AI POSTI DI “COMANDO” NEL PUBBLICO E NEL PRIVATO

Un’ambizione che non sempre trova riscontro nei reali meriti e competenze.

di Ernesto Bodini (giornalista e divulgatore di tematiche sociali)

Può sembrare superfluo, o forse anche inutile, ma credo che valga ugualmente la pena chiedersi come vengono individuate le persone che dovranno ricoprire importanti (e responsabili) cariche pubbliche e anche in ambito privato. Nel settore della P.A., ad esempio, solitamente i “candidati” (le virgolette sono d’obbligo) vengono designati previo concorso pubblico interno, e si auspica che abbiano determinati requisiti non solo dal punto di vista dell’istruzione, ma anche da quello culturale ed etico. Quindi funzionari, dirigenti e vari sottoposti diventano un piccolo esercito ma, da come vanno le cose, come ad esempio il persistere del “sistema burocrazia”, io credo che alcuni designati a reggere una particolare (e magari anche delicata) carica, siano individuati per aderenze e compiacenze varie, baypassando anche eventuali determinati conflitti di interesse. E questo credo che avvenga anche nell’ambito delle attività private (istituti bancari, redazioni editoriali, società varie, etc.), al cui comando con vari gradi di responsabilità compaiono (dal nulla…) personaggi che sino a quel momento nessuno conosceva… o quasi. Tutte queste persone designate a ricoprire ruoli di una certa responsabilità, godono di una posizione retributiva di un certo rilievo (fine mandato e pensione compresi), oltre a tutto quello che ne consegue come determinati benefit e notorietà che, nel tempo, possono favorire ulteriori vantaggi. Restando sempre nell’ambito del privato, c’è da chiedersi: come e da chi vengono individuate queste persone per ricoprire posti di una certa importanza? Il cosiddetto “passa parola” può essere un mezzo, ma c’è ragione di sostenere che le stesse devono essere già introdotte in certi ambiti, e magari far parte di una certa “élite” se non anche di qualche cordata politica; mentre sulle reali competenze si potrebbe disquisire perché per dirigere taluni settori non è sufficiente avere un titolo di studio, ma avere anche una predisposizione che solitamente deve essere innata per un determinato settore. Poi bisogna considerare anche gli aspetti di carattere relazionale, in quanto chi dirige una certa attività a servizio diretto con il pubblico ha una responsabilità ulteriore: si prenda ad esempio il direttore di un Centro per  disabili o per anziani il cui ruolo a mio avviso non dovrebbe essere limitato alla conduzione amministrativa, ma anche a quella logistica ed organizzativa che, se non adeguate, potrebbero avere qualche effetto negativo sugli assistiti e magari anche sul personale di servizio. Su questi aspetti l’opinione pubblica fa sentire la propria voce solo quando avvengono fatti incresciosi (solitamente divulgati dai mass media), mentre sarebbe bene e saggio seguire queste “nomine” dirigenziali per capire se nei designati sussistono le necessarie e reali competenze tecniche e doti morali, ciò al fine di prevenire per quanto possibile quello che non si vorrebbe mai apprendere dalla cronaca. Ma purtroppo il nostro Paese vive ancora sulle palafitte dell’Ego, della presunzione, del millantato, della compiacenza, della corruzione, del ricatto ed altre impalcature di dubbia moralità; un malcostume nato ed evoluto di pari passo con la crescita repubblicana, in netto contrasto con alcuni principi costituzionali che hanno ben altro dettato comportamentale. Personalmente non ho mai avuto aspirazioni “di comando” nell’ambito del giornalismo che tuttora esercito, e non a caso continuo ad essere un freelance osservando il proprio credo: “meglio povero ma libero”, una scelta favorita dal destino, forse, ma che ho sempre apprezzato senza mai tradire alcuno. È pur vero che se non esistessero figure responsabili nel condurre determinate attività (pubbliche o private) la popolazione sarebbe allo sbando, ma è altrettanto vero che essere sottomessi a certi “comandi” impropri e incompetenti si favorisce la conflittualità, il disservizio e la non soluzione dei problemi. Purtroppo, pur avendo voluto mettere sotto la lente questo fenomeno della velleità dirigenziale, non ho alcuna soluzione da suggerire per contrastarla laddove è iniqua e ingiustificata; tuttavia, non si può negare che il problema esista e con esso le relative implicazioni: in non pochi casi è inevitabile l’aforisma “carriera dirigenziale garantita pubblico a volte penalizzato”!

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