BREVE “ANALISI SOCIOLOGICA” SULLA MAGGIORE ETÀ

di Ernesto Bodini (giornalista ed opinionista)

 

 

 


Sono trascorsi oltre 43 anni da quando la maggiore età degli italiani è passata da 21 a 18 anni, ossia dal 1975, con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale n. 67 del 10 marzo 1975 della legge 8 marzo 1975, n. 39, che reca la definizione: “Attribuzione della maggiore età ai cittadini che hanno compiuto il diciottesimo anno e modificazione di altre norme relative alla capacità di agire al diritto di elettorato“. Indubbiamente lo si è voluto considerare un progresso, ed anche una emancipazione che, nell’ambito del diritto, consiste nell’attribuzione al minore della capacità giuridica di agire limitatamente agli atti di ordinaria amministrazione; nel diritto romano e medievale. Ma da allora ad oggi, cosa è cambiato nel comportamento dei giovani 18enni, sia in senso civico che di responsabilità etico-morale e giuridica? Non ho elementi statistici in merito, ma come opinionista mi pongo il problema in ragione del fatto che una valutazione in merito sarebbe da fare, sia per il diritto-dovere al voto che per tutte quelle azioni che comportano una firma, o comunque una qualsiasi decisione che può “condizionare” la vita stessa degli interessati e della collettività in genere. È indubbio che questo argomento è di pertinenza soprattutto sociologica e psicologica, oltre che antropologica, giacché maggiormente deputati a valutazioni più appropriate in merito ad azioni e comportamenti. Senza prevaricare le loro competenze non si può negare che da allora ad oggi non sono poi così rari gli episodi di cronaca nera e giudiziaria con al centro protagonisti in parte tra i 18 e i 21 anni; come pure il calo notevole di presenze in ambito culturale, a parte le poche occasioni di rassegne letterarie annuali come il Salone del Libro di Torino, dove l’affluenza dei giovani (studenti e non) è quasi sempre notevole… ma per pochi giorni. Un contributo a questo approccio lo ha in parte dato la Scuola, in parte determinate famiglie, e più sporadicamente iniziative culturali in senso lato da parte di Istituzioni pubbliche. Ma per il resto? Qual è il “vero target” dei maggiorenni di questi ultimi tempi in un contesto sociale in cui si ambisce (e si è manifestata sempre più) una eccessiva libertà di costumi? Quesiti che inducono a qualche riflessione, come ad esempio, c’é da chiedersi se riconoscere la maggiore età a 18 anni sia stato più un bene che un male. Personalmente ricordo che, alcuni decenni addietro, essere maggiorenni a 21 anni significava aver raggiunto quel grado di maturità che ha ben poco a che vedere con quella dei 18enni di oggi; ed è pur vero che allora si aveva l’ambizione di essere considerati “uomini” prima dei 21 anni (sia per il concetto di indipendenza che per le conquiste sentimentali…), ma è altrettanto vero che quella “attesa” veniva vissuta con un maggior senso di responsabilità, sia pur in ragione del fatto che c’era minor libertà di costumi, mentre vi era più senso civico. Inoltre la Scuola, quale istituzione inizialmente con matrice educativa, aveva maggiore incisività nel contribuire a far crescere alunni ed allievi in modo adeguato e… senza fretta per arrivare ai 21 anni. Ma poi, purtroppo, anche questa “Maestra di vita” nel tempo è venuta un po’ meno, e oggi, a mio modo di vedere, ci troviamo a constatare che la maggiore età non è necessariamente configurabile in “cifre”, bensì nel grado di valutazione obiettiva della psiche del soggetto. Credo che a riguardo, gli esperti di cui ho fatto cenno, avrebbero da ridire o “perfezionare” queste mie considerazioni, ma al tempo stesso non dovrebbero sottacere che la società d’oggi, formata ormai in gran parte da maggiorenni di anni 18, è affetta da vizi e protagonismi deleteri che in taluni casi nemmeno “l’ultra maggiorenne” si sognerebbe di manifestare. Alla luce di quanto espresso ritengo, molto modestamente in quanto non ho titoli in merito, sarebbe auspicabile soffermarsi su questi “benedetti 18 anni”: veri uomini del domani od eterni adolescenti irresponsabili più di oggi che di ieri? In conclusione, tutto è riconducibile alla saggezza che rappresenta la capacità di scegliere e volere in maniera razionale, riconoscendo la differenza tra bene e male: ecco perché acquisire esperienza per pensare correttamente e per le nostre decisioni future ci vuole tempo; e se è vero che secondo l’opinione popolare si diventa più saggi con il passare degli anni, è bene non bruciare le tappe accelerando un processo che è sempre commisurato al proprio sviluppo psichico-fisico e all’ambiente di vita di appartenenza.

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