C’era una volta un politico di tutto rispetto: il punto su Gianfranco Fini

Gianfranco Fini è un’esemplare di quella specie in via di estinzione chiamata “politico” (politico vero, s’intende): sobrio, colto, cauto, intelligente, lungimirante …
Pur non condividendone l’orientamento politico, non si può, infatti, non riconoscere che, nell’attuale scenario politico italiano, il leader di An sia uno dei pochi ad avere alle spalle un percorso degno di rispetto, a non essersi convertito alla mediadicità fine a se stessa, ad aver conservato buon senso, buon gusto e buona creanza (che dovrebbero essere requisiti imprescindibili per chi sceglie questa carriera). Davvero poche volte ha avuto cadute di stile, comunque scusabili visti i toni che ormai ha assunto il confronto tra le parti (dopotutto è pur sempre un uomo, come tale imperfetto).
Sono questo suo modo di essere e questo suo modo di fare politica che dovrebbero valergli il rispetto e la stima degli amici come dei nemici; questi gli elementi che ne fanno un ottimo Presidente della Camera. Perché Fini è sì un politico, con le proprie idee e – chiaramente – le proprie ambizioni personali, ma è anche un uomo di Stato, consapevole che per il bene comune bisogna saper mediare e, a volte, fare delle rinunce. L’ha dimostrato nel suo partito al quale – vuoi per vera convinzione, vuoi per strategia, in ogni caso con una mossa sicuramente intelligente – ha imposto una svolta democratica, realmente e positivamente modernizzatrice; l’ha dimostrato nella coalizione di centrodestra, accettando un ruolo sicuramente secondario rispetto a quello rivestito nel più ristretto circolo di An (anche troppo secondario per quelle che sono la sua intelligenza e la sua statura politica) ed evitando di impuntarsi come un bambino cocciuto su proposte che non avevano il consenso dei partiti alleati (uno dei quali, al contrario, ha sempre scelto la strada delle parole di troppo e del muso duro contro tutto e tutti); lo sta dimostrando ora, da Presidente della Camera, con i suoi inviti, rivolti a tutte le parti, ad un confronto costruttivo e moderato sulle grandi riforme, oltre che al rispetto delle regole scritte e non scritte che disciplinano la dialettica tra i poteri dello Stato, interpretando così al meglio il suo ruolo istituzionale.
Eppure c’è chi lo accusa (e sono più gli “amici” che i nemici, forse perché troppo impegnati a litigare tra loro) di non saper fare bene il suo mestiere, di strumentalizzare il ruolo che attualmente riveste per portare avanti rivendicazioni personali e guadagnare maggiore visibilità.
Può darsi anche che Fini si stia preoccupando del suo futuro politico e che i suoi comportamenti siano anche frutto di argute strategie (per gli scherzetti, il cabaret ed il pianobar evidentemente non è portato…), ma se questo può servire a risanare se non la sostanza almeno l’immagine della politica e delle istituzioni ben venga comunque.
Marcella Onnis