L’angolo di Full: “Disorient Express”

Quelli che stiamo vivendo sono tempi difficili, tempi in cui le certezze crollano e diventa sempre più difficile avere ancora fiducia in qualcosa o qualcuno. Ma di Fulvio Musso e della qualità dei suoi racconti ci si può sempre fidare: lo sappiamo bene noi e così anche i suoi e i nostri lettori.

La sua firma è rassicurante come sanno essere le piacevoli consuetudini, per cui non lasciatevi intimorire dal titolo del racconto di oggi: il tema affrontato è delicato, ma a tenervi per mano in questo “viaggio” – impedendo che,  disorientati, vi perdiate – ci sarà la sensibilità dell’amico Full.

 

Disorient Express

Sparato come un siluro: prima classe, addobbato, ristrutturato, leccato, viaggio pagato, destinazione Roma per un convegno.
Di solito, in un solo giorno parto, opero e rientro a Milano completamente rintronato con il Freccia Rossa, il mio Disorient Express, per l’appunto.

Atmosfera stereotipata, viaggiatori inscatolati nelle loro cuffie collegate ai vari note-book, smartphone, tablet, eccetera. Le dita a pigiare tasti o a sfogliare icone.
Il mio vecchio portatile, in pratica una Balilla fra queste moderne city car, resta nascosto nella sua custodia mentre me ne sto col naso al finestrino come i bambini d’una volta. Se mi vedesse chi m’ha invitato al convegno, mi rispedirebbe a casa a mie spese.

Il tempo di un caffè molto rilassato ed eccoci a Bologna. Sale un signore maturo, rubicondo, piuttosto elegante. Controlla il numero sulla targhetta, saluta con un cenno, mi si siede di fronte e (non posso crederci!) apre il giornale, cioè un quotidiano di vera carta! Ci siamo accoppiati proprio bene, difatti cinque minuti dopo stiamo già conversando nel silenzio generale:
«Incredibile la perfezione raggiunta dagli eye tracker, sto leggendo qualcosa in proposito», mi annuncia come se ci conoscessimo da sempre.
«Intende i puntatori oculari? Quella sorta di mouse oculari gestiti dalle webcam dei picì. Giusto?».

Ci siamo subito riconosciuti: solo due esperti di telematica o d’informatica se ne stanno col naso al finestrino o dentro un giornale. Sulle tastiere ci smanettano gli altri, i cosiddetti utenti.

«Esatto», conferma, «i mouse oculari che consentono di comunicare col mondo mediante il semplice movimento degli occhi. Sto leggendo un articolo, straziante quanto avvincente, che parla d’un uomo completamente paralizzato al quale era stata negata l’eutanasia. Tuttavia riesce a procurarsi la morte col solo movimento degli occhi.»
Sono poche parole sintetiche, ma talmente drammatiche e coinvolgenti da farmi aggrappare subito a quella storia.
«Dopo anni d’immobilità e patimenti, l’impegno dei parenti per ottenere l’eutanasia legale da lui implorata, non aveva portato a nulla. Ma un mattino, l’uomo fu trovato morto e i rilievi dell’autopsia esclusero ogni intervento esterno. La verità emerse qualche tempo dopo verificando la cronologia delle interrogazioni Internet sul suo picì.»
Apprezzo l’abilità del mio compagno di viaggio che inserisce sapienti pause nel suo racconto per darmi il tempo di raggiungere la sua sintesi.
«Ebbene, nelle ultime settimane non aveva fatto altro che interessarsi di yoga, respirazione indotta, autoipnosi, dissociazione psichica, trance, fachirismo. Tutto con l’obbiettivo di procurarsi un blocco respiratorio irreversibile.»

Rimango senza parole, sbalordito dalla forza di un uomo che, in tale situazione, sa ottenere quanto non riesce a un’intera società. E sono soggiogato da questo potere di darsi la morte con la forza del pensiero.

Resta il dubbio che la fine di quest’uomo sia solo una incidentale coincidenza e non il coronamento di una straordinaria volontà. Ma fra il riconoscere o il togliere merito a un simile personaggio, la scelta è d’obbligo. Del resto, può cadere solo chi  osa attraversare.

Intanto l’altoparlante annuncia l’approssimarsi della stazione di Firenze e il mio compagno di viaggio si alza:
«Le lascio il giornale, così vede i dettagli.»
Ci salutiamo in tutta semplicità mentre lui s’infila fra i passeggeri in uscita.
Il quotidiano è l’Herald Tribune, aperto sul titolo A human computer. Corro con l‘occhio alla conclusione:
Pare che la paralisi dell’uomo fosse da imputare al cattivo funzionamento di un farmaco a rilascio graduale che, in pochi giorni, aveva immesso nell’organismo la dose che avrebbe dovuto introdurvi lentamente nel corso di vari mesi. S’era così sviluppato un blocco progressivo a partire dagli organi più periferici sino a una paralisi pressoché totale e stazionaria.”

Fatico un po’ nel voltare la pagina, credo a causa di una normale artrite alle dita. Tuttavia, la settimana scorsa, a seguito di una mia patologia, avevo assunto un farmaco a rilascio graduale…
Il Disorient Express fa la sua parte con un fischio lacerante.

Fulvio Musso

nda: per i meno informati in fatto di computer, preciso che non si tratta di fantatecnica. Queste soluzioni informatiche per disabili sono attuali. Altrettanto attuali sono i farmaci a rilascio graduale.

 

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