi.

Adepti della Chiesa del Metallo”: il titolo fa un po’ pensare a un libro scritto da un esaltato per un pubblico di fanatici, vero? Solo che un esaltato non possiede la lucidità di cui, ancora una volta, dà mostra Francesco Gallina. E un fanatico è sempre un individuo pericoloso per sé e per gli altri, cosa che – ci dimostra l’autore – non è la norma per un vero metallaro. Ciò che, invece, si può a ragione dire dell’ultima fatica del noto critico musicaleè che rivendica l’importanza e la potenza musicale, sociale e – sì, non è un’esagerazione – anche spirituale del metal. Né è un’esagerazione dire che – come lascia intuire il sottotitolo, “Riflessioni su ciò che siamo stati per capire ciò che siamo diventati” – questo è anche un saggio di valenza sociale e civica.

Ci troviamo, infatti, al cospetto di oltre 300 pagine contenenti articolate riflessioni, numerose e variegate citazioni, sorprendenti e talvolta poco incoraggianti testimonianze di musicisti, produttori e critici musicali, in cui il metal è sì tema portante ma è anche aggancio per considerazioni applicabili all’intero universo musicale quando non a tutta l’arte e/o ad altri aspetti della vita individuale e sociale. Un esempio è l’analisi che Gallina fa dell’impatto dello sviluppo tecnologico, che noi siamo inclini a demonizzare o mitizzare,come ormai ogni cosa del mondo, e che, invece, lui osserva in maniera piuttosto oggettiva ed equilibrata: «[…] non è il mezzo a essere responsabile dell’abbassamento della qualità media delle uscite [musicali], ma l’uso che se ne fa, quasi sempre superficiale e inconsapevole», per cui la via virtuosa da percorrere è «riuscire a combinare e bilanciare il corretto uso della tecnologia con l’attenzione per l’atto della creazione artistica».

Il libro è così ricco di argomenti, aneddoti e dati che, ogni tanto,si rischia l’effetto “ubriacatura”, tuttavia, questo è più che compensato dalla chiarezza dell’analisi del mercato musicale e della società odierna (di cui il primo è ben rappresentativo). Un’analisi piuttosto spietata ma non nichilista:è evidente che Francesco Gallina sia uno che continua a credere in ciò in cui ha sempre creduto, nella Musica come nell’Uomo, per cui, per quanto scoraggiato, non ha ancora perso la volontà di (provare a) cambiare le cose. Ecco perché l’attenta analisi delle storture del mercato musicale, in particolare, va a braccetto con proposte volte a raddrizzare queste storture. Per esempio, l’idea di archivi digitali pubblici che garantiscano la fruibilità dei contenuti artistici, non solo musicali, anche nei prossimi decenni, indipendentemente dal mezzo tecnologico utilizzato per fruirne. O, ancora, l’urgenza di «una riduzione del prezzo sia dei Cd che dei file da scaricare legalmente, partendo dalla rimodulazione dell’Iva e della ridistribuzione degli introiti, creando le condizioni affinché le proposte delle nuove leve non rivolte al facile soddisfacimento delle richieste del mercato trovino aiuti economici che le sostengano e vetrine importanti che li ospitino.»

Da segnalare anche i suoi consigli per gli aspiranti critici: «Quel che scriviamo in Rete […] può potenzialmente restarci a tempo indeterminato. Sicuramente per molti anni e con tutto ciò che questo comporta per chi firma lo scritto.»; nello scrivere una recensione «[…] l’ideale da perseguire (e sottolineo: l’ideale), dovrebbe essere la totale oggettivizzazione della propria opera, con l’esclusione del gusto personale. Almeno sul piano teorico […] L’esclusione completa del gusto personale non solo è materialmente impossibile all’atto pratico data la nostra appartenenza alla razza umana e non al mondo degli automi, ma non è nemmeno auspicabile. […] quello sguardo almeno un po’ personale su un Cd non solo non potrà mai essere realmente eliminato del tutto, ma deve essere calcolato per diventare ulteriore punto di forza di uno scritto che in ultima analisi deve comunque restare umano, aperto alla sorpresa e al godimento che l’arte può e deve regalarci e necessario per contenere l’ego del critico. […]».

Arsames

Come è giusto che sia, però, il fulcro è sempre il metal che –soprattutto a causa delle sue declinazioni black e death – viene, a ogni latitudine e in ogni epoca, considerato espressione del Demonio da fasce della popolazione più o meno ampie e potenti. E anche quando non è così totalmente frainteso viene tendenzialmente snobbato. È tanto misconosciuto che pure chi crede di non avere preconcetti nei suoi confronti può restare a bocca aperta scoprendo che il mondo del metal incuriosisce persino i ricercatori universitari. L’importanza di “Adepti della Chiesa del Metallo” sta, dunque, nello svelare il vero volto di questo genere musicale e dell’ambiente che vi si è sviluppato intorno. Un ambiente che, alla faccia dei pregiudizi, è fondamentalmente sano e solidale (le eccezioni ci sono anche qui, ma non possono, appunto, essere considerate la regola). Gallina spiega a noi che non lo conosciamo o che, nella migliore delle ipotesi, siamo solo dei poser, che il metal è un genere di riscatto sociale e di ribellione contro modelli etero imposti o, in casi estremi, contro la limitazione dei diritti civili e politici. E se nell’ Europa mediterranea essere metallari comporta (ancora) subire stigma per il proprio aspetto e la propria presunta deplorevole condotta, in altre parti del mondo può addirittura costare la libertà. È dei giorni scorsi, ad esempio, la notizia della condanna a 15 anni di prigione degli Arsames, band iraniana, rea di aver suonato “musica satanica”.

Sembra assurdo che l’amore per un dato genere musicale possa essere causa di discriminazioni se non di vere persecuzioni, anche perché «[…] la musica è unione e condivisione», come opportunamente ci ricorda l’autore. Di più:«[…] la musica è storia, magia, religione, mistica esperienza di espansione del sé, terapia per la sopravvivenza; portale per un passaggio su universi inesistenti resi esistenti, ragione di vita e nutrimento, scudo contro il mondo esterno e mille cose ancora che assumono contorni unici per ogni singolo individuo che a essa si abbandona.». Dunque, ci avvisa Gallina, «La musica ci salverà, se la salviamo». Come? C’è un «unico attore della scena in grado di apportare un cambiamento: il pubblico; noi.», ma questo attore non potrà esercitare il suo potere fintantoché non invertirà nuovamente il paradigma poiché «Siamo diventati ostaggi della vita e non suoi governatori […]».

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