Depeche Mode a Roma, un successo “Unbelievable”


Dopo Milano, anche lo stadio Olimpico di Roma, regala un sold out ai mitici re dell’elettronica Depeche Mode.
Lo show, ha inizio presto, infatti prima dei DM, suoneranno gli italianissimi Motel Connection, (che sono una costola dei Subsonica), seguiti dagli scozzesi Chvrches.
La band inglese sale puntualissima sul palco e la voce di un fantastico e ritrovato Dave Gahan, la fa da padrone, sulle note di “Welcome to my world”, il pubblico è già in delirio. 
Almeno tre generazioni sono lì che applaudono estasiati.
La serata è afosa ed umida, ma quando c’è da ballare si balla, anche perché non si può rimanere immobili, ad un concerto dei DM. 
La prima traccia di Delta Machine apre il concerto, subito seguita dalla intimissima “Angel”, sempre tratta da Delta, ma è con “Walking in my shoes”, che inizia la vera e propria apoteosi, infatti, i nostri saccheggeranno ben bene il loro ultimo album, ma in un concerto che durerà abbondantemente oltre le due ore, i classici non mancheranno e tra questi, anche qualche sorpresa. 
La scenografia non ha niente a che vedere con ciò che ad esempio, stanno portando in giro i Muse, ovvero, non ci sono effetti speciali di alcun tipo, anche se le luci al sottoscritto, sono piaciute molto, i Depeche, hanno puntato fortemente sul loro sound ineguagliabile, possiamo esserne sicuri, che questa scelta ha sicuramente reso felici gli appassionati presenti.
Da sottolineare le immagini, alcuni video e tante bellissime foto di quel maestro di Anton Corbijn, sicuramente un valore aggiunto allo show.
Lo spettacolo continua, “Black Celebration” e “Policy of Truth”, la prima canzone della serata, tratta da quel fantastico, magistrale, capolavoro di Violator, sicuramente, uno dei dei dieci dischi di tutti i tempi, da portarsi in paradiso, in caso di addio a questo mondo. 
Dave Gahan, il front man, il cantante il leader sul palco, che con la sua divisa d’ordinanza live, il mitico gilet, ammicca in modo sensual, verso un pubblico ormai prigioniero delle sue movenze e della sua voce, Andrew Fletcher, l’anima meno chiassosa del trio, ma non per questo meno importante e Martin L. Gore, quante parole spendere su questo fantastico artista, il paroliere, la voce che accompagna Gahan, la figura più intima della band, avvolge il pubblico sognante nei suoi momenti … un vero artista, ho ancora negli occhi la versione introspettiva di “Shake the desease”, eseguita da Martin … emozionante!!!!
Ma riprendiamo lo show, dicevamo di un Delta Machine saccheggiato, ma d’altronde con un album così bello, non potevano che suonarne una buona parte ed infatti arriva una bellissima “Should be Higher” ed a seguire “Barrel of a gun.”
Dave a questo punto lascia la scena a Martin e “The child inside”, apre un momento intimistico che porta ad una esecuzione di “Shake the Disease”, che più emozionante secondo me non poteva essere eseguita.
Martin e Dave, due leader eternamente diversi, che si completano a vicenda l’uno con l’altro, nonostante i loro modi diversi di vivere Depeche Mode, sia nella vita che sul palco. 
Torna Gahan e “Heaven”, il primo singolo di Delta Machine riporta la band al completo sul palco:
Siamo solo a metà ed il meglio deve ancora venire (citando Ligabue), il suono danzereccio di una travolgente “Soothe my soul”,riaccende al pubblico, la voglia di ballare, si prosegue con “A pain that I’m used to”, “A question of time”, lo stadio Olimpico si impregna di quell’elettronica che di sabato sera e suonata dai loro paladini, colpisce con fendenti musicali e affonda nel cuore dei fans, fino ad arrivare ad “Enjoy the silence” e qui l’Olimpico, si trasforma in una discoteca anni’ 80, di alta classe musicale, niente a che vedere con Gazebo e Sandy Marton, lì su quel palco ci sono i re incontrastati del genere, e se volevano confermare la cosa, non potevano che subito dopo eseguire “Personal Jesus”, canzone che in questi anni, ha letteralmente spopolato e che è stata coverizzata da molti artisti, cito due nomi completamente diversi tra loro Johnny Cash e Marilyn Manson.
Con “Goddbye”, tratta da Delta un video semplice quanto attraente di Corbijn la fa da padrone, dove la band su una panchina, gioca su uno scambio tra loro di cappelli. Molto bello!
Arriva la prima pausa e al ritorno sul palco, si illumina l’Olimpico di fiammelle (negli anni 80) e di cellulari nel XXI secolo, con la dolcissima “Somebody”, che sicuramente avrà fatto nascere qualche bambino, dei tanti presenti coi genitori al concerto. “Halo” ancora da Violator e soprattutto  “I Just can’t get enough”, riaprono  la chiassosa discoteca anni’ 80, erano i momenti più darkeggianti, quelli dove il grande Vince Clarke, durante i favolosi ’80 qualsiasi band toccasse, diventava una miniera d’oro. 
Non si può che chiudere con due classiconi, “I feel you” e soprattutto “Never let me down again”, ovvero la canzone con la quale i DM chiudono i loro spettacoli. 
Tanta classe, energia adrenalina, tutto condensato in un solo concerto, che almeno una volta nella vita andrebbe goduto… anche se secondo me una volta sola non basta, chiedetelo pure ai sessantamila presenti all’Olimpico.

Roberto Bruno

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