Cura delle malattie mentali: la terapia cognitivo comportamentale

locandina del convegno Terapia Cognitivo Comportamentale e psicoterapia scientifica

A Torino, durante il XVII congresso nazionale AIAMC, si è discusso dell’utilità della terapia cognitivo comportamentale nella cura dei disturbi mentali.

di Ernesto Bodini
(giornalista scientifico)

Secondo la Carta di Ottawa (1986) per la Promozione della salute, la salute è una risorsa per la vita quotidiana, non l’obiettivo del vivere. Essa è un concetto positivo che valorizza le risorse personali e sociali, come pure le capacità fisiche. La si raggiunge quando gli individui sviluppano e mobilitano al meglio le proprie risorse, in modo da soddisfare prerogative sia personali (fisiche e mentali), sia esterne (sociali e materiali). Salute e malattia non sono pertanto condizioni che si escludono a vicenda, bensì punti terminali di una comune continuità. Quindi, la salute fisica e quella mentale devono essere ritenute di pari rilevanza, prese in carico e affrontate con analogo impegno dallo Stato.

locandina del convegno Terapia Cognitivo Comportamentale e psicoterapia scientificaTali riconoscimenti fanno parte del progetto “Improving access psychological therapies” (IAPT) che, con l’approfondimento del conseguente impatto economico, ha caratterizzato il XVII congresso nazionale  AIAMC (Associazione Italiana di Analisi e Modificazione del Comportamento e Terapia Comportamentale Cognitiva) sul tema “Terapia Cognitivo Comportamentale e psicoterapia scientifica. Nuove prospettive”, in collaborazione con l’Istituto Watson, al quale hanno partecipato 350 psicoterapeuti il cui confronto ha evidenziato soprattutto il problema della salute mentale e minori costi sociali attraverso la terapia cognitivo comportamentale. Argomento di grande attualità che nel nostro Paese è ancora molto disatteso tant’é che nel corso di una tavola rotonda, è stata proiettata una video-intervista di Lord Richard Layard, uno dei maggiori esperti di economia politica e del lavoro a livello internazionale avendo compreso che la salute mentale, ad esempio, è uno dei fattori determinanti della felicità, convinto che si può dimostrare che la malattia mentale è una delle cause principali della “non felicità”. In Gran Bretagna è in vigore una legge che riconosce che la salute fisica e quella mentale devono essere ritenute di pari rilevanza, e questo significa che le persone con problemi di salute mentale dovrebbero avere lo stesso diritto di accedere a cure mediche basate su dati comprovati che hanno le persone con problemi di salute fisica. L’eminente studioso ha scoperto che il trattamento che si dimostra più efficace per la depressione e i disturbi d’ansia è la terapia cognitivo comportamentale. «Ma la cosa sconvolgente – ha spiegato – è che in tutti i nostri Paesi se si conduce un’indagine psichiatrica, è possibile verificare che solo ¼ delle persone diagnosticate con disturbi mentali riceve una qualsiasi forma di trattamento dal punto di vista psicologico o farmacologico. Quindi si tratta di una situazione inadeguata che non corrisponde alle scelte che farebbero le persone con questi problemi, parte delle quali desidererebbe ricevere un trattamento psicologico e non farmacologico, e che la maggior parte riceve un trattamento farmacologico piuttosto che psicologico».

Ed è per queste ragioni che il prof. Layard e il collega David Clark hanno affrontato il problema sulla base di sperimentazioni cliniche e dei risultati ottenuti… anche dal punto di vista dell’economia.
Su quest’ultimo aspetto gli autori hanno dimostrato che in Gran Bretagna vi era un eccessivo numero di assenze dal lavoro e di richieste di sussidi dovuto alla malattia mentale, riducendo la produttività lavorativa del 7% con evidenti ricadute sull’economia, oltre all’enorme costo per l’assistenza sanitaria dovuto al 50% delle persone bisognose di cure fisiche e psicologiche in comorbilità. Secondo gli autori inglesi il problema poteva essere affrontato prendendo in considerazione la terapia cognitivo comportamentale senza aggravio di costi. Queste valutazioni hanno trovato ulteriore “conforto” su ricerche condotte negli Stati Uniti, riscontrando gli effetti del trattamento. Ma come si è ottenuta la prova dei risparmi rispetto all’’assistenza sanitaria? «La maggior parte delle prove – ha spiegato Layard – deriva da ricerche americane. Ci sono 91 studi in USA in cui si è valutato il trattamento psicologico ricevuto da persone che avevano anche problemi di natura fisica, ed è stato verificato un risparmio di circa il 20% sull’assistenza sanitaria legata alla salute fisica che si è rivelato sufficiente per coprire i costi della terapia psicologica. Tale esperienza è stata riscontrata anche in Inghilterra: notevole risparmio legato sia al lavoro che all’assistenza sanitaria. Dopo vari avvicendamenti e intese con la classe politica abbiamo potuto formare terapeuti ed estendere il numero dei servizi per un’assistenza qualificata. Nel corso dei primi 6 anni abbiamo visto 1 milione di persone riuscendo a trattarne circa il 60% e raggiungendo una ripresa di circa il 50% tra coloro che sono stati trattati in 2 o più sessioni».

Ora gli autori intendono incrementare il servizio sino al 2020 prendendo in considerazione non solo la salute mentale (ansia e depressione) ma anche quella fisica spesso in situazioni di comorbilità come problemi cardiovascolari, respiratori, diabete, etc. in quanto il modo in cui interagiscono con quelli mentali è importante per ogni singolo paziente, e il terapeuta potrebbe aiutarli se potesse meglio comprendere il loro vissuto ansioso… Attualmente la terapia cognitivo comportamentale si concentra nell’ambito delle cliniche e nello studio medico di base dal quale i pazienti sono inviati al servizio. «Noi riteniamo – ha precisato – che l’idea che un servizio in cui tutte le terapie impiegate facciano riferimento a uno psicologo clinico a capo del servizio sia molto importante perché garantisce una progressione di carriera, offre la possibilità di supervisione, garantisce un monitoraggio dei risultati, un giusto riconoscimento, etc. Stiamo sviluppando un metodo di lavoro per il trattamento delle condizioni di comorbilità dove i terapeuti siedano insieme ai medici e agli infermieri che lavorano in ospedale. Il servizio non prevede solo terapia cognitivo comportamentale (il 60% delle prestazioni), ma anche terapia interpersonale e terapia psicodinamica breve». Significativo è il lavoro sinora svolto intervenendo su un rilevante numero di persone che diversamente non si sarebbe potuto aiutare, in particolare le persone meno abbienti e di tutte le comunità. Ora, introducendo l’autocertificazione, in Inghilterra si può avere accesso diretto al servizio di terapia psicologica e ricevere il trattamento senza ricorrere al medico di base. Anche se questo servizio è ancora da migliorare, dovendo superare difficoltà gestionali con le amministrazioni locali in quanto enti paganti, è stato oggetto di segnalazione sulla prestigiosa rivista accademica “Nature”, suscitando l’interesse di altri Paesi come, ad esempio, il Canada. «Un modello, il nostro – ha concluso lo studioso inglese –, che peraltro potrebbe essere replicabile in Paesi come l’Italia che ha un Servizio sanitario nazionale, e ben lungi dall’immaginare che possa essere un sistema per far soldi, mentre si tratta di ridurre la sofferenza… Quindi una maggiore assistenza psicologica a fronte di un beneficio umanitario e di risparmio economico del servizio sanitario e della collettività».

Diversi gli interventi alla tavola rotonda per sostenere questo processo, come quello fatto pervenire da Vittorio De Micheli, responsabile dell’Assistenza Sanitaria Territoriale della Regione Piemonte, precisando che alla Regione subalpina interessa osservare l’insieme  dei problemi di salute mentale, e affrontare non solamente gli aspetti relativi ai servizi che cercano di dare una risposta. «È il caso, ad esempio – ha precisato nella sua nota –, dell’uso eccessivo di farmaci depressivi e di ansiolitici che probabilmente testimoniano l’esistenza di disturbi e disagi che vengono affrontati in modo superficiale e forse inappropriato. In questo senso siamo interessati alla ricerca di interventi basati su prove di efficacia, e nel contempo a fornire risposte adeguate ai problemi di salute emergenti nella nostra popolazione. Probabilmente esistono anche possibilità di utilizzo razionale delle risorse e di risparmiare sulla spesa, ma al momento l’interesse che ci guida è comprendere quanta salute è possibile produrre con le risorse professionali e organizzative di cui disponiamo».

Aristide Saggino, presidente AIAMC, nel rievocare brevemente i 40 anni di storia della Associazione ha ricordato che nei Paesi ricchi il 38% delle malattie è relativo alla salute mentale, contro il 22% di tutte le malattie più diffuse. «Nella Comunità europea – ha spiegato – solo il 26% di adulti che soffre di disturbi mentali è trattato adeguatamente, e il restante 74% non riceve alcun trattamento. La percentuale di persone in età lavorativa che riceve benefit a causa della loro malattia è del 2,5%, e la percentuale di giorni di lavoro persi per malattia nei Paesi europei è dell’11,2% riferita a lavoratori con problemi di salute mentale». Il relatore ha inoltre suggerito che i consigli per il trattamento dei disturbi mentali sono quasi sempre relativi alla terapia cognitivo comportamentale, o altre forme meno diffuse ma basate sull’evidenza.

Più settoriale e specifico l’intervento di Felice Perussia, professore ordinario di Psicologia Generale dell’università di Torino che, con un tratto tra il filosofico e il faceto, ha “presentato” la Psicologia nei tre livelli: scientifica, filosofica e artistica spiegando che nel primo caso implica l’insegnamento universitario ma che non ha funzioni pratiche; la psicologia vista dal punto di vista filosofico, ossia l’analisi concettuale e la sua utilità, è irrilevante ma è comunque interessante; mentre se vista per l’aspetto artistico essa denota il concetto di mera creatività…

Su cosa deve o dovrebbe fare l’Università è intervenuto Alessio Rocchi, direttore generale IUSTO Rebaudengo di Torino, precisando che deve custodire, verificare e trasmettere il sapere; inoltre, ispirare il cambiamento poiché tutte le terapie basate sull’evidenza hanno il merito di coniugare i due aspetti. Intervenendo a sua volta Franco Ancona, partner in Pricewaterhouse Coopers Advisory (PwC), ha precisato che nel nostro Paese diverse e vaghe sono le ragioni che ostacolano lo sviluppo dell’assistenza psicologica. «Tra queste – ha spiegato – l’aspetto organizzativo: la cura della salute mentale secondo il nostro SSN è delegata al Dipartimento di Salute Mentale (assistenza territoriale), che è gestito dalla Psichiatria il cui approccio è diverso da quello della terapia cognitivo comportamentale proposto dagli psicologi. Altro aspetto limitante è di tipo culturale: sovente il paziente quando si rivolge in ospedale non trova il medico di riferimento. Ma vi è anche l’aspetto riguardante i risparmi quantificati che non corrispondono a quanto preventivamente investito». In effetti chi dovrebbe investire in questo tipo di assistenza è il SSN, ma non è l’unico beneficiario dei ritorni economici che si dovrebbero avere in quanto può investire in previsione di un ritorno diretto…, magari facendo riferimento alle esperienze di altri Paesi più virtuosi.

Ancora più “incisivo”Alessandro Lombardo, presidente dell’Ordine degli Psicologi del Piemonte, il quale ha sottolineato che la psicologia nelle cure primarie (compreso il trattamento della malattia mentale) rientra nelle riorganizzazione della sanità pubblica in strutture polivalenti e polifunzionali. «Noi, come categoria – ha spiegato, – siamo disponibili alle evidenze scientifiche fornendo un adeguato servizio. Gli psicologi che lavorano nel pubblico sono circa 400 e gli iscritti all’Albo regionale sono 5.700; e poiché parte della salute mentale è in mano ai libero professionisti, si tratta di cogliere le sfide e i bisogni posti dal contesto sociale». In effetti la Sanità pone due questioni essenziali: gli anziani sempre più in aumento e l’aspetto dell’economia (che tarda a risalire la china) e, a detta di Lombardo, la categoria è in grado di fornire soluzioni soprattutto dal punto di vista psicologico.

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