Il cibo sofisticato secondo Massimo Carlotto

pubblico che ascolta Massimo Carlotto mentre parla

Nell’anno di Expo, anche il Festivaletteratura di Mantova ha voluto/dovuto rendere il suo tributo al cibo, ma l’ha fatto a modo suo. Per esempio, affidando a Massimo Carlotto il compito di trattare un argomento a lui ben noto: la sofisticazione alimentare.

di Marcella Onnis

Festivaletteratura 2015 – Mantova – Sabato 12 settembre 2015

copertina del romanzo Mi fido di te di Carlotto e Abate«Sono un enogastromaniaco. Sono un caso disperato» il monologo di Massimo Carlotto alla Tenda dei libri comincia con un’ironica confessione. Il tenore dell’esordio dà un’idea di quello che sarà il suo intervento: un tragi-comico aggiornamento sulla piaga della sofisticazione alimentare. Per Festivaletteratura un modo per parlare di cibo e ricollegarsi all’Expo 2015, ma con intelligenza e senza snaturarsi, tenendo sempre presente l’importanza (e il potere) dei libri, in questo caso “Mi fido di te”, scritto a quattro mani da Carlotto e Francesco Abate anni fa e ancora tristemente attuale.

«Noi enogastromaniaci viviamo con la convinzione che tutto ciò che è cibo è sofisticato sia nel senso di raffinato che nel senso di tecnologicamente avanzato. La verità è che mi sono stancato dell’eccesso distorsivo di tutti questi discorsi sul cibo. Oggi tutto è cibo. Rispetto della tradizione, rispetto dell’ambiente…. Tutto è comunicazione e se ne parla ovunque. Ne parlano i politici, i calciatori… che investono il sudore della nostra fronte in vigneti». Potete immaginare l’applauso del pubblico.

LIBERTÀ DEL GUSTO, MA NON TROPPO – «Io mangio e bevo come credo. Punto. Cosa c’è di più libero del gusto? La libertà del gusto è inalienabile. Ma in pieno liberismo, ci impongono delle norme anche sulla libertà gustativa. Perché è impossibile concepire mercati senza mettere ordine. La libertà va governata per il bene del mercato. All’esplosione della libertà di gusto è corrisposto un proliferare di esperti, certificatori, garanti…» Quindi ironizza sui talent show di cucina, che ormai coinvolgono pure i bambini, «dove i cuochi abbandonano la cucina per comportarsi come marines». Ora ci vorrebbe una standing ovation, ma Carlotto deve accontentarsi di una nostra sonora risata. Intanto lui prosegue affermando che «il cibo oggi è diventato mero canale di diffusione di quell’ideologia liberista che pensavamo di aver relegato ai fast food». I soliti allocchi.

CHEF BLASONATI E “BIMBI” – E se fin qui si è più che altro riso, ora il quadro comincia a farsi più inquietante. Già sconcertante è scoprire che, con i suoi occhi, ha visto nella cucina di un noto e costoso ristorante un “Bimbi”. Sì, abbiamo capito bene: c’era proprio «un oggetto che non può avere nulla a che vedere con la creatività di uno chef». Poi precisa che «il “Bimbi” non viene venduto in negozi: c’è una  specie di confraternita che organizza presentazioni nelle case». Mentre ancora ridiamo per quest’altra sagace definizione, Carlotto racconta di aver preso, per curiosità, contatti con alcune persone che organizzano questi incontri promozionali e di aver così potuto appurare che, effettivamente, il Bimbi è usato anche nei ristoranti. E qui, rivolgendosi al «cuoco blasonato che prende a calci il concorrente» al quale ha comandato di preparare ricette complicate con ingredienti provenienti da tutto il mondo, suggerisce affettuosamente di affidare questo compito ai loro assistenti.

SANI E ITALIANI? SÌ, DOMANI! – Tornando serio, esprime la convinzione che «si è imposta un’ideologia moderna dell’alimentazione che negli intenti avrebbe dovuto sostituire la precedente. Ma è vero? Non c’è stata alcuna sostituzione pratica. È cambiata l’ideologia, ma non la qualità, perché la qualità non possiamo permettercela. In Italia possiamo organizzarci con slow food, GAS ossia i gruppi di acquisto solidale,… ma è una fatica bestiale». “Finalmente qualcuno ha il coraggio di dirlo!” penso, mentre lui prosegue: «Però, la pubblicità si è adeguata alla nuova necessità comunicativa: tutti giurano che i loro prodotti sono sani e italiani» ma, fa notare, ogni giorno dall’estero arrivano materie prime che vengono trasformate in prodotti poi spacciati per italiani. «E tutto è assolutamente legale grazie alla connivenza dei politici e di politiche comunitarie che spudoratamente proteggono le multinazionali… e poi pretendono di mettere fuori legge il pecorino di fossa perché non sarebbe abbastanza igienico». Altra nostra sonora espressione di approvazione.

pubblico che ascolta Massimo Carlotto mentre parlaSCANDALI INSABBIATI – Gli esempi di truffe che ci fornisce sono tanti, uno più inquietante dell’altro, soprattutto per la facilità con cui sono stati occultati/dimenticati. Tra questi, lo scandalo degli oli italiani, che coinvolse anche Carapelli: il giornalista Andreas März fece esaminare trentuno oli italiani esportati in Germania e scoprì che solo quattro erano autentici, mentre dei rimanenti ben dieci erano addirittura oli lampanti, ossia destinati all’illuminazione. Carapelli fece causa al giornalista, che in primo grado fu condannato; tuttavia, il Tribunale di seconda istanza lo assolse perché appurò che i dati da lui raccolti erano veri. La storia, però, ci informa Carlotto, non è mai uscita sui giornali. Perché? Perché – chiarisce a chi da sé non ci fosse arrivato – Carapelli avrebbe altrimenti tolto la pubblicità (e quindi lauti introiti) al giornale che ne avesse parlato. Questa storia diede, però, a Carlotto l’idea di scrivere un romanzo sulla sofisticazione alimentare, «anche perché un romanzo non è querelabile». E in virtù di questa “impunità” con cautela aggiunge: «Come romanziere, potrei far affermare al protagonista del prossimo libro che evitare l’acquisto dei dieci prodotti più venduti in Italia potrebbe essere un’ottima idea».
Simile andazzo, segnala, c’è stato per tanti altri scandali in campo alimentare: scomparso presto dalle cronache anche lo scandalo del grano che vedeva coinvolti i Casillo e sgonfiati agevolmente anche quelli dell’olio di palma (“Dà tanto lavoro nel Sud America”) e dell’aspartame (“Non è cancerogeno, anzi, fa bene”). Poi ricorda che la sofisticazione alimentare è il secondo business per la criminalità organizzata «perché si guadagnano un sacco di sodi e il rischio di finire in galera è basso».

Quale futuro ci aspetta, dunque? Secondo Carlotto «entreremo nell’era dei cibi nutraceutici, super-tecnologizzati» sui cui retroscena si è soffermato in questa sede, richiamando anche alcuni passaggi di “Mi fido di te”. Facile, quindi, cogliere l’ironia del suo «ho voluto terminare il mio intervento con un elemento di speranza».

Morale della favola? Dal cibo mi guardi Dio che dalla fame ci penso io.

 

Foto Silvia Onnis

5 thoughts on “Il cibo sofisticato secondo Massimo Carlotto

  1. … e ci sei riuscita benissimo, carissima Marcella!
    Il “Bimbi”, ‘na capa tànta mi fecevano le amiche che l’avevano comprato… mentre io per via delle mie noiosissime allergie alimentari son qua che ogni volta che vado a fare la spesa mi chiedo “Mi fido di te”? Che dici… posso fidarmi di te?
    E che dire di tanti insabbiamenti… siamo proprio un popolo di
    in-sabbiatori…
    Ciao, Marcella, ciao, Francy, un saluto ad entrambe.
    A presto.
    Lucia

  2. Fidarti di me? Per sicurezza, fidati del tuo istinto: certamente nono sbaglierai 😉
    Grazie per la tua consueta attenzione e partecipazione

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