Mamma mia devo andare in consolato!

Diventa sempre meno piacevole recarsi per un qualsiasi servizio presso uno dei nostri consolati in Germania. La comunicazione esterna è pessima. Contatti telefonici impossibili. Sembrano spariti quasi completamente gentilezza e serenità nei rapporti con gli utenti. I Consoli percepiti come entità vanescenti e sovrannaturali.

Può capitare a tutti di non ricordare più se per un passaporto nuovo ci vogliono due o quattro fotografie. Qualche dubbio sorge anche sui costi, sui tempi di lavorazione. E poi: ci vuole un certificato di residenza o no? Insomma, meglio telefonare un attimo, così ti fai spiegare cosa devi presentare. Comincia così la “via consolare” di un qualsiasi  utente italiano in Germania. Chiama al vecchio numero del consolato conservato tra i numeri importanti come quello dei pompieri, del medico e della suocera.

Chiama per tre giorni di seguito, ma non risponde nessuno. Libero, occupato, libero e poi una segreteria telefonica che lo rimanda alla pagina Web del consolato stesso.

È giunto allora il momento di aprire il PC che gli hanno regalato i figli a Natale, decisi definitivamente di introdurlo nel mondo della comunicazione moderna. Il telefono, si sa, lo usano ormai solo gli sprovveduti.

Strano però. Una volta aperta la pagina Web del suo consolato, trova alla rubrica “Uffici” i numeri di telefono dei singoli reparti con gli orari di apertura. Per Bacco! Allora il telefono esiste ancora, lo scrivono loro! Ancora qualche tentativo con i numeri interni e risponde finalmente un impiegato, il quale, come la segreteria telefonica (ma con un tono meno garbato) lo rimanda alla pagina Web! Lo fa però con un avvertimento: Lei non può venire senza appuntamento!

E chi me lo fissa l’appuntamento? Consulti la pagina Web! E torna alla pagina Web.

Nel frattempo sono trascorsi quattro giorni lavorativi. Effettivamente però la pagina Web indica una bella scritta azzurra: “Prenota Online”.

Parte l’operazione “Prenota Online”. Ma solo con l’aiuto del vicino di casa, quello che da anni gli è antipatico perché spara le pose con il figlio laureato in informatica.

E così riceve l’appuntamento. Tra sei settimane! Un mese e mezzo per un appuntamento? Ma io voglio solo un passaporto, mica il trapianto di un rene!

Le sei settimane comunque passano. Arriva al consolato. Davanti a sé una dozzina di persone che litigano con l’usciere. Le frasi più ricorrenti sono: – Lei non può entrare. Lei non ha l’appuntamento! -Ma il mio è un caso urgente!-Lei non ha l’appuntamento. Consulti la pagina Web-.  -Ma ho provato. Non funziona! – Non è possibile. Riconsulti la pagina Web.

-Ma la prego, io devo partire veramente con urgenza-. E poi: Mi è nato un figlio, dove lo devo registrare?  Consulti la pagina Web! Ci vuole l’appuntamento. Mi voglio sposare, che devo fare? L’appuntamento. Consulti…

Poi tocca al nostro utente. Buongiorno. Che cosa vuole?  Il passaporto. Ce l’ha l’appuntamento? E lui, con un pizzico d’orgoglio, sì! Bene controlliamo. Passa qualche minuto. Si metta in fila!

Passa alla fila dei privilegiati con appuntamento.  Dopo un’ora e quarantacinque minuti, tra urla, porte che sbattono, impiegati che litigano tra di loro, arriva il suo turno.

L’uomo dietro la scrivania lo accoglie con uno sguardo da maresciallo dei carabinieri: Ma questo passaporto è scaduto da un mese! Si difende: Sì, ma da due mesi io aspetto un appuntamento…  Ah! Il suo indirizzo però è cambiato. Ora deve passare prima al reparto Anagrafe. E poi: Lei, signore, dichiara di proprio pugno di avere un figlio minorenne! Si sente in colpa. Non sa perché (lui il figlio l’ha generato serenamente con la sua consorte e con tanto amore). E poi ancora: Torni dall’usciere per un appuntamento. Ufficio Anagrafe pima, Stato Civile dopo, per questo suo figlio (ma il tono è di “sta povera creatura!”) non ancora registrato!

Torna dall’usciere per l’appuntamento e non sa se piangere o ridere. Aspetta altri venti minuti. Gli viene in mente quel film di Troisi: Chi siete? Quanti siete? Che volete? Due fiorini! L’Usciere (lo stesso sguardo del giannizzero di Troisi), fissa il vuoto e dice: Per l’appuntamento deve consultare…  Finisce lui la frase: La pagina Web!

Tornando a casa pensa che i consolati si siano proprio svuotati del loro senso primordiale. La comunicazione con gli utenti è ridotta al minimo, piena di nervosismo. La cortesia, il sorriso, la comprensione sembrano spariti del tutto. Nei consolati c’è una sorta di guerra fredda tra utenti e impiegati. Gli utenti si sentono maltrattati. Sono frustrati a priori dopo aver cercato inutilmente un contatto umano con il proprio consolato. Si presentano di conseguenza agli sportelli prevenuti, pronti a far valere quei diritti che vedono ostacolati sin dal primo passo (la semplice telefonata).

Gli impiegati, a loro volta, sono sulle difensive e sentono confermato quel pregiudizio che vede in ogni utente una potenziale minaccia alla loro quiete.

Sembra proprio che questi funzionari vengano da Roma con lo stesso spirito dei legionari destinati alla guerra con i barbari nelle foreste germaniche.

Insomma, la profezia che avvera se stessa.

Possibile che nessuno riesca a rompere questo circolo vizioso?

Il concetto della cura delle pubbliche relazioni, cioè anche le “relazioni con il pubblico”, è sparito completamente dalla testa dei nostri consoli?

In attesa che tutti noi si riesca a risolvere tutte le questioni burocratiche via internet, non esiste una soluzione intermedia, di transito, di passaggio tra una generazione e l’altra?

Basterebbe un’ora di consulenza telefonica al giorno e affidata ai singoli reparti per ripristinare un minimo di comunicazione tra consolato e popolazione italiana a esso affidata.

Un fatto è sintomatico. Consultate le pagine Web dei vari consolati in Germania. A un certo punto troverete il click “Messaggio del Console”.

Ebbene, nella maggior parte dei casi non vi troverete scritto niente. Solo i consoli di Dortmund e Monaco di Baviera esibiscono le proprie fotografie e le relative biografie (forse sono convinti che alla gente interessi particolarmente conoscere gli incarichi sinora ricoperti e il loro aspetto fisico).

Lo stesso Ambasciatore a Berlino esibisce in Web solo la sua brillante carriera.

Inutile cercare un saluto, una prospettiva, un traguardo, una filosofia di vita, un “messaggio” insomma.

Forse anche per questo i nostri consoli somigliano sempre più a entità metafisiche che non hanno nulla da dire alla gente.

Guido Lammachina

(da Il Corrier d’Italia, giornale italiano in Germania)

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