AMMALARSI E MORIRE… MA SENZA ENFATIZZARE

Non si vuol certo negare valori e ricordi di questo o quel personaggio, ma il maggior conforto va ricercato nella propria interiorità che non a caso fa rima con dignità.

di Ernesto Bodini (giornalista e divulgatore di tematiche sociali)

A volte il desiderio di rendere noto al pubblico una propria situazione patologica grave, che si presume ad esito infausto, può essere letto sotto varie forme. Solitamente quando l’interessato è il comune cittadino è per denunciare di essere non sufficientemente supportato dalle Istituzioni preposte, non tanto quelle sanitarie ma quelle invece politiche, in quanto queste ultime hanno la responsabilità di garantire in primis quelle sanitarie deputate a seguire il cittadino-paziente in tutte le sue necessità. Ma quando è una persona molto nota al pubblico a rendere nota la propria malattia, arricchita di determinati dettagli, mi chiedo se ciò rientri in una sorta di sfogo scaramantico contornato da implicito pietismo (inconscio o meno), come atto finale di sostegno da parte dei suoi cosiddetti fan o follower. In merito a ciò non intendo varcare il “sacro Gral” della Psicologia, ma mettendo a confronto le due realtà mi sembra che la maggiore attenzione con effetto mediatico è per quest’ultimo caso, come se il primo contasse meno in quanto paziente… figlio di un Dio minore, e quindi non fa notizia. In questi tempi, quindi per tutto aprile ed oltre, ogni giorno i mass media hanno comunicato il bollettino medico di un certo personaggio (volutamente con l’iniziale minuscola), come se fosse l’unico in Italia ad aver contratto una seria patologia e ad aver bisogno di cure. È pur vero che i mass media miravano a diffondere tale notizia per la notorietà del personaggio, ma è anche vero che quest’ultimo aveva tutte le facoltà per non autorizzare a diffondere informazioni sulla propria condizione di salute e di cure; ma come ben si sa in questi casi i fedelissimi di un “vip” sono a volte i primi divulgatori di tali notizie e di conseguenza i mass media al loro seguito. Stesso comportamento avviene anche in caso di decesso di questo o quel personaggio che, più è stato famoso in vita e più eco “meritava”, come a rendere immortale la sua figura e magari anche la sua anima. Ed è anche di questi giorni il desiderio spasmodico di una scrittrice molto nota, di rendere pubblica sui vari social la propria malattia… che pare abbia esito infausto come le stessa afferma. Questo modus di rapportarsi della società attraverso i suoi protagonisti, a mio avviso è un insulto alla dignità della Persona, sia nel primo che nel secondo caso, proprio con il verificarsi di queste differenze: un conto è diventare famosi per aver vissuto in un certo modo, un altro è dare lustro a quello che si sta affrontando, come una malattia. Da che esiste la stirpe umana tra i suoi componenti c’è chi concepisce la malattia e la morte come atti di “merito”, mentre tali non sono che la conseguenza di un ruolo che ci appartiene ma che non ne giustifica l’enfatizzazione; per contro, sarebbe più razionale vivere la malattia con dignità, e oggi è sempre più raro sentir dire: “… se n’è andato in silenzio”. Ammalarsi e soprattutto morire con umiltà non rientra certo nel modo di intendere della gran parte dei personaggi che hanno vissuto con il sostegno dell’ammirazione, della notorietà e magari anche dei cospicui guadagni e, per assurdo, c’è chi dà fondo ai propri risparmi per liberarsi di quella sofferenza sulla quale cade qualche riflettore ma non per suo volere. Vorrei concludere rammentando che ci sono persone che si credono speciali, altre che silenziosamente lo sono… proprio come quelle che si ammalano (e muoiono) in silenzio, lontane da ogni clamore!

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