RaccontOnWeb: “Il mio amico Bob” di Antonino Giuffrida

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Il mio amico Bob

Il giorno in cui Bob, il mio caro amico Bob, perse la vita, a Catania pioveva come se non avesse dovuto più smettere. Era una di quelle giornate grigie di novembre che, per quanto brevi,sembrano non finire mai; sia per loro, che senza degnarci di uno sguardo ci lasciano marcire nella spazzatura, sia per noi, evidentemente, costretti a rivangare nottetempo le carezze di un passato ormai lontano. La pioggia che infradicia le nostre vite, riducendole talvolta a meri stracci d’esistenza, è dunque la stessa; solo che noi, gli oppressi, non ne facciamo un dramma, viviamo d’istinto, non ci importa di cercare riparo a ogni costo, mentre loro, gli oppressori, no,si credono speciali, se ne stanno guardinghi sotto il parapioggia della forma, plasmando, per gerarchizzare il mondo, falsi miti di cui, peraltro, non hanno mai avuto la chiave.

Rannicchiato in un angolo, Bob teneva stretto tra i denti quello che sarebbe stato il suo ultimo pasto: due ossi di pollo di almeno tre giorni; e coi suoi due occhioni tristi ma vivaci mi fissava lungamente come se volesse chiedermi Vecchia Birba, ti lecchi i baffi, eh? Che ricordi! lui me la diceva spesso, questa cosa, quando ancora avevamo un tetto, e potevamo giocare a palla con quelli che credevamo la nostra famiglia; e ogni volta io gli rispondevo che, sì, mi leccavo i baffi perché ero felice.

ombraA un tratto quattro ragazzi si fermarono davanti a noi, e ci osservarono con attenzione. Poi, uno di loro, dopo aver preso Bob per le orecchie, lo cosparse di benzina. Poveretto, non provò neppure a ribellarsi, il mio amico, debole e affranto com’era. Nell’espressione inquieta del suo ovale mi parve di scorgere la stessa sofferenza di un’estata fa, quando, insieme a me, fu abbandonato sul ciglio di una strada senza nome; appunto da quelli che credevamo la nostra famiglia.
Subito, con un salto felino, mi scagliai contro quel piccolo aguzzino, graffiandolo in faccia; gesto vano, il mio, poiché fui preso da dietro da un suo compagno, e scagliato violentemente contro un muro. Mi si rizzarono tutti i peli.
Poco dopo, a Bob, fu dato fuoco. Mentre la sua innocenza bruciava come ceratra le fiamme, quei bastardi cresciuti a prosciutto e coca-cola, ne riprendevano il dolore coi loro cellulari.
Nel frattempo, aveva smesso di piovere. Me ne scappai, piangendo, con la coda fra le gambe.

Oggi, raccontando ai posteri la storia di Bob, so che ne faccio soltanto letteratura per ciechi.

Antonino Giuffrida
Nato nel 1988 ad Acireale, dove tuttora risiede, da una famiglia di modeste origini. Attraverso una scrittura piana e a volte dimessa, indaga le più intime miserie dell’uomo contemporaneo. Particolare rilievo assumono nella sua ricerca i temi della massificazione della società e della “digitalizzazione” dei sentimenti. È laureato in Lettere e specializzando in Filologia con una tesi sul significato della musica in Piccolo mondo antico di Antonio Fogazzaro.

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