Farmaci generici: i medici li prescrivono ancora?

farmaci in pillole

È in diminuzione la prescrizione dei farmaci generici in Italia nei primi mesi del 2012, vale a dire che 1 medico su 3 (30%) non informa il paziente dell’esistenza del generico come prodotto equivalente o eguale al farmaco cosiddetto “griffato” se di minor prezzo. Ma anche il farmacista (1 su 4) non informa della disponibilità del generico quando la prescrizione medica non riporta la dicitura “non sostituibile”. Una realtà che rasenta il paradosso a fronte del fatto che in tempi di crisi e ristrettezze economiche i cittadini dovrebbero protendere per il risparmio (anche in tema di salute), ma i dati dimostrano che il mercato del farmaco  da una crescita media del 15%, oggi la stessa si è attestata tra il 5% e il 7%.

Secondo quanto emerge da una recente indagine di Federconsumatori sulla conoscenza e l’utilizzo dei farmaci generici da parte del cittadino, l’88% degli italiani ha acquistato almeno un farmaco negli ultimi tre mesi: il 56% si dice ben informato sui generici, di questi il 38% afferma di conoscerli sufficientemente e il 6% di non sapere cosa siano. Nel 38% dei casi le informazioni relative ai farmaci equivalenti vengono date dal medico di famiglia, nel 28% dal farmacista e nel 5% da internet. Una situazione in controtendenza in quanto la riduzione di prescrizione e consumo dei generici è probabilmente dovuta alla attuale crisi, oltre al Decreto liberalizzazioni che avrebbe dovuto favorire un maggior consumo dei farmaci equivalenti, mentre in realtà sembra averne frenato lo sviluppo.

Va ricordato che i farmaci generici o equivalenti contengono lo stesso principio attivo delle specialità medicinali: i generici sono venduti con il nome del principio attivo, mentre quelli “di marca” sono commercializzati con un nome fittizio (marchio registrato). È anche bene sapere che le molecole acquistabili in farmacia come farmaci equivalenti sono quelle il cui brevetto è scaduto; fino a quando un medicinale è coperto da un brevetto l’unica azienda che può commercializzarlo è quella che l’ha scoperto e quindi registrato. In tutta Europa, e quindi anche in Italia, la copertura del brevetto ha durata 20 anni, ed è estendibile di altri 5 anni con la Supplementary Protection Certificate (SPC).

 

Ernesto Bodini

(giornalista scientifico)

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *