L’angolo di Full: “Un ordinario disadattato”

Eccoci qui per un nuovo appuntamento con L’angolo di Full. Oggi è Natale e molti di voi si aspettano sicuramente un racconto a tema, quindi resteranno stupiti nello scoprire che abbiamo fatto una scelta diversa. D’accordo con l’autore, abbiamo optato per questo delicatissimo racconto perché riteniamo che, pur non avendo un’ambientazione natalizia, rispetti benissimo lo spirito vero di questa festività. Il brano richiama, infatti, alla mente quei sentimenti e valori positivi che, troppo spesso, vengono soffocati dal lato consumistico di questa ricorrenza.

Certi che condividerete la nostra scelta, vi auguriamo una buona lettura, ma soprattutto vi auguriamo di mantenere lo spirito natalizio ogni giorno dell’anno, non solo oggi.


 

Un ordinario disadattato

Avevo deciso di visitare il noto parco pubblico di una cittadina svizzera poco oltre il confine, a un tiro d’auto da casa mia.
All’interno trovai alcune palazzine adibite al recupero sociale di persone disadattate quali sono i sofferenti di malattie depressive o i tossici. Ovunque vedevo ricoverati, solitamente oltre la mezz’età, passeggiare assorti nel fumo della loro sigaretta che rappresentava quasi una costante. Molti mi salutavano, altri mi sorridevano. M’avevano subito riconosciuto, che un po’ disadattato lo sono sempre stato.

Passeggiavo romanticamente tenendomi per mano e, ogni tanto, mi sceglievo una panchina affacciata sul panorama dei monti intorno e me ne stavo lì, assorto come loro -montagne e ricoverati- senza riuscire a leggere un solo rigo del giornale che m’ero portato, come fossi contagiato da quella sorta d’incanto.

Ero seduto da un bel po’ quando vidi quell’uomo venire su dalla salitella. Anche lui mi vide e cambiò direzione puntando dritto la mia panchina. Aveva un’andatura un po’ saltellante e la testa era reclinata sul petto come se non ce la facesse a reggere il peso dei pensieri.
Teneva in mano un piccolo oggetto scuro e via via che s’avvicinava allungava il braccio verso di me come a volermelo offrire mentre il suo viso s’allargava sempre più in una smorfia impressionante.
«Sei tu» mi disse porgendomi quell’oggetto «ti ho riconosciuto dalla foto sulla patente. L’ho trovato vicino al parcheggio».
Le sue parole uscivano con difficoltà dopo aver lottato con una lingua spessa che non voleva saperne di mettersi al posto giusto.
Strinsi lo sguardo sull’oggetto che mi porgeva e impiegai un po’ a riconoscere il mio portafoglio: cazzo! Carte di credito, patente, bancomat, carta d’identità, contanti. C’era proprio tutto, che strizzata!
Sollevai lo sguardo su quella smorfia, adesso davvero orrenda, e su quegli occhi oppressi da sopraccigli troppo folti e da una fronte troppo ampia, pallida e sudata.
Lo ringraziai tanto e lo costrinsi ad accettare la ricompensa di una grossa banconota. Poi lo guardai allontanarsi con quell’andatura saltellante ed il capo reclinato e ciondolante. Un paio di volte si voltò a ringraziarmi per la ricompensa, sempre con quella smorfia.

Tornando a quelle sue parole farfugliate, realizzai che il parcheggio era dalla parte opposta del parco, per cui doveva avermi cercato chissà quanto. Per questo era così sudato!

Ci volle un altro po’ perché questa mia testa di ordinario disadattato afferrasse che non era una smorfia orrenda, quella che lui atteggiava nell’avvicinarmi, ma voleva essere un sorriso.
Un sorriso dapprima controllato e man mano liberato, infiorato, acceso sempre più ed infine esploso in quel “Sei tu!”.
Un grandioso sorriso in maschera che non avevo saputo riconoscere e, nemmeno, ero stato capace di restituire.

Camminai a lungo in mezzo ai ricoverati, anch’io un po’ saltellante, ormai, e col capo che ciondolava spiando a destra e a sinistra, nella speranza di ritrovare quello sconosciuto amico.

Non lo incontrai più e, forse, è meglio così perché, un ordinario disadattato come me, anziché rendergli il sorriso, sarebbe stato capace di rifilargli una smorfia vera e ridicola come quando si tira su col naso arricciato, il groppo in gola e gli occhi lucidi di commozione.

Fulvio Musso

 

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