Bilotti, così è il ritorno alla terra nel 2000: agricoltura e energia

Un’architetta paesaggista quarantaduenne e mamma di quattro bambini, alle prese con la terra del nonno, 500 ettari di ulivi e viti, un castello sulle colline di Altomonte sopra la Piana di Sibari, orti, frutteti, maneggio per cavalli di razza, albergo diffuso. Rita Bilotti ha deciso che il proprio futuro professionale non dovesse essere nel design e nei progetti edilizi, ma nella campagna calabrese, alle porte di Cosenza, dove è nata e cresciuta la sua famiglia.
Un piano che si sta realizzando con lei nei panni dell’amministratore delegato dell’azienda agricola Serragiumenta. Alla base, idee chiare che coniugano tradizione e innovazione tecnologica, anche grazie all’aiuto del marito, Paolo Canonaco, di professione avvocato, che vive tra Roma e la Calabria. La tenuta ha 30 chilometri di strade interne (in parte asfaltate), con 15 chilometri di linee elettriche di proprietà e 20mila metri quadri di fabbricati rurali, depositi e altro, dove lavorano 50 operai. In virtù di un accordo con Enel Green Power e Sharp, su 45 ettari di Serragiumenta, è installato un impianto di energie rinnovabili per una potenza di duemila 200 Kwp e una produzione energetica di 3500 kw sufficienti per alimentare il fabbisogno di mille famiglie e quello dell’azienda, con un risparmio di 2.300mila tonnellate di Co2, e un risparmio di combustibile fossile di 780mila chili.
“Questo posto nel nulla – dice l’imprenditrice – ha un’anima produttiva straordinaria, e un programma di sviluppo secondo cui dal 2018 l’intero appezzamento, fino all’ultimo acro di terra, sarà messo a reddito”.
Già ora a Serragiumenta, su una porzione di 105 ettari, si producono 700 quintali di uva da vino, di cui un 15% fatto in casa, e 10 mila bottiglie di vino doc, il Terre di Cosenza, più 2500 quintali di uva da tavola, di varietà Vittoria e Italia, e 10mila e 500 quintali di albicocche e pesche coltivati senza pesticidi. Biologico anche l’olio di oliva, circa 200 quintali anno, per un equivalente di 30 mila bottiglie. Dal 2011 il fatturato complessivo di gruppo è in crescita: da 1,8 milioni di euro è salito a 2,1 nel 2012, a 2,3 nel 2013, fino ai 2,5 del 2014.
“Nonno Federico, ai primi del Novecento, aveva una piantagione estensiva di grano e allevava bovini. Ha avuto premi di produzione e di qualità anche negli anni della riforma agraria. Mio padre Salvatore Carlo, ingegnere, ha trascorso dieci anni in Africa, Kenia, Uganda, Tanganica, a costruire ponti”. Alla malattia del padre, Carlo torna a Serragiumenta e, suo malgrado, all’agricoltura con i fratelli. Architetto, tesi in paesaggio agrario, Rita Bilotti si butta anima e corpo nell’impresa. “La mia è stata una scelta consapevole. Con questi ulivi secolari ho iniziato a fare quindici anni fa olio extra vergine, confezionato, etichettato, con l’oliva del tipo la tondina, piccola e fruttata, tutelata dal dop Bruzio della fascia prepollinica, che riceve molti consensi al nord. Ne produco 200 quintali all’anno e la vendo dal Trentino alla Calabria. Produzione bassa ma sana di coltura biologica”.
A questo si aggiunge l’ospitalità diffusa, nella struttura che era la casa dei miei nonni, l’antica magione dei principi Sanseverino, il centro dell’azienda, utilizzata per ricevimenti, matrimoni anche dall’estero: “Francesi, russi e danesi sono innamorati di questo posto, noi organizziamo dalle bomboniere ai fiori, passeggiate a cavallo, gite sul Pollino, e nei borghi del Mar Ionio”.
Convegni, eventi e altro portano durante l’anno circa 8mila presenze, con una disponibilità di 30 posti letto che nel 2015 raddoppieranno. Al termine del percorso di sviluppo e di investimento, il fatturato di gruppo si attesterà tra i 3,5 e i 4 milioni, con un incremento di altri venti operai. Il 50% del fatturato verrà dalle attività agricole e agrituristiche, il 30% dalle energie rinnovabili e il 20% da attività varie come l’apertura di un vivaio.
“Da cinque anni a questa parte abbiamo deciso di reinvestire tutti gli utili prodotti per completare il progetto aziendale  –  conclude l’imprenditrice calabrese –  senza ricorrere a indebitamento bancario. L’ultima scommessa? Stiamo riscoprendo le coltivazioni di prodotti perduti come la patata viola, nota come la vitelotte. Vogliamo provare a rilanciarne la produzione”.

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