L’angolo di Full: “L’attesa”

uomo seduto su un pontile al tramonto

Ci sono passioni che sono dure a morire. A volte ci ritroviamo a temere che si siano esaurite oppure a credere di essercene finalmente sbarazzati, stufi di attendere invano i risultati sperati e convinti che star loro dietro sia solo una perdita di tempo, ma poi quelle, ostinate, ritornano. Perché fanno parte di noi e a volte, anche se magari non ne siamo consapevoli, possono in qualche modo essere parte pure della vita di altri.

Che ne sarebbe, per esempio, di noi affezionati lettori di Full, se smettesse di scrivere quelli che lui chiama “raccontini”? La nostra attesa di lettori diventerebbe tristemente infinita!


uomo seduto su un pontile al tramontoL’attesa

Ogni settimana, da anni ormai, aspetto il suo arrivo. I primi giorni scorrono nel solito daffare, poi sono più impegnato ad aspettarlo che a brigare.
Anche quel suo arrivare quando può o vuole, è una componente del suo fascino. E lo spalancargli inutilmente la mia casa riempiendola di fiori che, nell’attesa, avranno tutto il tempo di appassire, fa parte del gioco.
Ogni volta indossa un abito diverso, un sorriso diverso, movenze diverse. E ogni volta ha qualcosa di nuovo e imprevedibile da raccontare. Quando siamo insieme il tempo si scioglie, mi dimentico tutto, anche di cucinare e… si pranza a scatolette. Di fatto, il mio tempo è lui perché, quando arriva, il tempo se ne va.
Un altro suo merito è quello di starmi ad ascoltare, silenzioso e attento. A volte gli confesso le mie cose più intime con l’ingenuo espediente di attribuirle a qualche amico o conoscente. E ogni volta finge di credermi, senza tradirsi né tradirmi.

primo piano di Fulvio Musso      Anche oggi, come solito, stavo abbandonando la speranza d’incontrarlo, e invece eccolo comparire in una nebbiolina azzurra: è il mio raccontino settimanale, forse un po’ più scarno del solito… ma comunque intenso. Come ogni brano che si rispetti, si porta appresso il titolo e stavolta non poteva azzeccarne uno più calzante: “L’attesa”.

L’attesa di questo compagno a spartire il mio tempo, a tenere lontano gli spettri. Ci accompagniamo da anni, ormai, e l’antico passo di danza ha ceduto via via a un passo strascicato. A volte, da funerale: il nostro funerale. Lo seguiamo cercando di tenerci il più lontano possibile dal carro mentre confabuliamo fitto, con la testa un po’ inclinata, staccati da tutto, ma comunque attenti a mantenerci nelle ultime file, quelle dei semplici conoscenti che, come noi, se la raccontano camminando adagio.

Fulvio Musso

4 thoughts on “L’angolo di Full: “L’attesa”

  1. L’attesa è ansia e tremore, trepidazione e speranza, pena, affanno, smarrimento, incertezza e inganno. Nell’attesa si consumano ricordi e si costruiscono proiezioni immaginarie perché l’attesa è la vita stessa, una forgia che modella, la “nebbiolina azzurra” che ammanta, ‘”l’antico passo di danza” che per mano conduce il compagno a cui affidiamo il nostro essere e il nostro sentire.
    Mi ritrovo molto con quanto dice l’autore perché anche a me succede di sentirmi smarrita, quando non riesco a scrivere neppure un verso… ma poi inattesi ecco che scendono sulla pagina bianca come una cascata di petali, ecco che emergono dall’animo a rassicurare che le passioni tornano ancor più “ostinate” di prima.
    Grazie, Full, per questi suoi scritti che leggo sempre con attenta partecipazione. Vede… mentre commento mi viene l’idea di scrivere un componimento, se Lei mi permette, intitolato allo stesso modo, D’Annunzio dice che gli scrittori si danno da bere l’uno con l’altro come i tegoli dei tetti e chissà, se oggi io non fossi proprio in attesa della motivazione giusta per scrivere versi!
    Un saluto, Lucia

  2. Ciao Lucia, concediamoci il “tu”, com’è consueto nel web.
    Grazie per il tuo vibrante commento indirizzato al protagonista del racconto più che allo smaliziato autore che, per se stesso, scrive solo la lista della spesa, come affermano noti scrittori. Questo brano, concepito tempo fa, parte da un input più pedestre: conquistata e mantenuta per anni la fatua posizione di prosatore molto seguito e prolifico, mi coglieva l’apnea quando consumavo la mia provvista di parole mettendo a rischio l’altrui attesa e… il mio onore! 🙂
    “Non sto facendo niente, ma lo so fare bene”, è una battuta del cabarettista Raul Cremona, che applico alla mia narrativa: “non racconto niente, ma cerco di raccontarlo bene” e magari con poche parole, cioè il solo modo per racimolare qualche lettore oltre i proverbiali quattro gatti. Ciò in quanto ho deciso di scrivere per il web che è un fermento di rapide incursioni dove cucca solo chi se ne rende conto. Chi vuole leggere placido sul dondolo si compra un buon libro, cartaceo o elettronico che sia. Nei siti letterari, purtroppo, il raro piacere di una buona lettura è pagato col lavoro di scambio: tu leggi me e io mi becco (davvero o per finta) il tuo micidiale polpettone.
    Tuttavia, dire molto con poche parole non è semplice come io stesso m’illudo. Me ne accorgo quando, per la fretta, scrivo anch’io lungo e, per ricondurre il brano alla mia taglia, impiego triplo tempo: infatti devo tradurre, non ridurre. Ma anche qui, è questione di esercizio, come dice l’insegnate di educazione fisica.
    Ciao Lucia, buona scrittura e grazie. Ti lascio alla tua “arena istituzionale”, come citavi in un brano.
    Fulvio

  3. Ciao,Full, intanto grazie per aver risposto e grazie anche per quel “tu” che non è soltanto un pronome personale, bensì un modo schietto per condividere “pensieri e parole” proprio come direbbe il grande Lucio.
    A proposito della scrittura sai come dice il poeta Quintana? “Un poeta soddisfatto non soddisfa” quindi quell’apnea che ogni tanto ti capita di accusare, come d’altronde capita anche me, è segno tangibile della passione che metti nello scrivere senza il bisogno del voler apparire e volerti sentir dire “bravo, come scrivi bene!”.
    Chi scrive per il piacere di scrivere, sa bene che scrive prima di tutto per se stesso, sa che ciò che propone può o non può soddisfare le aspettative di chi legge. Non importa… importante è non smarrirsi nei labirinti dell’inconcludenza. So bene cosa si prova quando si ha timore di avere più niente da dire, quando si ha paura che la Musa sia passata oltre. A volte mi capita di arrabbiarmi con me stessa per questo e più mi picco e più non viene fuori niente. E così penso succeda anche a te. E poi, avere “ragionevoli dubbi” è l’input giusto per smaltire quel senso di inadempienza che ci attanaglia e “dire molto con poche parole non è semplice” è vero, ed io devo molto affinare il mio modo di raccontare mentre tu riesci ad usare quella sinteticità espressiva che è propria della poesia.
    Un saluto e grazie a te… e al prossimo “angolo” giro.
    Lucia

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