FALSI MITI TRA NOTORIETÀ E “VIL” DENARO

I giochi a quiz televisivi si perpetuano in quantità e varietà tra una gaffe e l’altra, presunzione, saccenza e pseudo cultura. Il “forzato” ingresso di una lingua straniera nei concorsi della Pubblica Amministrazione

di Ernesto Bodini (giornalista e opinionista)

Oggi, più che mai, l’italiano medio (tanto per restare in casa nostra) si scopre essere “sapiente”, tanta è l’assidua partecipazione a quiz televisivi propinati da Rai e Mediaset al seguito. In questi ultimi anni sono incrementati i programmi dedicati ai giochi a quiz, e non c’è fascia sociale che si astenga dal candidarsi come concorrenti. Questi, in alcuni casi, vengono sottoposti dai conduttori (sornioni e ironici) ad una vera e propria interrogazione sulle più disparate materie, una sfilza di domande alle quali i concorrenti devono rispondere in tempi brevissimi, ancorché incitati dal pubblico presente in studio e da qualche avvenente show girl in costume che rasenta l’osé (il fine lascia poco spazio all’immaginazione!). La prassi vuole che al loro ingresso, questi “mancati studenti” e in parte analfabeti di ritorno, vengono prima intervistati dal conduttore (non necessariamente giornalista) che, sollecitati “ad hoc”, si lasciano andare scorrendo i propri dati anagrafici e quasi sempre con qualche dettaglio in più che per la verità corrisponde ad una sorta di autocelebrazione, e rendendo anche noti fatti personali… alla faccia della privacy. Ma quali le ragioni di queste proposte televisive, che a mio avviso non hanno nulla a che vedere con gli iniziali e più genuini programmi televisivi come “Lascia o raddoppia?” Rai 1 (1955), “Rischiatutto” (1970); mentre meno genuini a mio parere sono ”L’eredità” Rai 2 (2002), ”Affari tuoi” (2003). “La Ghigliottina” (2017). Come pure, hanno preso piede alla grande sui canali di Mediaset “Il pranzo è servito” (1982), “Ok. Il prezzo è giusto!” (1983), “La ruota della fortuna” (1987), “Il gioco dei 9” (1988), “Passa parola” (1999), “Chi vuole essere milionario” (2000), “Avanti un altro” (2011). Per quanto ricordi, ben pochi di questi programmi rispecchiavano (e rispecchiano) una certa “compostezza” da parte dei concorrenti, sia nella forma che nella sostanza; inoltre tutti questi appuntamenti sono allettati non solo dall’ottenere visibilità ma anche, se non soprattutto, dal monte premi (in gettoni d’oro o denaro, che solitamente viene elargito dopo alcuni mesi) messo a disposizione e garantito, ricordiamolo, dagli sponsor delle trasmissioni. Insomma, una corsa all’oro sfruttando una  cultura come si vuole far credere o dimostrare: basterebbe seguirne alcuni, soprattutto i più recenti, per rendersi obiettivamente conto di quanto è invece imperante la pseudo cultura infarcita di sproloqui, per non parlare addirittura di quella che è più pertinente definire asineria che, detto per inciso, affascina il pubblico presente che applaude soprattutto quando il concorrente commette una o più gaffe suscitando ilarità, tanto da osannarlo come se dovesse diventare il loro beniamino.

Ecco, questo a mio avviso, è uno dei tanti aspetti negativi dell’italiano medio; e poi ci si meraviglia quando dei ministri privi della opportuna (ma necessaria) istruzione, e magari anche scarsa cultura, vengono designati per dirigere questo o quel Dicastero; un’onta nei confronti di quei disoccupati ai quali, per ottenere un posto di lavoro nella Pubblica Amministrazione è richiesto un titolo di studio, solitamente una laurea. Per contro si denigra, ma peggio ancora si disconosce, la figura e la valenza dell’autodidatta (che per scelta od impossibilità non ha potuto completare l’iter degli studi) il quale in non pochi casi è dotato di un solido bagaglio culturale, e di particolari nozioni che non tutti i cosiddetti istruiti possiedono. E va da sé che il potere della televisione (e anche del cinema) ha in pugno la mente debole di molti italiani, e ciò con il notevole sostegno del consumismo: filiera pubblicitaria ed altro ancora. Quindi, non una desolazione, ma uno scempio, anche perché tutti questi “sapientoni” della prima e dell’ultima ora, in gran parte analfabeti di ritorno, il più delle volte, ad esempio, non saprebbero come affrontare il cancro della burocrazia, un impegno che richiede rettitudine e capacità di discernere il giusto dal non giusto, interpretare una normativa o un grafico, fare una opposizione o una richiesta scritta secondo determinate procedure, etc. E, a conti fatti, il commercio sfrutta l’ignoranza dei presuntuosi e degli illusi, a discapito di quel sapere che serve per vivere con onestà e coerenza. Un’ultima consideraziome: con il Decreto PNRR dal 1° luglio 2022 nei concorsi pubblici diverrà obbligatoria la conoscenza di una lingua straniera, specie se si vuole fare carriera. Ciò può essere utile per stare al passo con la globalizzazione e per far fronte al proliferare di presenze straniere, ma al tempo stesso in non pochi casi (anche nella P.A., a cominciare da un certo numero di Parlamentari) la conoscenza della lingua italiana lascia ancora molto a desiderare… per non parlare del mai superato linguaggio cosiddetto burocratese. Si provi, all’occorrenza, a registrare qualche colloquio.

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