DISUGUAGLIANZE ESISTENZIALI PER INERZIA DELLE ISTITUZIONI
Gran parte degli italiani sono figli “diseredati” della Patria e non figli dello stesso Dio. Preoccupante incremento dei crimini contro la persona e il patrimonio pubblico… e intanto le persone soccombono. In questi giorni a Montecitorio una performance canora “fuori luogo” per ricordare il 75° della Costituzione.
di Ernesto Bodini (giornalista e divulgatore di tematiche sociali)
Non passa giorno che non si verifichino omicidi, aggressioni, stupri, incidenti sul lavoro, danneggiamenti al patrimonio pubblico, vandalismo di vario genere. Insomma, tutti episodi a causa in gran parte della ingovernabilità da parte dello Stato, o meglio dei suoi rappresentanti al potere. Oltre alle molteplici conseguenze a discapito della collettività, quello che più preoccupa è la mancata tutela dei cittadini, ed è perfettamente inutile che chi rappresenta il Paese vada rammentando un giorno si e l’altro pure i valori della Costituzione, enunciandone i numerosi articoli ma non commentando il fatto che la maggior parte di essi non viene rispettata. Ma che razza di Nazione è questa che non ci tutela mandandoci alla deriva? Se la politica in questione si imponesse con meno chiacchiere e maggior decisionismo auspicherebbe il massimo rigore nel rispetto delle leggi, agendo sulla Magistratura affinché i criminali “incalliti” e tendenti a recidivare siano messi in condizione di non nuocere alla collettività…, favorendo nel contempo l’opera di rieducazione del detenuto in carcere in quanto è sempre più scarsa, anche per il fatto che la vita all’interno presenta problematiche di varia natura. Senza voler provocare alcuno, si provi ad immaginare se tra i malcapitati di questi eventi delittuosi fossero i famigliari dei personaggi che sono al potere (o loro stessi), c’è da scommettere che ciò non accadrà mai… anche se in passato ci sono state alcune eccezioni. Ora, per quanto riguarda la tutela della nostra vita, non siamo tutti uguali? Il fatto di essere un cittadino comune non significa che lo stesso debba essere costantemente a rischio, ma purtroppo tale differenza c’è sempre stata e continua a persistere, come se non fossimo tutti figli dello stesso Dio, ed evidentemente non siamo neppure tutti figli della stessa Patria. È un quadro a dir poco desolante aggravato inoltre da un indice di povertà che comprende oltre 6 milioni di persone, per non parlare del debito pubblico nazionale ormai fuori contenimento, e quindi ben difficilmente ridimensionabile se non prima di tre o quattro generazioni. Le varie riforme di Governo e relativi avvicendamenti per raggiungere il potere, non hanno fatto altro che peggiorare la situazione per evidente inefficienza fatta di fumosi e retorici discorsi senza fine: ogni candidato eletto (di qualunque forza politica) non ha mai dimostrato di saper portare il Paese ad un regime accettabile, se non per qualche sporadico esempio peraltro di breve durata. Ecco che ci troviamo a navigare in un mare infestato da quella flora ittica di governanti in eterno conflitto con se stessi e con i loro oppositori, mentre il “Navigator Errante” (le iniziali maiuscole hanno un significato ben preciso) sta ad osservare da un pulpito all’altro e, in assenza di pesca, tende ad allontanarsi per raggiungere la riva indisturbato… e soprattutto incolume, come dovremmo esserlo tutti noi.
Pare evidente che ciò è il massimo esempio di disuguaglianza sociale, vale a dire il naufragio della barca Italia (che una volta avrei definita un transatlantico), e purtroppo in tale situazione la maggior parte degli occupanti è a rischio di annegare, e sono appunto le vittime degli episodi citati all’inizio di articolo. Mi rendo conto che da tempo sto ripetendo queste considerazioni, e nonostante tale realtà la massa vociante continua a vociare ma la cui eco si disperde nel deserto nella più totale indifferenza dal punto di vista della concretezza. Ripeto per l’ennesima volta, non servono manifestazioni plateali di piazza o simili (fonti di confusioni ed incertezze, se non anche occasioni di tafferugli e vandalismi) ma una maggiore incisività individuale diretta ai destinatari, denunciando per iscritto l’ingiustizia o i pericoli che ciascuno di noi sta correndo; e anche se tale atto di primo acchito può sembrare banale o superfluo, in realtà potrebbe produrre effetti dai riscontri più concreti. Ma finché non si prova non si può avere conferma. E a questo riguardo vorrei concludere citando l’obiettività e la lungimiranza di Piero Calamandrei (1889-1956), uno dei padri della Costituzione (che a mio avviso non ha nulla a che vedere con gran parte dei suoi successori): «La legge è uguale per tutti è una bella frase che rincuora il povero, quando la vede scritta sopra le teste dei giudici, sulla parete di fondo delle aule di giustizia; ma quando si accorge che, per invocare la uguaglianza della legge a sua difesa, è indispensabile l’aiuto di quella ricchezza che egli non ha, allora quella frase gli sembra una beffa alla sua miseria». E non mi pare che a quell’epoca (e in quelle successive) l’aula di Montecitorio ospitasse “performance canore” (musica moderna) per proclamare la nascita della Costituzione, come è avvenuto in questi giorni per rievocarne il 75° anniversario. Una scelta, a mio avviso, davvero fuori luogo; mentre sarebbe stato più consono invocare la messa in pratica di molti articoli della preziosa Carta.