L’angolo di Full: “Segni particolari: tutti”

Quando ce vo’, ce vo’: ogni tanto abbiamo bisogno di una “svegliata” e, affinché sia efficace, occorre spesso che sia anche brusca. Con la schiettezza che contraddistingue la sua miglior satira, nel racconto di oggi Fulvio Musso canzona noi italiani e, divertendoci, ci apre gli occhi sulla nostra esterofilia e la nostra smania di modernità.

Prima di lasciarvi al suo brano, vi ricordiamo che potete contribuire anche voi ad alimentare questa rubrica dedicata ai racconti brevi. Come? Leggete qui il regolamento di Raccontonweb


Segni particolari: tutti

Sono nato in Italia e d’allora non mi sono più ripreso. Tuttavia mi ritengo una persona del tutto normale… e dunque completamente sballato.
Ho passato i primi anni della mia vita a sentirmi ripetere quanto fossi intelligente e gli anni successivi a convincermi che viviamo in un mondo di bugiardi.

Le cose che non capisco sono tantissime. Direi tutte.
Ieri si parlava di cinema e nessuno sapeva spiegarmi perché, all’estero, i film stranieri vengono recitati integralmente dagli attori originali e tradotti nei sottotitoli, mentre in Italia tutto viene doppiato, spesso da doppiatori cani che fanno fare delle figure di merda agli attori veri.
Da noi si doppiano persino i film porno: “Ah! Ah! Aaaah!”  diventa “Oh! Oh! Ooooh!”.
Addirittura, si doppiano i telegiornali, tipo quelli per non udenti. Ma, se al posto dei segni, la Rai usasse gli universali sottotitoli, dove finirebbe il folclore? E le cattive notizie raggiungerebbero anche l’esercito dei sordastri, compresa mia zia Cesira che, magari, non canterebbe più Catarì mentre tira la sfoglia.
Se giri un po’ il mondo, ti accorgi che, nei Paesi più evoluti, dirigenti e professionisti si presentano col proprio nome: John, Albert, Claudine. In Italia, col cognome: Rossi, Caputo, Brambilla. Invece, nei film doppiati sentiamo dire: “sono la dottoressa Duval” o “sono il dottor Smith “, con relativa figura di merda dei personaggi. I nostri laureati più sprovveduti (non azzardo percentuali) si convincono che ci si debba annunciare in questo modo e la confusione in proposito è tale che alcuni presentano il proprio biglietto da visita col titolo accademico ben visibile, ma barrato a penna: quando si dice la falsa modestia! “Quelli so’ i più burini”, sanziona un’amica professionista avvezza a interloquire coi numeri uno.
I doppiatori cinematografici ci hanno talmente abituati ai loro strafalcioni che ormai ci appartengono. Non diciamo più “è uscito” bensì “è uscito fuori”, quasi esistesse l’alternativa “uscire dentro”. Il verbo “tenere” è dappertutto come il prezzemolo e i nostri sceneggiatori non tengono più pudore di niente.

        A proposito d’ignoranza, uno dei miei dubbi più recenti riguarda i tatuaggi. All’anagrafe comunale, hanno eliminato la voce “segni particolari” perché erano ormai troppi quelli che dichiaravano: “pitone di traverso all’ombelico” o “amo Carmela sotto la scapola destra”. A questo proposito suggerisco di frequentare donne dai nomi comuni. Conosco un tatuato che, ogni volta che cambia morosa, diventa matto per trovare un’altra Giuditta.
Per superare i dubbi e per conservarmi una regolare anormalità, sto pensando di andare anch’io da un tatuatore. Anzi, da una tatuatrice. Magari con un bel culo, tanto costa uguale e mi fa sentire un anormale abbastanza normale.

Fulvio Musso

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *