Roberto Innocenti, disseminatore di bellezza e verità

tavola di rosa bianca di roberto innocenti

mara durante e roberto innocenti al premio dessì 2016di Marcella Onnis

Sabato scorso, 23 settembre 2016, Roberto Innocenti è stato ospite della XXXI edizione del Premio letterario Giuseppe Dessì a Villacidro. Grande e insperata per me la gioia di poterlo sentire e vedere, trovandolo anche più bonario, spiritoso e modesto di quanto avevo percepito leggendo “La mia vita in una fiaba”, libro-intervista scritto da Rossana Dedola.

Nel presentarlo al pubblico, Mara Durante, pedagogista e docente presso l’Università di Cagliari, l’ha definito come un artista «che dissemina bellezza» con il quale condivide «l’idea che i bambini sono molto più complessi, saggi e raffinati di quanto alcuni adulti spocchiosi pensano». A suo parere «semplificare nei libri per bambini è un’operazione un po’ idiota» perché, ha aggiunto Roberto Innocenti, «i bambini vogliono crescere, sentirsi più grandi, per cui rifiutano i libri troppo semplici». Tant’è vero che i piccoli lettori apprezzano molto le sue tavole ricche di dettagli, anziché trovarle troppo complesse come si aspetterebbero certi adulti, e che proprio una giuria di bambini, nel 2008, gli ha conferito il premio H.C. Andersen, finora mai assegnato ad altro illustratore italiano.

tavola di cappuccetto rosso di roberto innocentiL’EDITORE ITALIANO, UNA BIZZARRA CREATURA – Purtroppo, questo «uomo ispirato e con grande passione» – per usare le parole di Mara Durante – nel suo e nostro Paese non è molto conosciuto, complice l’editoria italiana che, ha proseguito la presentatrice, «di questo genio non ha capito quasi niente». L’interessato, però, non si lascia amareggiare troppo: «La gente non è come l’editoria italiana. Com’è che siete così belli?! Avete voglia di fare, entusiasmo, fiducia… Io la fiducia l’ho persa. […] In “Cappuccetto Rosso” mi sono fatto un ritratto». Ha, infatti, scelto di ambientare questa fiaba in una moderna periferia urbana, così da ritrarre la realtà in tutta la sua attuale bruttezza. Nonostante il disincanto, tuttavia, a sentirlo parlare l’impressione è che in lui la scintilla dell’entusiasmo e la capacità di cogliere il bello nelle cose e nelle persone non si siano affatto spente. «Non voglio sapere cosa vuole il pubblico: io voglio essere sincero. Non so se il pubblico apprezzerà: lo scopro solo quando vengo in questi posti. C’è qualcosa che passa attraverso la voce delle persone, anche senza passare per la televisione. Non sono milioni, ma ci sono» ha affermato ancora, aggiungendo provocatorio: «L’editore sembra sia lui la cultura italiana, vuol decidere tutto lui, ma se non ci fossero gli scrittori, cosa stamperebbe?». Fortunatamente, però, ci sono delle eccezioni: oggi, ha detto, esistono «editori che mi somigliano», che pubblicano, cioè, libri per bambini non semplificati e che «soprattutto sono sinceri».

Il caso di “Rosa bianca”, dedicato al tema della Shoah, è emblematico dell’incapacità degli editori nostrani di capire tanto l’arte di Roberto Innocenti quanto i reali desideri e bisogni dei lettori più piccoli: quando propose questo progetto (il primo come autore) a Rosellina Archinto della Emme edizioni, casa editrice da lui molto apprezzata, questa lo rifiutò perché – a suo parere – troppo violento per i bambini, anche per via del fatto che la piccola protagonista muore. Altro rifiuto gli arrivò da Einaudi e il libro fu quindi pubblicato prima all’estero. «Forse erano distratti: c’è un libro che si chiama “Cuore” in cui di bambini morti ce ne sono tanti» ha commentato ironico Innocenti, aggiungendo che «qui non potevo optare per un lieto fine, fare una storia disneyana» (consiglio di approfondire il suo rapporto con la Disney tramite la lettura de “La mia vita in una fiaba” perché sull’altra faccia della “Fabbrica dei sogni” bisognerebbe davvero soffermarsi). Paradossalmente ma non troppo, ai bambini storie come “Rosa bianca” «piacciono perché aiutano a capire che non sempre c’è un perché alla violenza» ha spiegato, anche perché «il bambino all’ingiustizia deve essere un po’ educato».

tavola di rosa bianca di roberto innocentiLA CURA DELLA VERITÀ – A rendere così di valore l’opera di Roberto Innocenti, però, non è solo la bellezza del tratto e la ricchezza di particolari: è anche il processo meticoloso con cui crea o ricrea scenari e personaggi. Innanzitutto, ingloba nelle sue tavole particolari della propria esperienza personale: da lui abbiamo scoperto, per esempio, che la piccola Rosa bianca, pur essendo «l’unica cosa inventata», è comunque ispirata a una bambina tedesca che viveva vicino al suo studio. Nello stesso libro, inoltre, c’è la sua esperienza di bambino nato durante la guerra per il quale, tuttora, l’odore di quest’ultima è «odore di nafta e polvere da sparo», che la scena con i carri armati per strada si prefigge di rievocare. Nel commentare le tavole di questo libro, Innocenti ha anche fatto notare che qui «il cielo non si vede mai». «Mi venne naturale, forse neanche io lo guardai mai» ha spiegato, precisando che, invece, da bambino, durante la guerra, il cielo lo guardava: «C’erano i cacciabombardieri…». Fa eccezione l’ultima scena, come ha successivamente fatto notare, e certamente non è un caso che ritragga il primo giorno di pace, l’8-9 maggio 1945.

tavola di Pinocchio di Roberto InnocentiNei suoi lavori c’è una puntigliosa ricerca della verosimiglianza, che gli richiede di documentarsi e, a volte, viaggiare, andare in giro, sia per inventare scenari (come la Toscana di fine Ottocento del suo “Pinocchio”) sia, a maggior ragione, per ricostruire luoghi reali (la Londra di “Un canto di Natale” o il villaggio tedesco scenario di “Rosa bianca” che, ha spiegato, era molto vicino alla Polonia dove si trovavano i campi di concentramento e che forse oggi ricade proprio in questo Stato). L’errore di rappresentazione, quindi, è rarissimo e, almeno in un caso, non a lui imputabile: sempre in “Rosa bianca”, ha raccontato Innocenti, le divise dei prigionieri del campo di concentramento riportano la stella anziché il triangolo giallo perché l’editore riteneva che senza il noto simbolo non sarebbe stato chiaro che si trattava di ebrei!

La cura della narrazione è implicita anche nella scelta di affidare la stesura dei testi delle storie di sua invenzione ad altri, limitandosi a tracciarne la trama, come ha rimarcato Mara Durante. Pensate che il testo inglese di “Rosa bianca” è stato scritto da Ian Mc Ewan!
illustrazione da Rosa bianca di InnocentiA bravura, professionalità e talento, inoltre, Roberto Innocenti accompagna etica e onestà intellettuale. Ciò è particolarmente evidente in “Rosa bianca”, soprattutto nella tavola ispirata alla celebre foto del bimbo del Ghetto di Varsavia su cui, però, non mi soffermerò nuovamente, rinviandovi invece ancora al libro di Rossana Dedola e, più approfonditamente, a “Roberto Innocenti – L’arte di inventare i libri” di Giorgio Bacci, curatore della mostra omonima visitabile a Pisa fino al 16 ottobre 2016. Aggiungo solo il commento di Mara Durante che ha opportunamente menzionato l’obbrobrio del gioco Pokemon Go, che propone anche una location ad Auschwitz: «L’umanità è anche altro: trovare un Roberto Innocenti che dice “No”. Ecco l’altra visione del mondo che i nostri bambini possono avere».

Chiaramente sia per gli aspetti tecnici che contenutistici, i libri di Innocenti sono adatti anche agli adulti, come ha rimarcato Mara Durante, sottolineando che i bambini protagonisti delle sue illustrazioni «guardano la Storia, ma ci guardano anche, ci interrogano». Si interrogano e ci interrogano perché soprattutto «le sue bambine (Rosa, Erika in “Storia di Erika”, Cappuccetto Rosso…), come Pinocchio, sono sempre curiose», tanto che lui stesso – ha ricordato citandolo – le paragona ad Alice nel Paese delle meraviglie. E ha ragione anche a dire che, a prescindere dall’età, questi libri «ci aiutano ad accorgerci delle cose che abbiamo attorno e che non sono quelle che ci vogliono far credere».

LA BELLEZZA DEL PURO DIVERTIMENTO – L’arte di Roberto Innocenti, però, non è fatta solo di rappresentazione del dramma e della bruttezza che l’umanità può produrre. Come ha ricordato ancora la presentatrice, questo autore «ha versatilità, ha la capacità di passare da questa cifra struggente e poetica a un tratto più fumettistico e ilare». Ne è un esempio perfetto “L’ultima spiaggia”, che lui considera il più divertente. È un libro che, come lui stesso ha raccontato, è nato in un momento in cui non aveva ispirazione: dunque, mi ha fatto notare mia sorella, può anche insegnare, senza proporselo, la bellezza del divertimento fine a se stesso e la possibilità per l’arte di essere bella e valida anche senza porsi un fine.
tavola de L'ultima spiaggi di Roberto InnocentiDel resto, aggiungo io, i lettori riescono sempre e comunque ad attribuire ai libri scopi e messaggi, nel pieno esercizio di quella libertà di interpretazione di cui ha parlato anche Stefano Benni al Festivaletteratura di Mantova. Libertà che forse ci prendiamo perché, come ha detto Mara Durante, «i libri sarebbero inerti se non entrassimo in loro con le nostre vite». Sempre lei ha poi aggiunto che: «il lettore che ha letto tanto entra nel libro con quelle conoscenze. E ha altre visioni, riconosce temi, storie, trame e immagini già lette da altre parti». Un percorso mentale che ne “L’ultima spiaggia” trova già molti input, visto che pullula di personaggi tratti da altri libri. A suo parere, pertanto, questo libro «è una sorta di palestra che consente ai nostri bambini di sviluppare quelle capacità cognitive che li faranno diventare lettori forti che capiscono». Ma anche noi adulti dobbiamo continuare a essere o diventare tali perché è verissimo quanto ha poi aggiunto: «Comprendere è un dono che facciamo agli altri». E direi che a lei, anche per queste parole, possiamo estendere il lunghissimo applauso che a Villacidro abbiamo tributato al maestro Roberto Innocenti.

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