Lettera a Peppino (Perché leggere “Un posto anche per me” di Francesco Abate)

di Marcella Onnis

Domando perdono a coloro che si aspettavano da me una recensione dell’ultimo romanzo di Francesco Abate, Un posto anche per me, ma terminata la lettura, mi sono resa conto di non essere in grado di scriverla. Però, a Peppino, il suo protagonista, mi premeva dire qualche parola:

 

Caro Peppino,
sai che mi è bastato proprio poco per volerti bene? Due giorni per leggere la tua storia, venti minuti (esagerando) per amarla. Sicuramente ora vorrai sapere se ti avrei voluto bene anche se ci fossimo incontrati un giorno per strada, anziché in un libro. Beh, non lo so. Da bambina? Mah, forse avrei provato simpatia per te e, a tu per tu, te l’avrei dimostrato, ma poi davanti a chi ti avrebbe deriso probabilmente l’avrei camuffata, per non subire la tua stessa sorte (per non essere
sgregata, per dirla in gergo. Lo dici anche tu?). E oggi che sono grande ti avrei voluto bene o avrei solo provato pena, compassione? Non lo so, su questo ci sto lavorando, perché la compassione a volte ferisce quanto lo scherno. Per questo vorrei imparare, piuttosto, a simpatizzare con chi, come te, è fuori dai canoni che consideriamo normali (ma qualcuno ci rientra mai per davvero?). Perché simpatizzare significa trovare sintonia, intesa e se c’è intesa, si ride insieme. E se si ride, si sta bene e si fa star bene.

Sappi che simpatizzare con te per me è facile: anche nella mia infanzia ci sono le patate di mare (che usavo come patate per il “minestrone” da preparare in spiaggia senza sapere che davvero si chiamavano così), i pizzichi con la girata e… il paesino di mare con le suore Ciliegine (quello vero, però). Ti ho stupito, eh?

Ti dirò, Peppino, che questo romanzo me l’aspettavo bello, perché quel signore che l’ha scritto aveva anticipato che sarebbe stato ricco di umanità, ma ho scoperto che è anche più bello di quanto immaginassi.
E immaginavo, ma non ne ho la certezza, che avesse pure un po’ di strizza per questo nuovo libro perché se uno scrive un romanzo come
Chiedo scusa, poi le aspettative salgono. Ma noi lettori siamo intelligenti e sappiamo che libri come quello sono esemplari unici, non paragonabili ad altri. Quella era la storia di Francesco-Walter, questa è un’altra storia. La tua e di quelli come te, che sono considerati l’ultima ruota del carro e, invece, forse sono l’asse delle ruote in funzione.

A quel signore lì magari non lo facciamo sapere ma, detto tra noi, è stato proprio bravo a raccontare la tua storia. Tutti quei colpi di scena (mica solo nel finale, come ci avevano anticipato), quella scrittura sempre efficace … E ti ha dato tanto spazio, ti ha persino fatto parlare per tutto il libro! Anche se la sua firma era sempre lì, in bella mostra: Cagliari, il mare, lo sdegno per le storture e le sozzure di questo mondo, l’attenzione per i deboli e per la sofferenza, la delicatezza nel parlarne (a volte camuffata da comicità), quel fondersi e confondersi di riso e pianto

Ti confesso che, mentre leggevo, mi assaliva la preoccupazione per il fatto di non trovarvi pecche: chi mai mi avrebbe più preso sul serio se anche stavolta avessi lodato questo autore senza trovare a lui o ai suoi scritti un neo? Poi ho trovato uno, forse due refusi e ho tirato un sospiro di sollievo: la mia credibilità era salva! Ora spero che lui e la sua editor (Rosella Postorino che ha scritto un libro bellissimissimo intitolato Il corpo docile) non mi tirino una maledizione.

Però, i complimenti li dobbiamo fare anche a Valerio Mastandrea, no? Perché l’ha messa lui la tua storia in mano a Francesco Abate. Ho anche un debito nei suoi confronti, perché quando ho parlato di Chiedo scusa non l’ho molto considerato. E se quella volta mi poteva scusare, stavolta no. Poi un tributo se lo merita: è bravo e, nonostante sia d’a Maggica, è pure simpatico.

Ma certo Peppino che sei stato bravo pure tu! E anche molto: con poche parole ci hai fatto conoscere tante persone. E per alcuni ci hai detto quanto bastava per assolverli. Ma hai fatto anche di più: raccontandoci i tuoi e i loro pensieri ci hai insegnato tante cose importanti. Ad esempio che «Prepotenza e disperazione sono in eterna lotta. E non è detto che la prima vinca sempre. […] La disperazione può armare la forza e  il coraggio [….].» e che «[….] le menti semplici hanno un potere gradissimo: la capacità di perdonare.»
Ci hai svelato che
«[…] ci hanno sempre imposto di imparare come andare da un punto A fino ad un punto B. Ma non ci hanno mai spiegato che è nel viaggio fra questi due punti il succo della vita.».
Ci hai
fatto notare che «Il mondo è così […] C’è sempre uno pronto a ridere mentre ti vede perdere il respiro.». O, ancora, che «[…] i più pericolosi non sono i padroni, ma i servi dei padroni. Sono anche i più crudeli.» e che «[…] è troppo comodo sentirsi importanti con chi è più ingenuo di noi. È roba da infami.»
Vedi che alla fine maestro ci sei diventato? E di vita, che è la materia più bella ma anche più difficile da insegnare.

Intorno a te e a questo libro hanno tirato su un bel progetto multimediale: un booktrailer, una colonna sonora composta da ben dieci brani (l’hai ascoltata? Se non l’hai ancora fatto, la trovi qui), uno spettacolo pronto a girare per l’Italia… Hanno persino rifatto il look al sito di Abate! Ora ha una grafica sobria e – come diremo noi – è proprio togo (o figo, come dico di solito). Ma siamo adulti e dobbiamo farci capire da tutti, per cui definiamolo “molto bello” o, se vogliamo essere moderni e internazionali, diciamo che “è di grande appeal”.
Mi piace pensare che questo progetto non l’abbiano messo su solo perché questa è la tendenza: tu, caro il mio Peppino, hai tutto un mondo dentro e un mondo non è fatto solo di parole. Dunque era giusto che qualcuno indossasse la tua faccia e desse voce ai tuoi pensieri (l’attore Nicola Nocella), che qualcuno seguisse te/lui in giro per Roma, soprattutto di notte, e trovasse forme sognanti per questi tuoi pensieri ad alta voce (i fotografi Alessandro Toscano e Valentina Vannicola), che qualcuno ti attorniasse di musiche intime e un po’ misteriose, come la tua storia (Stefano Guzzetti per le melodie e Irene Nonis per la voce). La vita di ognuno di noi ha una colonna sonora, quasi sempre presa in prestito qua e là, ma per te era poco: ce ne voleva una che fosse solo tua (neppure la canzone dei Subsonica te l’hanno lasciata così com’era) per compensarti di tutto ciò che la vita ti ha tolto. Quindi prenditi tutto questo, prenditi la tua gloria.
Ti spetta.

A questo video, come alle frasi che mi sono appuntata, ricorrerò quando sentirò la tua mancanza:

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