La “D+ Ultracycling 3 Confini” a Gemona promuove la donazione di organi

Stefano Caredda in sella alla bici

di Marcella Onnis

Sabato 9 luglio 2016 si disputerà a Gemona del Friuli (UD) la “D+ Ultracycling 3 Confini”, gara ciclistica organizzata dallo staff D+ Ultracycling, dall’ASD Pedale Gemonese e dall’Amministrazione comunale. I suoi ideatori la definiscono «una Gran Fondo di nuovo ciclismo, ispirata al vecchio ciclismo», ma volendo uscire dal lessico e dall’immaginario specialistico la si può in sintesi etichettare come “roba da duri”. Già il prefisso “ultra-” lascia intendere che lo sforzo richiesto agli atleti non sia da poco e a togliere ogni dubbio ci pensano i dettagli tecnici: gara no stop con divieto di scia in cui sono previsti due percorsi che si sviluppano tra Italia, Austria e Slovenia per una lunghezza di 490 e 320 km, ossia «rispettivamente quasi il doppio e leggermente superiore come chilometraggio rispetto alle Gran Fondo più dure presenti in calendario in Italia». E non finisce qui: il percorso più lungo (Long race) ha un dislivello di 10.500 mt, mentre il dislivello per il percorso più breve (Short race) è di “solo” 6.500 mt. In più, tali dislivelli – avvisano gli organizzatori – includono «la salita più dura d’Europa»: il monte Zoncolan. Possono partecipare a questo tour de force (come definirlo altrimenti?) sia uomini che donne, anche non professionisti, in team (ossia in staffetta composta da 2 o 4 atleti e con cambi liberi) oppure singolarmente (con la possibilità di correre in totale autonomia o con auto di supporto).

Fin qui ce n’è già abbastanza per rendere affascinante la competizione, ma a renderla speciale quest’anno è l’attenzione che sarà dedicata alla donazione degli organi, anche grazie alla partnership con il Centro nazionale trapianti (CNT). C’è, infatti, tra la città di Gemona e i trapiantati un legame simbolico dato dal condividere un passato doloroso che, però, ha avuto un felice esito. Come molti ricorderanno, il 6 maggio 1976 Gemona fu colpita da un terremoto che causò la morte di quasi 400 persone. Già fortemente ferita, il 15 settembre dello stesso anno un altro terremoto squassò le sue mura. La città fu colpita anche nei suoi simboli (duomo e castello), ma i suoi abitanti non si arresero e ne avviarono la ricostruzione, adottando criteri antisismici. Similmente a Gemona, i trapiantati sono stati colpiti da malattie che volevano condannarli a morte, ma coltivando la speranza di ricevere un nuovo organo hanno resistito fino a che questo non è arrivato e sono così potuti entrare nella fase della rinascita. Ancora più assimilabili agli abitanti di Gemona sono, però, i familiari dei donatori di organi che non si sono lasciati sopraffare dalla disperazione, non si sono chiusi nel dolore e hanno fatto sì che la vita vincesse sulla morte, acconsentendo che i loro cari, andandosene, potessero fare a una o più persone un ultimo grande Dono.

D+ Ultracycling 3ConfiniIl programma della manifestazione riserverà attenzione alla tematica della donazione degli organi e dei trapianti in più occasioni e modi. Si comincerà venerdì 8 luglio alle ore 18.30, presso la sala consiliare in piazza del Municipio, con un messaggio di benvenuto agli atleti da parte dell’Amministrazione comunale e con un intervento del dott. Alessandro Nanni Costa, direttore del CNT. Seguirà la consegna dei pacchi gara.

Sabato, come anticipato, si disputerà la gara, che avrà inizio alle ore 9.00. Da piazza Garibaldi partiranno prima gli atleti impegnati nel percorso da 320 km, poi quelli iscritti per il percorso da 490 km. Alle ore 15.00 è fissato il ritrovo del gruppo Free Enduro, che effettuerà risalite e discese sui sentieri del monte Cuarnan e dintorni, mentre alle 17.00 sono in programma prove di abilità per piccoli ciclisti, aperte a tutti e con l’assistenza di personale esperto. Alle ore 19.30, invece, si svolgerà un evento Spin Bike per il quale saranno messi a disposizione una trentina di spinning bike e istruttori qualificati per l’assistenza. La giornata si concluderà alle ore 21.00 con il concerto degli Spirti liberi, una Vasco Rossi tribute band.

La giornata finale, domenica 10 luglio, comincerà alle 9.30 con l’escursione ciclistica “Pedalare per il dono”, che partirà da piazza Garibaldi e seguirà un percorso vallonato di circa 70 km. Con questa pedalata, aperta a tutti, gli organizzatori intendono «testimoniare il nostro impegno nel diffondere il profondo valore della donazione degli organi» e dare un riconoscimento formale alla preziosa attività quotidianamente svolta dal Centro nazionale trapianti. Nel pomeriggio si attenderà l’arrivo degli atleti e la sera, ancora in piazza Garibaldi, ci saranno premiazioni, festeggiamenti e saluti finali.

Ciò che il programma non può evidenziare è, però, che la donazione degli organi sarà promossa – peraltro nel modo forse più efficace – anche durante l’ultracycling. In sella salirà, infatti, anche Alessandro Nanni Costa, che gareggerà nel team “Trapianto…e adesso sport”, di cui fanno parte anche altri tre medici: Giovanni Mosconi (primario della Nefrologia di Cesena e Forlì, oltre che responsabile scientifico nazionale del progetto che dà il nome al team), Virgilio Ricci (primario di terapia antalgica dell’ASL di Ravenna, che è anche uno dei promotori di “Biciclette contro il dolore”, pedalata non competitiva di solidarietà cui ogni anno partecipano a Calestano, in provincia di Parma, medici, farmacisti e operatori sanitari) e Alessandro Nobili (medico dello staff della nazionale di ciclisti con disabilità). Un altro team (“Il Trapianto è…Vita”) sarà, invece, composto da due trapiantati (Ivano Saletti e Beniamino Tagliabue), un medico (Gianluigi Sella) e un ciclista amatore che svolge attività agonistica (Giuseppe Bonaveri).
Stefano Caredda durante una gara ciclisticaPiù sensazionale ancora, però, sarà la partecipazione di Stefano Caredda, trapiantato di fegato, vicepresidente della Prometeo AITF Onlus e socio dell’ASD Sinnai MTB.
48 anni a ottobre di cui 8 e mezzo vissuti da trapiantato, il ciclista di Settimo San Pietro (CA) si cimenterà con il percorso da 320 km in modalità solo con auto di supporto, da concludere in massimo 24 ore. Prima che parta per questa impresa un po’ folle, abbiamo voluto scambiare due parole con lui.

 

“Stefano, hai partecipato tre volte ai World Transplant Games, una volta ai Campionati europei per trapiantati, più volte alla Nove colli di Cesenatico, due volte alla Maratona delle Dolomiti e hai fatto un’esperienza anche alla Gran Fondo di Roma e alla 12 ore in MTB di Pula, quindi non sei un novellino. Questa gara, però, è dura per tutti: puoi spiegare ai nostri lettori perché, in particolare, lo è per te?”

«Il piacere di andare in bici è qualcosa che mi porto dietro da prima di fare il trapianto. Questa mia nuova condizione ha determinato che il piacere si trasformasse in passione e quindi in costanti allenamenti. Negli anni ho partecipato a diverse manifestazioni ciclistiche, alcune estremamente dure, ma le ho sempre vissute con lo spirito di partecipazione perché per me essere presente significa essere portatore di un messaggio che raggiunga quante più persone possibile e, al contempo, condividere e “partecipare” la mia esperienza con altri atleti. Questa è particolarmente difficoltosa. I suoi 320 Km, il suo dislivello complessivo di 6.500 metri e alcune vette che superano il 20% di dislivello la dicono tutta. Sarà durissima per tutti ma non direi che per me lo è più che per gli altri. Ciascuno ha la sua storia da raccontare sui pedali, con motivazioni diverse che lo portano a completare il percorso. Io la vivo come una opportunità per mettermi alla prova, per dire al mio Donatore “Questo posso farlo Grazie a Te!”. Al di là della complessità di una gara ciclistica, ogni giorno la vita ti mette davanti lungo il suo percorso più o meno ostacoli, sta poi a ciascuno di noi trovare le energie per affrontarle. Come trapiantato sento il dovere di superare gli ostacoli, perché il Dono ricevuto nasce da un sacrificio importante e ha un valore immenso. Affronterò la gara con la consapevolezza delle difficoltà che mi aspettano ma anche con una forte motivazione ad impegnarmi e a fare il possibile per portarla a termine.»

“Il giorno della gara avrai con te, dentro di te, il tuo donatore e al tuo fianco, a guidare l’auto di supporto, il tuo “collega di trapianto” e amico Pino Argiolas (che è anche presidente della Prometeo AITF Onlus). C’è, però, un’altra persona che ti dà sempre il suo supporto morale: tua moglie Cristina. Che ne pensa di questa nuova sfida in cui ti sei lanciato?”

«Mi fa piacere avere Pino al mio fianco, noi abbiamo condiviso il post trapianto in semi intensiva e questa nuova impresa mi emoziona particolarmente, ma mi dispiace non poter aver Cristina con me. Lei mi supporta, mi sostiene, e mi aiuta ad andare avanti anche nei momenti difficili. Uno dei suoi pregi è quello di riuscire a trasmettermi la tranquillità e la serenità che poi mi portano ad andare avanti su progetti di questo tipo. Lei è la mia più grande tifosa!!! Questa è una gara particolare, diversa da quelle alle quali partecipo solitamente. Ogni competizione mi emoziona e mi dà un carico di tensione ma questa è una vera sfida! Lei non sarà presente fisicamente ma sarà in sella con me dalla partenza all’arrivo, sa bene quali ansie mi porto dentro ma sa anche che ho una determinazione che mi spinge a pedalare e ad arrivare ai miei obiettivi, nello sport come nella vita. Questo è uno dei motivi per cui mi reputa un Campione.»

“Nella tua carriera ciclistica hai già collezionato varie medaglie: a Gemona, dunque, l’importante sarà vincere?”

Stefano Caredda in sella alla bici«La medaglia più importante l’ho vinta 8 anni fa, quando ho fatto il trapianto. Il mio obbiettivo in una competizione così dura sarà quello di arrivare al traguardo per poter ringraziare una volta di più chi me lo ha permessoil mio donatore, che pedalerà con me, i medici, gli infermieri, tutto il personale di supporto, la mia famiglia, mia moglie e tutti i miei amici che mi sostengono in tutto quello che faccio

“Ci sono persone che, per ignoranza o per sfortunate esperienze personali, ritengono che il trapiantato sia un invalido civile e considerano i casi come il tuo un’eccezione: hanno ragione?”

«Tutto quello che io faccio è spinto dalla volontà di dimostrare che dopo un trapianto ci si riappropria della vita. Io non mi sento un caso eccezionale perché di persone come me ne ho conosciute diverse, però, non mi sento di dire che tutte le situazioni sono uguali. Credo che generalizzare in un percorso di malattia non sia corretto. Molte situazioni pur simili, non possono essere confrontate alla mia. Penso in ogni caso che la posizione personale assunta nei confronti della malattia contribuisca a determinare anche lo stato di salute

 

Ringraziamo Stefano e gli facciamo un grande in bocca al lupo, convinti che raggiungerà il suo obiettivo perché a faticare sarà un solo corpo, ma a tenere duro saranno due anime: la sua e quella del suo donatore.

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