Cernobyl, un disastro senza fine

 

 

ROMA – Anche se ormai e’ passato piu’ di un quarto di secolo, l’incidente di Chernobyl di 27 anni fa continua a far parlare di se’, e non solo come monito durante le discussioni sul tema del nucleare civile. L’attenzione delle agenzie Onu e’ ancora alta nella zona dell’incidente, mentre in Europa ogni tanto tornano i segni della nube radioattiva dell’epoca, come successo di recente nei cinghiali della Valsesia.

Nelle regioni di Ucraina, Russia e Bielorussia investite dall’incidente e’ ancora attivo l”Action Plan’ dell’Onu, che prevede che il decennio dal 2007 al 2016 sia dedicato al ‘recupero e allo sviluppo sostenibile’. Le analisi sempre in corso indicano che la zona con radiazioni troppo alte e’ in continuo restringimento, mentre continuano a registrarsi casi di tumore riconducibili al disastro. L’Organizzazione Mondiale della Sanita’ ha stimato 5mila casi di tumore della tiroide nelle aree colpite riconducibili all’incidente, mentre per altri tipi di tumore non ci sono state evidenze di aumenti particolari: “Questo pero’ non vuol dire che il maggior rischio non ci sia – scrive l’agenzia – un piccolo aumento del rischio di tumore e’ atteso, anche se sara’ molto difficile da identificare”.

Per quanto riguarda la quantita’ di radiazioni ricadute al di fuori dei territori dell’ex Urss, un rapporto dell’allora Cee ha escluso dosi preoccupanti, mettendo comunque il nostro paese al terzo posto dietro Grecia e Germania. Dal documento risulto’ che le dosi effettive medie assorbite nel primo anno dopo Chernobyl e da un neonato erano di 420 sieverts in Grecia, 230 in Germania e 160 in Italia, di poco superiori a quelle dovute alla radiazione di fondo gia’ presente nel nostro paese. In Europa sono stati condotti diversi studi soprattutto sul rischio di leucemia, che si verifica in tempi piu’ brevi dall’esposizione rispetto agli altri tumori, e tutti hanno escluso che ci siano stati aumenti. Nonostante le rassicurazioni pero’ il rischio di accumulo delle radiazioni permane, come dimostra l’episodio in Valsesia dello scorso marzo, quando in alcuni cinghiali sono state trovate quantita’ molto elevate di cesio 137 che diversi esperti hanno ricondotto proprio all’incidente di Chernobyl. Segnalazioni analoghe erano state fatte anche in Germania, sempre sugli stessi animali, sia nel 2007 che nel 2010, e anche in quel caso la spiegazione considerata piu’ plausibile riguardava il disastro della centrale.

Fonte: Ansa

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