“Caso Stamina”: a Torino una tavola rotonda per fare chiarezza
Il “Caso Stamina” sotto i riflettori a tutela dei pazienti e degli operatori impegnati nella ricerca e nella terapia
di Ernesto Bodini
(giornalista scientifico)
Per contrastare le molteplici polemiche e cercare di far luce sul problema della terapia con le cellule staminali, e in particolare sul cosiddetto “Metodo Stamina”, si è tenuto un incontro multidisciplinare nella sede dell’Ordine dei medici chirurghi e odontoiatri della provincia di Torino, che ha visto riuniti in una tavola rotonda esperti di neuroscienze, di bioetica e in campo giuridico. Particolarmente incisivo il tema: “Terapia cellulare nelle malattie neurodegenerative e post traumatiche del Sistema Nervoso Centrale (SNC)”, voluto da Giuseppe Carannante, responsabile scientifico, primario emerito di chirurgia vertebrale al C.T.O. subalpino, e membro della Società Italiana Midollo Spinale (SIMS). Un invito a considerare che sono sempre più numerose le persone che parlano di scienza senza conoscerla, creando movimenti di opinione spesso assai discutibili e favoriti da una serie di informazioni ridondanti, tali da “suggestionare o condizionare” sia i pazienti che i medici stessi.
Un “autorevole” j’accuse è quello di Elena Cattaneo, senatrice e luminare nel campo delle Neuroscienze, reso noto nel corso della tavola rotonda, coordinata dal giornalista medico-scientifico Nicola Ferraro, attraverso una breve intervista rilasciata al TG locale della RAI e proiettata in sala: «… noi scienziati abbiamo avuto parole durissime contro il “caso Stamina”, contro questo inesistente metodo che veniva somministrato a malati affetti dalle più diverse patologie, e quelle parole durissime sono legate al fatto che si tratta semplicemente di un “inganno” scientifico e medico, e che non c’è nessuna scelta, nessuna medicina… Io penso davvero che il caso Stamina sia il “tradimento” della richiesta di cure, il tradimento di richiesta di attenzione e accompagnamento alla sofferenza, alla quale lo Stato deve rispondere attraverso la ricerca, le cure che può somministrare, e rispondere ancora di più stando vicino a questi malati. Ma non è somministrando un danno che si risponde a questa richiesta. E Stamina per noi è stato il più grosso “deragliamento” deontologico che sia mai avvenuto nella storia della medicina italiana».
L’intervento del prof. Alessandro Vercelli, autorevole ricercatore e direttore del Neuroscience Institute Cavalieri Ottolenghi (NICO) di Orbassano (To) ha precisato che sperimentare e trapiantare cellule staminali comporta dei rischi notevoli, come ad esempio la formazione di tumori… in quanto le cellule sono molto diverse le une dalle altre, e perciò è necessario un rigoroso controllo di qualità. «Per queste ragioni – ha spiegato – sono da considerare le responsabilità dei ricercatori che vogliono utilizzarle nella clinica, come pure è necessario il controllo dei Comitati Etici che devono valutare la fondatezza della ricerca clinica e l’utilità terapeutica, previo ovviamente il consenso informato del donatore delle cellule, che peraltro deve sottoporsi ad uno screening per le malattie infettive». Dalla letteratura si rileva che per quanto riguarda i traumi del midollo spinale, ci sono molti studi (soprattutto cinesi e indiani) con le cellule staminali mesenchimali (tipo di cellule adulte, immature e indifferenziate, ndr) che riferiscono esiti di recupero funzionale, ma che in non pochi casi sono privi di controllo tali da non far comprendere se il miglioramento è dovuto alle cellule trapiantate o al naturale decorso della malattia. «Per quanto riguarda la Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA) – ha ricordato Vercelli – in Italia c’é stato un trial (studio clinico e/o farmacologico sull’uomo, seguendo dei protocolli ben definiti, ndr) attivato dalla dottoressa Letizia Mazzini della Clinica neurologica dell’Ospedale Maggiore di Novara, in cui si è notato l’assenza di effetti collaterali… All’estero sono in corso diversi trial, parte dei quali senza effetti collaterali, ma in seguito interrotti per assenza di fondi. Altre malattie alla particolare attenzione dei ricercatori sono il morbo di Parkinson e la malattia di Hutington, per le quali si può più facilmente sperare un giorno di curarle con le cellule staminali».
Ancora oggi ci si chiede, quindi, come sia possibile che nel nostro Paese accadano vicende come il “caso Stamina”, un fatto per certi versi irreale che si trascina ormai da lungo tempo e che in modo surrettizio sembra porre in alternativa le cure compassionevoli, che peraltro devono essere garantite ai malati, soprattutto terminali. Su questo aspetto nel corso della tavola rotonda è intervento il bioeticista Luca Savarino, precisando che al di là del nostro sistema giuridico, questa realtà non è una vicenda unicamente italiana. «Nel nostro Paese – ha spiegato – la questione ha avuto particolare rilevanza sia per la politica che per la magistratura; e fatti come questi sono problemi che richiamano un passaggio dal “laboratorio al mercato” senza la mediazione di tutte le fasi come la sperimentazione, l’efficacia e la clinica che tradizionalmente sono legate all’utilizzo della tecnologia. L’applicazione terapeutica di metodologie cliniche, nello specifico delle cellule staminali non adeguatamente testate, non è un fenomeno meramente italiano; la questione è che, in questo caso, i pazienti vengono trasformati in “cavie paganti”, che organizzano loro stesse manifestazioni pubbliche e sono convinte che si debba dare una speranza anche se l’evidenza dimostrerebbe il contrario. Bisognerebbe affrontare il tema di qual è l’immaginario simbolico che la ricerca oggi solleva, ossia quali sono le reali aspettative, le speranze e quali i timori; inoltre, la politica dovrebbe occuparsi degli aspetti etici, sviluppando dei meccanismi di partecipazione sulle questioni biotecnologiche che aiuterebbero sicuramente a rendere più consapevole la collettività delle questioni relative al senso della pratica scientifica».
Sul concetto di “cavie” è di opposto parere il giornalista Ferraro il quale ritiene essere un termine improprio, in quanto per essere definite tali deve sussistere un metodo scientifico che sia asseverato in qualche modo… Sul concetto di metodo è intervenuta la giurista Valeria Marcenò sottolineando che dei 50 lavori (visionati) pubblicati nel 2005, nessuno degli stessi riporta una caratterizzazione morfologica, biochimica e funzionale che dimostri che dalle cellule mesenchimali si può ottenere la formazione di neuroni. Il problema è stato ripreso anche dalla senatrice Nerina Dirindin (esperta di politico-economia sanitaria), ribadendo che alla luce dell’attualità anche nell’ambito della ricerca e quindi delle cure, bisogna tener presente che pur essendo il nostro Servizio Sanitario su base universalistica, non è più possibile concedere tutto a tutti come quando è stato istituito il SSN nel 1978 (Legge n. 833), ed è quindi necessario che il sistema politico imponga ogni volta dei “filtri” in grado di stabilire priorità e concretezze.