L’angolo di Full: “Il prete”

Oggi il nostro giornale si unisce ai festeggiamenti cattolici per la Pasqua, ma ci teniamo a ribadire che la nostra linea editoriale – fatte salve le convinzioni personali di ognuno di noi – è laica.
Per questo abbiamo scelto un racconto del nostro amato Full che in qualche modo ristabilisce la “par condicio religiosa”:

 

Il prete

Quando non ero Sandokan, D’Artagnan o Bufalo Bill, sognavo la cotta candida e ricamata del chierichetto sopra la veste rossa da Messa Grande. Traguardo che raggiunsi dodicenne e mai nessun chierico, prete o cardinale salì i gradini dell’altare con tanta pompa. A parte qualche inciampo nella veste, sempre troppo corta o troppo lunga.

Mi restò impresso a fuoco un giovane sacerdote al quale servii poche messe, di quelle che vengono celebrate un po’ alla spicciolata, di prima mattina, dai preti troppo giovani o troppo vecchi per officiare le messe importanti.
I paramenti talari gli donavano quanto l’uniforme dei Corazzieri a cavallo e il viso ricordava quello di certi attori del cinema romantico. Quando officiava lui, le pie donne alla comunione raddoppiavano la fila e dimezzavano la devozione. Lo affiancavo reggendo il piatto d’argento sotto l’ostia e ricordo una ragazza dai grandi occhi dello stesso argento, i lunghi capelli neri e lisci. Nell’insieme, una dolce sirena. Quando, sempre ultima, s’accostava alla balaustra, lei e il bel prete sembravano giunti a un sospirato appuntamento. Gli occhi negli occhi, lui le porgeva l’ostia abbandonando furtivamente le dita alle labbra e alla saliva di lei. Poi, mentre tornavamo all’altare, si portava la mano alla bocca e, di quella saliva, si comunicava.

Concludevamo la messa straniti e turbati da una palese emozione, diversa eppure simile.
Chierichetto dalla candida cotta, non potevo che smarrirmi in quei sentimenti oscuri, ignaro delle ordinarie disperazioni che si consumano nella casta solitudine dei celibati imposti da un lontano papa.

Sono trascorsi molti anni. Argomenti e ricordi giacciono logori nel mio cervello come la polvere in una stanza, ma resta vivido il gesto d’amore di quel prete. O, forse, fu soltanto l’urlo di una libido che l’editto papale non poteva sopprimere.
Non saprei dire quanto giocò, all’epoca, quell’episodio sulle mie scelte esistenziali. Il fascino del bel prete “in alta uniforme” e il suo magico influsso sulle donne dovette contare non poco per quel ragazzino che s’affacciava confuso alla vita. Come contò quell’episodio dalle sensazioni torbide, e insieme sublimi, subite per riflesso.
Solo in seguito, con la maturità, potei cogliere un insegnamento vitale. Capii che la proverbiale montagna non andrà mai a Maometto così come la mastodontica Chiesa non arriverà mai al minuscolo prete. Sarà  quest’ultimo a trovare la propria Dottrina.

      Del chierichetto feci miei i gesti. Delle prediche ascoltate adottai le parole. Dall’ambiente colsi il rapporto con la gente e, della gente, mi sorpresi a sbirciare le dolci sirene in devota fila per la comunione.
Mia moglie dice che sono un buon prete.

Fulvio Musso

NDA: L’Apostolo Pietro, fondatore della Chiesa Cristiana, era sposato e, sino all’anno 1000, i sacerdoti cristiani si sposavano. Furono alcuni papi, in particolare Gregorio VII (papato: 1073-1085), a privare questi uomini del diritto alla famiglia e alla procreazione. Un diritto universale che venne poi riscattato con la Riforma Protestante (sec. XVI).
Nel racconto, il protagonista ripete questo percorso, da cattolico a protestante.

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