DON CARLO GNOCCHI: IL SANTO CON LA PENNA DEGLI ALPINI
Ricordiamolo sempre non solo nelle ricorrenze, ma anche ogni volta che nasce un irresponsabile conflitto bellico
di Ernesto Bodini (giornalista e biografo)
Le ricorrenze sono sempre apprezzate, specie se servono a rievocare personaggi ed episodi che hanno dato lustro ad una nazione, ma nel contempo devono servire a trasmettere insegnamenti di vita. Tra queste l’anno scorso ricorreva il 150° anniversario della fondazione del Corpo degli Alpini (il primo centenario nel 1972 fu voluto dal generale Giuseppe Perrucchetti), data storica che comprende sofferenze e conquiste per la libertà, ma anche di dedizione verso il prossimo. Ed è ogni anno che in Italia si vuole onorare questo anniversario, ma da parte dei mass media e dei protagonisti in festa, non ho mai rilevato una menzione ad uno dei più gloriosi degli Alpini, ossia il Beato (dal 2009) Don Carlo Gnocchi (1902-1956) che oltre ad essere stato cappellano militare volontario al seguito dei suoi allievi chiamati sul fronte, in seguito con il grado di tenente, e alla fine del conflitto medaglia d’argento al valor militare, si dedicò alla assistenza fisica e spirituale dei mutilatini, prima, dei poliomielitici, poi. Ma con questo articolo vorrei soffermarmi proprio sul Don Gnocchi alpino, figura particolarmente emblematica che non può essere sottaciuta (sia pur involontariamente) anche nelle ricorrenze degli anniversari. Egli stesso, tra l’altro, negli anni seguenti al conflitto diede alle stampe (in due edizioni) l’opera Cristo con gli Alpini, preziosa testimonianza del suo suo vissuto in diverse tappe in Russia, dove ebbe modo di confortare i suoi commilitoni, o suoi ragazzi morenti, raccoglierne le ultime volontà per portarle ai loro cari. Ma al di là del suo elaborato, nel 1972 dall’autore don Luigi Stefani (1913-1981) mi fu donata la pubblicazione Il Santo con la penna alpina, ricordo di don Carlo Gnocchi nel Centenario degli Alpini, edita da Quaderni de’ Lo Sprone di Firenze, una pubblicazione che l’autore dedicò alle sue allieve mutilatine e poliomielitiche del collegio di Pozzolatico (FI). La stesura di questa pubblicazione raccoglie una serie di ricordi sparsi, ma intensi. Affinché i Caduti non muoiano don Carlo scriveva: «… Ho sempre portato nel cuore, fermi aperti e pungenti gli occhi dei miei morti. E la loro insonne inquietudine ha sempre adombrato la mia pace… Lo sguardo dei miei compagni perduti ho sempre portato desto e conturbante nell’anima fino a pochi giorni or sono, soffrendone come di un debito insoluto verso la morte, sentendone il peso come di un’oscura colpa personale… Ma ora non più». Quanto amore e quanta delicatezza in queste parole che a mio avviso anch’esse furono preludio a quella che sarebbe stata la realizzazione della sua opera di carità e assistenza: accogliere tutti i mutilatini colpiti da ordigni bellici durante il conflitto e anche dopo quelli inesplosi…, e successivamente, a causa dell’epidemia, anche i giovani colpiti dalla poliomielite. Storica fu la sua promessa che scrisse il 17 settembre 1942: «Sogno, dopo la guerra, di potermi dedicare per sempre ad un’opera di carità, quale che sia, o meglio quale Dio me la vorrà indicare. Desidero e prego dal Signore una cosa sola: servire per tutta la vita i suoi poveri. Ecco la mia “carriera”». Ora, per una sorta di “forzata” ma attualissima analogia, vorrei coinvolgere in questa rievocazione il dramma del conflitto bellico Russia-Ucraina, affinché i rispettivi leader possano riflettere non solo sul fatto che, seppur a vario titolo, stanno creando desolazione, morti e tanti invalidi militari “consapevoli” e invalidi civili “inconsapevoli”, e che purtroppo sui rispettivi fronti di battaglia sinora non si è vista una figura come quella di Don Carlo Gnocchi; un vuoto creato dai tempi “più moderni”, si direbbe, ma questo non giustifica l’irresponsabilità reciproca (Dio solo sa da che parte stanno il giusto e l’ingiusto), perché al di là delle ragioni non si può mai tollerare il togliere la vita al prossimo: «Rispetto per la vita», sentenziava il filosofo e filantropo Albert Schweitzer. Siamo nati tutti per vivere, e tutti per morire ma non per mano violenta… nonostante il precursore Caino verso il fratello Abele abbia tracciato la via maestra dell’odio e del male. Poiché questo articolo lo pubblico anche in inglese, mi auguro che possa giungere alle opportune destinazioni con la santa benedizione del Beato Don Carlo, e il conforto della pace per tutti noi!
DON CARLO GNOCCHI: THE SAINT WITH THE ALPINE PEN
Let us always remember him not only on anniversaries, but also every time an irresponsible war conflict arises
by Ernesto Bodini (journalist and biographer)
Anniversaries are always appreciated, especially if they serve to recall characters and episodes that have brought prestige to a nation, but at the same time they must serve to convey life lessons. Among these, last year was the 150th anniversary of the foundation of the Alpine Corps (the first centenary in 1972 was wanted by General Giuseppe Perrucchetti), a historical date that includes suffering and conquests for freedom, but also of dedication towards others. And it is every year that in Italy we want to honor this anniversary, but from the mass media and the protagonists in celebration, I have never detected a mention of one of the most glorious of the Alpine troops, namely the Blessed (since 2009) Don Carlo Gnocchi ( 1902-1956) who, in addition to being a volunteer military chaplain following his students called to the front, later with the rank of lieutenant, and at the end of the conflict a silver medal for military valour, dedicated himself to the physical and spiritual assistance of amputees, first, polio patients, then. But with this article I would like to focus precisely on the Alpine Don Gnocchi, a particularly emblematic figure who cannot be ignored (albeit unintentionally) even on anniversaries. He himself, among other things, in the years following the conflict published (in two editions) the work Christ with the Apini, a precious testimony of his experience in various stages in Russia, where he had the opportunity to comfort his comrades, or his dying children, collect their last wishes to bring them to their loved ones. But beyond his work, in 1972 the author Don Luigi Stefani (1913-1981) gave me the publication The Saint with the Alpine pen, memory of Don Carlo Gnocchi in the Centenary of the Alpini, published by Quaderni de’ Lo Sprone of Florence, a publication that the author dedicated to his mutilated and polio-affected students at the college of Pozzolatico (FI). The writing of this publication brings together a series of scattered but intense memories. So that the Fallen do not die, Don Carlo wrote: «… I have always carried in my heart, still open and stinging, the eyes of my dead. And their sleepless restlessness has always overshadowed my peace… I have always carried the gaze of my lost companions awake and disturbing in my soul until a few days ago, suffering from it as if from an unpaid debt towards death, feeling its weight like an ‘obscure personal fault… But not anymore.” How much love and how much delicacy in these words which in my opinion were also a prelude to what would have been the realization of his work of charity and assistance: welcoming all the disabled victims of war bombs during the conflict and also after the unexploded ones…, and subsequently, due to the epidemic, also young people affected by polio. Historic was his promise when he wrote on 17 September 1942: «I dream, after the war, of being able to dedicate myself forever to a work of charity, whatever it may be, or rather whichever God wills to indicate to me. I desire and pray from the Lord only one thing: to serve his poor throughout my life. Here is my “career”». Now, by a sort of “forced” but very current analogy, I would like to involve in this re-enactment the drama of the Russia-Ukraine war conflict, so that the respective leaders can reflect not only on the fact that, albeit in various capacities, they are creating desolation, deaths and so many “conscious” military invalids and “unconscious” civilian invalids, and that unfortunately on the respective battle fronts so far there has not been a figure like that of Don Carlo Gnocchi; a void created by “more modern” times, one might say, but this does not justify mutual irresponsibility (God only knows which side is right and wrong), because beyond the reasons one can never tolerate taking away life to others: «Respect for life», stated the philosopher and philanthropist Albert Schweitzer. We were all born to live, and all to die but not by violent hands… despite the fact that the precursor Cain traced the main path of hatred and evil towards his brother Abel. Since I am also publishing this article in English, I hope that it can reach the appropriate destinations with the holy blessing of the Blessed Don Carlo, and the comfort of peace for all of us!