DUE ASPETTI DI “NICCHIA” DI INTERESSE SOCIO-CULTURALE

di Ernesto Bodini (giornalista scientifico)
Il concetto di prevenzione per godere una salute migliore continua ad essere seguito dalla popolazione torinese con particolare interesse. La settimana scorsa, sempre nella sede del Molecular Biotechnology Center due gli argomenti di “nicchia” presentati: Ernia inguinale e alimentazione: il cibo come prevenzione”, a cura del dott. Tommaso Lubrano (nella foto in primo piano), chirurgo e responsabile del Day Surgery Centralizzato all’ospedale Molinette di Torino, relazione esposta in tandem con la dr.ssa Cecilia Lubrano, biologa nutrizionista; e “Tra cambiamento climatico e salute, quali prospettive per gli alimenti di origine animale?”, a cura del prof. Luca Battaglini, docente di Etica e benessere animale e di Apicoltura. Pensare all’ernia inguinale come elemento patologico che possa essere prevenuto in base all’alimentazione per il profano è forse insolito, un concetto per certi versi innovativo perché poco conosciuto anche dai molti addetti ai lavori. Dal punto di vista anatomico il dott. Lubrano ha spiegato che l’ernia inguinale è la fuoriuscita totale o parziale di un viscere dalla cavità addominale in cui normalmente è contenuto attraverso un orifizio, un canale anatomico o comunque una soluzione di continuo. «Pochi sanno che in Italia, come in tutti i Paesi industrializzati – ha precisato – che l’intervento per il trattamento dell’ernia inguinale è il più diffuso nell’ambito della chirurgia generale: nel nostro Paese ogni anno vengono effettuati oltre 200 mila interventi con accorgimenti sempre più innovativi con l’applicazione di una protesi, metodica di concreta soluzione ideata dall’italo-americano Ermanno Trabucco, il quale contributi alla evoluzione ulteriore della alloplastica dell’ernia inguinale introducendo il concetto di “sutureless”, ossia abolizione completa delle suture comunemente intese». A Torino il centro di eccellenza per questo tipo di intervento è all’ospedale Molinette, che viene effettuato in anestesia locale con ricovero e dimissione in giornata. Ma quali le cause di questa patologia, considerata oggi una manifestazione locale di una malattia sistemica, ossia che interessa anche altri organi? Il clinico ha rammentato che sono da considerare un peso eccessivo (obesità) come pure uno sforzo improvviso, forti colpi di tosse e la pratica di sport estremi. Ma una nuova teoria scientifica conferma come causa principale dell’ernia, oltre alla predisposizione familiare, una alterazione delle collagene connettivale (il tessuto connettivo fornisce supporto strutturale e metabolico agli altri tessuti), tant’è che la conseguenza è una anomalia delle fibre della fascia trasversale. Ma se oggi le concause non sono più da considerare obesità e gravidanza, oggi è stato dimostrato che oltre a determinati sforzi traumatici l’ernia inguinale può manifestarsi verosimilmente a causa di deficit nutrizionali. «Entrano in gioco – ha spiegato il clinico – la dieta e la qualità degli alimenti come cibi raffinati, prodotti a base di farine bianche povere di vitamine, minerali, fibre e zuccheri che creano una dipendenza tale da indurre a continuare a mangiare per mantenere costanti i livelli glicemici, il relativo conseguente innalzamento dei valori del glucosio e dei grassi e con la conseguente formazione di adipe, ossia la classica pancetta». Un quadro “disfunzionale” dal punto di vista alimentare, ancorché aggravato dall’assunzione eccessiva di zuccheri mentre un consumo più razionale compensa il rapporto tra carboidrati semplici e complessi.

Ecco che la prevenzione per evitare questa patologia ha ragione d’essere principalmente in una adeguata alimentazione, e al tempo stesso in un più corretto stile di vita; aspetti ampiamente ripresi con la relazione della dr.sssa Cecilia Lubrano (nella foto), precisando che l’alimentazione può interagire e alleviare i disturbi dell’ernia. «Si pensa che la dieta mediterranea – ha precisato – sia utile in quanto nutrizionalmente più completa, ma se si assumono alimenti “non adeguati” si va incontro all’eccesso di peso (definibile valutando il cosiddetto indice di massa corporea, ndr) che comporta a sua volta un aumento del grasso addominale-viscerale e un’infiammazione corporea. È bene quindi evitare una vita sedentaria, e il fumo il cui abuso è causa di alterazione delle proteine collagene. Tra gli alimenti della dieta mediterranea che sono maggiormente correlati all’ernia inguinale vi è il pesce, quale elemento proteico dall’elevato valore biologico, altamente digeribile e quindi molto indicato per chi soffre di reflusso gastroesofageo e di ernia iatale». Il pesce in effetti è ricco anche di acidi grassi e omega 3, in particolare dall’effetto nutraceutrico con ricadute positive tali da ridurre l’infiammazione intestinale; e contiene inoltre minerali come il selenio, il ferro, lo iodio, il calcio, il fosforo e lo zinco (quest’ultimo utile alla sintesi della collagene che è alla base del tessuto connettivo), come pure vitamine soprattutto del gruppo B. «Altri alimenti da consumare per una più appropriata dieta alimentare – ha aggiunto la relatrice – sono le verdure ricche soprattutto di fibre, le quali hanno la proprietà di aumentare il senso di sazietà, incrementare il bolo alimentare e facilitare la regolarità intestinale; quindi molto utili per i soggetti che soffrono di stipsi. Il potere antiossidante di queste vitamine contro i radicali liberi, sono anche ricche di calcio e magnesio; quest’ultimo contribuisce a ridurre le recidive dell’ernia inguinale, la cui carenza è causa dell’indebolimento del tessuto connettivo. Dicasi altrettanto per il consumo di frutta che in parte contiene la vitamina C la quale contribuisce al mantenimento dell’integrità del tessuto muscolare addominale; mentre i latticini ne favoriscono la motilità riducendo la stipsi». Secondo la relatrice, infine, sono molto consigliate le farine integrali il cui indice glicemico è minore; ma anche consumare meno cibi fritti e meno frattaglie (inclusi gli insaccati) in quanto poco nutrizionali e molto ipercalorici. In buona sostanza, una corretta dieta alimentare e come sempre un adeguato stile di vita, sono i presupposti per avere una più “normale” evacuazione… per non incorrere in questo tipo di chirurgia.

Il settore della zootecnia, in particolare riguardo all’allevamento e alla produzione di alimenti di origine animale, è tutt’oggi oggetto di critica in quanto richiede costanti attenzioni per il suo sviluppo in virtù del fatto che l’allevamento animale è fonte di un notevole contributo per l’alimentazione umana. È questa l’introduzione del prof. Battaglini (nella foto), spiegando quelle che sono le relazioni tra l’allevamento animale e i rischi per l’ambiente, e quindi per la salute dell’uomo. «In ambiti montani e collinari – ha precisato – la qualità dei prodotti derivanti dagli animali è diversa rispetto a quella ottenuta con sistemi più industrializzati e commerciali. I prodotti di origine animale sono spesso criticati nonostante siano essenziali per la dieta umana, in quanto implicano problemi di carattere etico con particolare riferimento alla sollecitazione degli animali stessi a produrre latte, carne, etc.». Per quanto riguarda l’agricoltura di montagna è ancora molto importante se si considera che un terzo delle superfici agricole utilizzate sono pascoli alpini. In Svizzera si conta circa un milione di ettari di cosiddetta superficie agricola utile (zone in pianura e in montagna), più circa un mezzo milione di ettari di superficie alpestri. Tuttavia, sul piano finanziario, questa parte ha poco peso perché la produttività è molto bassa. Rispetto alla pianura, la crescita del foraggio è molto più ridotta. Le associazioni scientifiche del settore si interessano dei prodotti di origine animale e di problematiche relative alla salute, e quindi al conseguente impatto ambientale a tutela della cosiddetta sostenibilità; ed è quindi importante focalizzare l’attenzione su queste produzioni nel rispetto dell’ambiente e degli animali stessi che vengono allevati e, per queste ed altre ragioni, molti consumatori tendono a limitare l’adozione di prodotti di origine animale. «Ed è proprio da sottolineare – ha precisato l’agronomo – che determinati allevamenti creano problemi all’ambiente per i conseguenti consumo energetico, emissione di gas serra, potenziale diffusione di eccesso di nutrienti come i fertilizzanti nell’ambiente, e possibile emissione di sostanze che contribuiscono alle piogge acide, alla desertificazione e l’erosione; quindi la perdita della biodiversità. Le emissioni sono comunque importanti perché, ad esempio, i ruminanti consumano alimenti di origine animale che vengono trasformati dagli stessi in metano, un gas che ha un potenziale 30 volte la Co2 (formula chimica dell’anidride carbonica, ndr); e su questo aspetto si discute ancora molto, a cominciare dalle responsabilità…». L’impiego corretto delle risorse naturali, come prati e pascoli, consente il controllo dell’impatto ambientale; ed bene, quindi, intensificare il rispetto dell’ambiente (aria, acqua, suolo) al fine di ottenere la piena sostenibilità del sistema, e mantenere così la biodiversità. Come pure va da sé che queste produttività implicano il rispetto delle tradizioni e degli aspetti socio-culturali.

Foto a cura dell’Ottica Torinese

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *