ESSERE IMPRENDITORE IN ITALIA

Un ruolo e un valore che sarebbe meglio considerato se tra le maestranze figurassero anche persone con disabilità… al di là degli obblighi di legge
di Ernesto Bodini (giornalista e divulgatore di tematiche sociali)
Il problema della disoccupazione anche nel nostro Paese (se non soprattutto) si trascina ormai da molto tempo, sia pur tra alti e bassi includendo precariato, sfruttamento, sottoccupazione, cassa integrazione, licenziamenti, mobbing, etc. Ma ogni volta che si affronta tale argomento, tanto da parte dei politici-governanti che dei mass media, non si fa mai cenno ai disabili con diritto ad una occupazione, come da Legge n. 68 del 12/3/1999, la quale prevede che i dataori di lavoro con più di 15 dipendenti al netto delle esclusioni, siano tenuti ad avere alle proprie dipendenze anche lavoratori appartenenti alle cosiddette categorie protette, ossia persone con disabilità. Quindi: 1 lavoratore (Articolo 1), se sono presenti da 15 a 35 dipendenti; 2 lavoratori (Articolo 1), se sono presenti da 36 a 50 dipendenti; 7% del personale occupato (Articolo 1) e 1 lavoratore (Articolo 18) da 51 a 150 dipendenti; 7% del personale occupato (Articolo 1) e 1% dei personale occupato (Articolo 18) se sono presenti più di 151 dipendenti. E quello che mi stupisce ulteriormente è il fatto che quando il Presidente della Repubblica conferisce il titolo di Cavaliere del Lavoro (se non anche di Commendatore) ad industriali che si sono distinti in vario modo nel fondare un’azienda e incentivandone l’ampliamento, da questi lor “signori” non traspare un cenno di “conferma” se tra i loro dipendenti hanno assunto persone con disabilità, e non è dato a sapere se la massima carica dello Stato (attraverso i suoi collaboratori) se ne accerta facendolo sapere alla collettività. Ora, è pur vero che assumere dei dipendenti è un rito normale e non c’è motivo di divulgarlo, più insolito invece è quando ad essere assunte sono figure dai requisiti di particolare importanza e/o eccellenza, dando così lustro agli imprenditori stessi e di conseguenza al nome della loro azienda. Ma far sapere che un imprenditore assume un invalido non è forse “gratificante” dal punto di vista dell’immagine, mentre sarebbe giusto darne notizia per avere il polso della situazione giacchè l’assunzione avverrebbe per obbligo di Legge, ma così si metterebbe in “cattiva luce” l’imprenditore; ma va ricordato che in caso in cui gli imprenditori non ottemperino all’obbligo di assunzione sono previste sanzioni amministrative. In seguito all’adeguamento quinquennale delle sanzioni amministrative, alla luce del Decreto Ministeriale n. 193/2021 e del Decreto Legislativo n. 185/2016, le sanzioni sono suddivise nelle seguenti disposizioni: se l’inadempimento è legato all‘invio tardivo del prospetto informativo, la sanzione sarà pari a € 702,43 più una maggiorazione di € 34,02 per ogni giorno di ulteriore ritardo; se l’inadempimento è legato alla mancata assunzione di lavoratori appartenenti alle categorie protette, la sanzione sarà pari a € 153,20 al giorno. La cifra corrisponde al contributo esonerativo (€ 30,64) maggiorato per cinque volte, per tutti i giorni in cui la quota di riserva è scoperta.
Tuttavia, lo Stato prevede alcuni incentivi per le aziende che rispettano le norme sull’assunzione delle categorie protette. Si tratta di un rimborso sui contributi che varia dal 35% al 70% della retribuzione lorda mensile imponibile, a seconda del tipo e dal grado di disabilità del lavoratore. Detto questo, proprio perché non si ufficializzano pubblicamente notizie e dati in merito a questa realtà, a mio avviso se fossi un datore di lavoro declinerei l’invito per ricevere l’onorificenza di cui sopra, in quanto riterrei un preciso dovere avere tra le maestranze qualunque cittadino, sia esso persona sanissima o con qualche forma di disabilità, e va da sé che per questi ultimi casi l’azienda deve essere in grado di assegnare una mansione confacente alle loro capacità residue, e senza pietismo! Ma pare che a taluni imprenditori interessi di più far sapere i risultati raggiunti tali da “giustificare” la crescita (e il nome) della propria azienda. Da qui, la soddisfazione di essere in insigniti con il titolo di “Cavaliere del Lavoro”! Essere un imprenditore e investire nel proprio Paese è certamente una libera scelta, per certi versi lodevole quale contributo alla crescita del Paese; ma al tempo stesso sarebbe ulteriormente meritato se, i risultati della loro evoluzione, comprendessero il contributo sia di dipendenti “normo dotati” che di persone con disabilità… senza imposizione di Legge. Forse, solo in questo caso sarebbe “meritato” il titolo onorifico presidenziale.