L’angolo di Full: “ Il barbaro e il poeta”

un orcio

 Il barbaro e il poeta

Nel suo linguaggio fiorito e ordinato come un giardino, l’anziano zio amava tergiversare e stupire prima di affondare i suoi colpi di genio: «Sto adottando i tuoi stessi sistemi di quand’eri tribuno militare in Siria».
«Cioè?»
«Mi avvalgo anch’io degli infiltrati. Senza la loro opera non avrei mai raggiunto questi risultati.»
«Non capisco il nesso. Cosa c’entrano la Siria e gli infiltrati?», Lucio tradiva la consueta impazienza mentre il profumo morbido degli incensi si mescolava a quello acuto degli unguenti spandendo nell’aria sensuali poesie olfattive.
Con gesto blando, Lucio congedò la schiava che lo stava accudendo e si voltò a cercare gli occhi dello zio.
«Ti ascolto», annunciò col tono di un invito ad esprimersi in modo più diretto e conciso.
Lo zio Marco licenziò a sua volta l’inserviente, sbuffò rumorosamente, poi si decise a concedere la sua ennesima consulenza tecnica al nipote:
«Gli infiltrati nelle linee nemiche sono una tattica antica che non sempre produce buoni risultati. I miei infiltrati, invece, sono infallibili perché agiscono all’interno dei propri schieramenti.»
«Infiltrati fra gli alleati? Continui a giocare con l’enigmistica, zio.»
«Vengo al sodo. Avrai notato, Lucio, i vari orci disseminati nei terreni qui intorno…»
«Certamente, sono le tue trappole. Sempre efficienti, immagino.»
«Più che mai: ora sono cento volte più efficaci grazie alla tecnica degli infiltrati.».

Lucio Giunio Moderato Columella, scrittore e agronomo, stava ultimando il suo trattato di agricoltura De re rustica. Lo zio, Marco Columella, uomo astuto e valente fattore, gli concedeva spesso le sue preziose consulenze sulla lotta che imperversa da sempre fra i coltivatori e il mondo animale: dai minuscoli insetti ai possenti cinghiali capaci di distruggere, comunque, intere colture. All’epoca erano particolarmente temute le invasioni di topi e ratti che divoravano le granaglie accantonate per la semina riducendo in miseria le famiglie contadine. Di conseguenza, gli agronomi cercavano sempre nuovi stratagemmi a difesa.

un orcio     Gli orci, di cui parlavano i due uomini, erano delle micidiali trappole per topi. Il recipiente, vuoto, veniva chiuso con una cartapecora incisa al centro mediante un taglio a croce e su di essa veniva appesa un’esca. I roditori s’arrampicavano sull’orcio, attratti dell’esca e favoriti da un’apposita assicella, quindi cadevano nel recipiente attraverso il taglio praticato nella cartapecora. Quando l’orcio arrivava a contenere un certo numero di prede, queste venivano affogate immettendo acqua. Alcuni anni prima, Lucio aveva esportato in Medio Oriente la trappola dello zio.
«Quand’ero in Siria, mi scrivesti di sopperire alla mancanza d’acqua, soffocando le prede con la sabbia, tuttavia non inserii l’espediente nel mio trattato: troppo lunga e atroce era l’agonia delle vittime».
Queste manifestazioni sentimentali venivano regolarmente avversate dallo zio che le considerava delle inaccettabili debolezze: «Prima ancora dell’intelligenza, Lucio, è la feroce determinazione ad assicurare la supremazia o la sopravvivenza di una specie. Una caratteristica che la nostra civiltà sta perdendo e, prima o poi, finiremo col soccombere alle orde affamate che premono alle frontiere.»
Questa volta l’anziano zio non aveva nessuna voglia d‘imbarcarsi nell’ennesima discussione al riguardo, per cui concluse in un sospiro: «Quanto meno, Lucio, cerchiamo di non soccombere a dei topi!»

Il vecchio fattore volse lo sguardo oltre l’ampio arco affacciato sui campi dove le messi ondeggiavano al vento come un mare d’oro e d’argento. La fattoria era la sua isola, le allodole, i gabbiani e lui era il vecchio marinaio rotto ad ogni tempesta.
Da un’ampolla dorata di vinum mulsum versò da bere per entrambi.
«La “tecnica dell’infiltrato” che sto per consegnare al tuo trattato, non è uno dei tanti rimedi: è la risoluzione definitiva del problema. E’ la trovata eccellente, è… genialità allo stato puro, per quanto repellente possa apparirti.»
La sua voce prese un tono neutro, professionale:
«La trappola dell’orcio è una soluzione ordinaria perché contiene un elemento troppo… umano, cioè debole. Per mera pietà, diamo alle prede una morte rapida mediante annegamento. Ho dunque eliminato questa debolezza lasciando ai topi la fine prevista dalla natura o, se preferisci, dagli stessi Dei che deboli non sono.»
Marco proseguì marcando le parole: «Dimenticati all’interno dell’orcio e abbandonati al loro destino, i topi cominciano a sbranarsi l’un l’altro sino a quando rimane un unico esemplare: il più forte e feroce. Una volta liberato, il brutale cannibale diviene un prezioso alleato che saprà come procacciarsi il cibo senza penare.»
«In un paio d’anni», concluse Marco, «centinaia di infiltrati cannibali hanno risolto il millenario flagello… almeno per quanto riguarda le mie campagne.»

Questa volta, Lucio non replicò com’era solito fare. Gli occhi bassi denunciavano tutto il suo disagio per quest’altro relitto della coscienza da affondare insieme ai molti che giacevano, ormai, nei suoi pensierosi oceani.
Il vecchio “marinaio” lesse il suo silenzio e si concesse la piccola debolezza della consolazione:
«L’amore fra le creature è un’utopia, caro Lucio, e le utopie sono distorsioni della mente: la timida rondine, che noi amiamo, è una tigre per la gentile farfalla. Di fatto, tu ed io siamo qui, vivi e pasciuti, unicamente per la ferocia nostra e dei nostri avi.

Probabilmente lo zio aveva ragione, pensava Lucio, e lui non possedeva nemmeno la metà della sua saggezza.
Ma, allora, perché queste sue… debolezze umane, questo suo amore per ogni creatura vivente, gli lasciavano dentro quel senso di fierezza, di nobiltà, di pace e… di giustizia?

primo piano di Fulvio Musso    Da illuminato agronomo, Lucio sapeva che la barbarie avrebbe sempre dominato nella zootecnia di ogni tempo.
E, da colto scrittore, sorrideva mestamente di quel se stesso idealista e poeta che, tuttavia, non avrebbe mai rinunciato alla barbarie che gli consentiva di vivere al meglio.

    Intinse la penna nel pregiato atramentum e prese a trascrivere la preziosa consulenza dello zio mediando tra la feroce forza vitale del barbaro e il sentimento, più dialettico che reale, del poeta:
”Homo, homini lupus. Et mus, mures lupus…
(L’uomo, è lupo per l’uomo. E il topo, è lupo per il topo…)”

Fulvio Musso

 

N.d.A. La tecnica della trappola è desunta dal trattato di agricoltura De re rustica di Lucio Giunio Moderato Columella, tribuno militare, scrittore e agronomo (4-70 d.C.).

1 thought on “L’angolo di Full: “ Il barbaro e il poeta”

  1. Questo racconto è splendido, l’ennesima dimostrazione di amore inossidabile per la scrittura e di grande umanità, che il disincanto non smentisce ma avvalora

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