L’angolo di Full: “L’intruso”

S’era svegliato ansimando e fradicio di sudore. Qualcosa si agitava dentro di lui. Qualcosa o qualcuno? Chissà perché questa strana idea: qualcosa o qualcuno?
Alex decise di alzarsi e mentre usciva dalla stanza notò lo strano comportamento della propria ombra che non seguiva i suoi movimenti col dovuto sincronismo. Era sempre in ritardo o in anticipo: una cosa incredibile, pazzesca.
Volle fare una verifica nello specchio del bagno e, muovendosi con attenzione, accertò le stesse indecisioni nell’immagine riflessa.
Dapprima pensò a un disturbo nervoso o anche solo visivo. Ma poi si convinse che qualcosa di spaventoso s’era annidato dentro di lui. Dopo qualche esitazione trovò il coraggio di guardare i propri occhi riflessi nello specchio e scoprì l’intruso. Era proprio dentro di lui e aveva uno sguardo ben diverso dal suo.
Si fissarono spaventati attraverso gli stessi occhi.
D’improvviso Alex riconobbe quello sguardo: apparteneva al personaggio del sogno di poco prima.
Quella sera, il telegiornale aveva riferito un terrificante incidente nel quale aveva perso la vita un amico dei suoi anni giovanili, il suo vecchio compagno di bagordi, il complice delle ore perse e delle imprese balorde, sempre abbandonati ai piaceri della notte e delle strade, sviati come cani da tutti gli odori L’amico al quale, fra l’altro, aveva soffiato la ragazza, Germana, divenuta poi sua moglie.
La notizia della disgrazia l’aveva talmente impressionato da fargli sognare l’amico scomparso.
«Ē arrivato il momento del bilancio, Alex, e abbiamo un grosso scoperto che va pareggiato» gli diceva, in sogno, l’ex compagno con il suo solito tono scanzonato. E gli chiariva la natura dello scoperto:
«Ti sei cuccato otto buoni anni con Gegè. Ora mi riprendo quello che è mio».
Gegè era il nomignolo col quale l’amico aveva sempre chiamato Germana. Un nomignolo che Alex detestava.
«Il bilancio l’hai chiuso tu, io non ci penso proprio» aveva replicato Alex, scosso dalla singolare richiesta.
«Attento! Dovresti sapere che ora sono in una posizione di supremazia rispetto a te» aveva replicato l’altro con una calma glaciale.
Atterrito, davanti allo specchio, Alex cominciava a rendersi conto di quale supremazia parlasse l’intruso.
Poi, improvvisamente, in un lampo di lucidità, capì come poteva liberarsi di lui. Che diamine, era tanto semplice! Persino ovvio.
Realizzò che il sogno non era affatto concluso, s’era solo trasformato in incubo e gli incubi vengono spesso scambiati con la realtà; credeva d’essere sveglio mentre ancora sognava. Qualcosa del genere gli era già capitato. Non gli restava che coricarsi cercando di starsene tranquillo in attesa del vero risveglio che avrebbe dileguato l’intruso.
Si sentiva completamente svuotato delle forze come se qualcosa gli stesse succhiando la vita stessa. Pensò dipendesse dall’estrema tensione che stava subendo e crollò sul letto rischiando di svegliare la moglie.
Un obliquo raggio di sole filtrava da sotto l’imposta irretendo lente spirali di pulviscolo. Germana, sveglia da qualche minuto, guardava assorta il bel profilo del marito. Ma non pensava a lui, la tragica notizia della sera precedente polarizzava ancora i suoi pensieri.
Aveva sposato Alex sebbene fosse innamorata dell’altro, l’affascinante mascalzone buono solo a farla soffrire. E a farle vibrare l’anima! L’uomo gabbiano, l’uomo aquila al quale aveva rinunciato dopo una sofferta e burrascosa relazione. Aveva poi accettato la corte del devoto, flemmatico Alex che, dell’altro, non aveva la vitalità né il fascino. Ma nemmeno l’egoismo, la crudeltà.
Secondo Germana, qualcosa d’inquietante si nascondeva dietro gli occhi dell’altro, tanto impenetrabili che sembravano messi dall’anima a guardia di se stessa, forse per difenderla. Oppure per impedire l’evasione a qualcosa di spaventoso che l’anima nascondeva.
Lo sguardo di Germana indugiava sul bel profilo del marito come a cercarvi consolazione. Notò una piega dura, insolita sul suo labbro inferiore e ipotizzò un cattivo sogno. Poi corse con l’occhio all’orologio, l’ora della sveglia era ormai trascorsa:
«Alex! Svegliati, é tardi.»
«Tranquilla, Gegè» brontolò l’Intruso voltandosi dall’altra parte.
Fulvio Musso
E ci credo che qualcosa si agitava dentro di lui, povero Alex! “L’affascinante mascalzone”, proprio perché era un mascalzone, non solo si era preso la sua anima, ma gli aveva cambiato pure i connotati; in quella mutazione non aveva esitato ad attuare quella mors tua vita mea in cui da vero intruso si era reicarnato nell’altro. Povero Alex, credeva che fosse un incubo invece era realtà, o forse l’incubo si protraeva da anni e lui non se ne era reso conto e solo in quel momento aveva preso consistenza. Adesso Gegè poteva stare davvero tranquilla!
E’ un racconto complesso che richiede un’analisi accurata. Quell’intruso potrebbe essere chiunque e qualunque cosa o addirittura una sindrome di alienazione mentale. Tutto è possibile!
Un saluto e buona settimana.
Lucia
Ciao Lucia, questo non è il mio solito brano nato dal nulla o da un ricordo, questo è stato scritto tanti anni fa di seguito a un incubo.
Non ho ancora capito se l’ho scitto io o quell’altro del sogno. Facciamo che, se ti è piaciuto, l’ho scritto io.
Grazie, ciao
Compito di chi scrive è anche “confondere” le idee! Spiazzare il lettore! Metterlo fuori pista! E poi che importa, se tu o “quell’altro del sogno”! Il racconto mi piace! La soluzione all’enigma sta tutta nelle ultime 6 righe del racconto, anzi proprio nell’ultima. E, se non lo hai ancora capito tu chi l’ha scritto, beh… allora… facciamo che l’ho scritto io! (scherzo, naturalmente!)
In ogni caso, grazie a te!
ciao, Lucia
…D’improvviso Alex riconobbe quello sguardo: apparteneva al personaggio del sogno di poco prima…
…«Tranquilla, Gegè» brontolò l’Intruso voltandosi dall’altra parte…
Dopo una lettura “vorace” ci si può addentrare in una bella e profonda analisi del personaggio. Nelle due frasi che ho riportato, a mio modesto parere, c’è il “seme” da cui è scaturito il brano. Se gli occhi sono lo specchio dell’anima, il senso di colpa di Alex emerge repentino fino a sconvolgere, travolgere e fagocitare sia l’anima che il “corpo” sotto le sembianze dell’amico defunto… ci sarebbero tante sensazioni da mettere a fuoco, mentre quel raggio di sole illumina pulviscoli di polvere, ma mi piace riflettere adagio, in sordina… grazie per questo brano scritto magistralmente. Complimenti!