Per “Cuncambias” Abate regala a San Sperate una serata davvero speciale
di Marcella Onnis
Giovedì scorso Francesco (Frisko) Abate ha portato in scena a San Sperate, nell’ambito del festival di cultura popolare Cuncambias, il suo spettacolo È colpa tua.
San Sperate per lo scrittore e giornalista cagliaritano non è una tappa qualunque: qui, infatti, è vissuta la donna che gli ha donato un fegato nuovo, ma soprattutto una nuova vita. E da qui, non a caso, partì il tour del reading-spettacolo tratto dal suo romanzo Chiedo scusa.
Tuttavia, l’aver – per così dire – già rotto il ghiaccio, non ha sicuramente tenuto lontano da lui un certo turbamento, anche se cos’abbia veramente provato prima, durante e dopo lo spettacolo solo lui può saperlo.
Ciò che, invece, ognuno dei presenti può dire con certezza è come abbia gestito questo turbamento e cosa, quindi, abbia saputo trasmettere agli altri: Abate ha saputo domare la tensione e addomesticare l’emozione, dando vita ad una performance profondamente umana ma tecnicamente “pulita”. E il pubblico ha potuto scorgere quella fragilità dell’animo divenire potenza della parola. Per questo ha accolto in partecipe silenzio la sua voce e le sue pause, le musiche di Matteo Sau (alla chitarra) e Filippo Mundula (al contrabbasso), i video e le immagini di Enrico Spanu. Solo in un paio di occasioni mani comprensibilmente impazienti non hanno potuto trattenersi dal manifestare sonoramente il loro consenso prima del tempo debito.
Assistere a È colpa tua è bello la prima volta, ma lo è anche la seconda, perché la mancanza dell’effetto novità, viene più che compensata dalla maggiore consapevolezza con cui se ne possono accogliere i contenuti. Uno spettacolo simile lascia il segno e forse no, non ti cambia la vita, ma certamente ti mostra un modo per imparare a viverla meglio. Diversa, infatti, è la visione del mondo per chi riesce a considerare la malattia come un fatto naturale e non come una colpa, per chi sa aprirsi agli altri mostrando il proprio dolore senza vergogna e per chi sa accogliere il dolore degli altri senza pregiudizio. Per chi, cioè, mette in pratica valori come giustizia e solidarietà. Valori di cui Francesco Abate è testimone non solo sui palcoscenici, tra le colonne dei giornali o nelle pagine dei libri: lo è anche nella vita, come dimostra l’affetto con cui lo circondano – in occasioni speciali come questa – la sua famiglia, i suoi amici (in particolare i trapiantati e i familiari dei donatori), i conoscenti e anche chi, davanti alla sua grande umanità, sente il bisogno di stringergli almeno la mano e sussurrargli il proprio “grazie”.
A onor di cronaca, va detto, però, che se Abate è riuscito a trasformare una qualunque sera feriale di luglio in una serata speciale è anche grazie ad alcuni complici.
Spanu, Sau e Mundula in primis, perché – anche se le parole di Frisko sono già di per sé un’opera d’arte, – il loro apporto è un gran bel valore aggiunto.
Poi Andrea Serra, che con il suo monologo 1 orizzontale: anagramma di tremo ha preparato la platea ad accogliere con il giusto spirito lo spettacolo di Abate: un mix di ironia e sensibilità per parlare, sulle note suonate da Daniele Serra, di vita e di morte.
Quindi il tempo e la fortuna, grazie ai quali quella di giovedì scorso non è stata una delle tipiche serate afose dell’estate sarda, bensì una nottata piacevolmente tiepida.
E da non dimenticare il preziosissimo ruolo di San Sperate (in particolare del rione San Giovanni), che ha mostrato una volta di più di non essere solo il “paese delle arance e delle pesche” ma anche un luogo che incanta per la sua aria genuina e il suo profumo di creatività.
Ultimi, ma non certo per importanza, gli organizzatori della manifestazione che, con grande impegno e professionalità, hanno creato una splendida atmosfera e hanno saputo appagare mente, anima e sì, anche stomaco dei partecipanti.
Il tema di Cuncambias 2012 è “Da su connottu all’utopia”: su connottu – ossia ciò che conosciamo … e che fatichiamo ad abbandonare – sono, in questo caso, il pregiudizio e l’egoismo; pensare di sconfiggerli come È colpa tua ci invita a fare sarà forse un’utopia? I primi conti, magari, si faranno l’anno prossimo per la nuova edizione del festival.
Foto di Pino Argiolas